Screening neonatale MLD: la Lombardia replica il modello toscano

Partito a fine giugno il progetto per la diagnosi precoce della Leucodistrofia Metacromatica anche nella regione italiana con il più alto tasso di natalità: coinvolgerà 100mila neonati. Il professor La Marca: “La collaborazione scientifica è la base di una buona ricerca”

di CATERINA CECCUTI
16 luglio 2024
Guido De Barros con la sua piccola Sofia e il Prof. Giancarlo La Marca

Guido De Barros con la sua piccola Sofia e il Prof. Giancarlo La Marca

A quanto pare il sogno di Caterina e Guido, due genitori fiorentini di una bambina affetta da Leucodistrofia Metacromatica (MLD) scomparsa alla fine del 2017, sta diventando realtà: liberare l’Italia – poi il mondo intero – dalla terribile patologia che si è portata via per sempre la loro adorata Sofia, dopo otto anni e mezzo di sofferenze.

Come forse i lettori di Luce! ricorderanno, infatti, nel 2015 l’Associazione da loro fondata – Voa Voa Amici di Sofia Aps – ha finanziato al Laboratorio di Diagnosi precoce dell’Ospedale Meyer di Firenze la ricerca di un test efficace per l’identificazione della MLD, essenziale per salvare la vita ai bambini potenzialmente affetti da questa terribile patologia neuro degenerativa.

La diagnosi precoce salva vite

Se diagnosticata per tempo la MLD è perfettamente curabile, grazie alla terapia genica messa a punto dal San Raffele di Milano. Diversamente, senza diagnosi ed intervento tempestivi, il bambino o la bambina in questione andranno incontro a morte certa, dopo anni di sofferenza “proprio come è successo a Sofia, Rosa, Jacopo, Luca, Giorgia e molti altri bambini”, è il commento di Guido De Barros, presidente dell’Associazione, che non si è mai dimenticato l’orrore vissuto quella mattina d’estate del 2011 quando, subito dopo la diagnosi tardiva arrivata a Sofia, ha chiamato l’Ospedale milanese e si è sentito rispondere “Mi dispiace, poiché sua figlia è già sintomatica, è troppo tardi e non può accedere alla cura”. “Nessun genitore dovrebbe sentirsi dire parole simili, perché spezzano il cuore. E se il requisito per accedere alla terapia deve essere – giustamente – la diagnosi tempestiva della patologia (pena l’inefficacia della cura), allora lo scopo della nostra Associazione e della nostra vita deve essere quella di garantirla a tutti i neonati del mondo”.

Serviva dunque un progetto pilota, che Voa Voa ha finanziato a quattro mani con la Fondazione Meyer e che è partito il 13 marzo 2023: tre anni di sperimentazione con screening neo natale gratuiti offerti a tappeto a tutta la popolazione toscana (previo consenso informato da parte dei genitori). Ad un anno e mezzo da quella data la prima bella notizia: pochi giorni fa anche la Lombardia ha avviato lo stesso programma di screening, avvalendosi della medesima metodica sviluppata per il progetto toscano. Abbiamo incontrato il Professor Giancarlo La Marca, direttore del Laboratorio di Screening del Meyer, per commentare insieme lo stato dei lavori. “La sperimentazione in Toscana va bene e va avanti – sono le sue parole -: ad oggi sono stati effettuati circa 30.000 test con nessuna diagnosi, per fortuna. L’adesione da parte delle famiglie è stata molto alta, pari al 99.5%.”

Giancarlo La Marca
Giancarlo La Marca

Quali sono gli obiettivi scientifici di una sperimentazione di screening?

“Il primo in assoluto resta quello di trovare bambini con la malattia che possano essere curati precocemente rispetto al periodo in cui non si faceva screening. Fra gli altri dobbiamo valutare l’efficienza del programma stesso in termini di specificità, sensibilità diagnostiche, adesione e costi associati, perché al termine della sperimentazione possa diventare un programma strutturale e istituzionalmente garantito.”

Cosa abbiamo imparato in più sulla MLD grazie alla sperimentazione?

“Ogni sperimentazione insegna qualcosa di nuovo, ad affrontare per esempio nuove sfide diagnostiche e a mettere in gioco le capacità del team di lavorare su qualcosa di nuovo con il fine di migliorare la salute. In un periodo di crisi economica, di carenze strutturali e di personale, lavorare al Meyer è un privilegio perché ci possiamo dedicare alla ricerca con serenità. Il nostro IRCCS ci mette a disposizione mezzi, strumentazioni, personale ed esperienza, che però potrebbero essere insufficienti senza il supporto scientifico ed economico da parte delle Associazioni di genitori come VoaVoa Amici di Sofia, che ha fortemente voluto questo progetto.”

Quali sono state le principali difficoltà affrontate finora?

“Le difficoltà maggiori sono sempre in fase di messa a punto delle procedure tecniche pre-inizio del programma. Al momento in cui si inizia tutto deve funzionare alla perfezione e quando fai qualcosa di completamente nuovo bisogna studiare tutto da zero. Ma occupandoci di ricerca è proprio questo il nostro lavoro e non ci spaventa. Abbiamo avuto anche difficoltà nel reclutamento di personale tecnico da dedicare al programma, ma alla fine abbiamo preso due professionisti molto in gamba che lavorano quotidianamente con passione e professionalità al progetto.”

Qual è il ruolo della sperimentazione toscana a livello regionale, nazionale e internazionale?

“Quando inizi una sperimentazione nuova, se funziona da un punto di vista di salute pubblica e di costi, diventi automaticamente un modello da riprodurre altrove. Per “altrove” intendo in altre regioni o altre nazioni. Questo ha caratterizzato negli anni passati tutti i nuovi progetti pilota della nostra unità operativa e sono sicuro che lo sarà anche per questa.” In che misura, dunque, il progetto pilota toscano ha influenzato l’avvio della sperimentazione in Lombardia e quanto c’è del nostro programma regionale in quello lombardo? “La seconda regione italiana che per ragioni di logica doveva iniziare la sperimentazione era sicuramente la Lombardia, e così è stato. La terapia genica per curare le forme più gravi della MLD è stata sviluppata al TIGET di Milano e la Lombardia è la regione con maggior numero di nascite in Italia. Noi collaboriamo i colleghi lombardi da sempre e abbiamo contribuito alla formazione dei ricercatori che inizieranno il loro progetto usando le nostre procedure tecniche e la nostra strategia di analisi e di diagnosi. Non è scontato, ma la collaborazione scientifica è alla base di una buona ricerca e quindi di una buona clinica.”

Quali sarebbero le implicazioni nel caso in cui non si verificassero diagnosi?

“L’obiettivo principale di questo progetto di ricerca è quello di trovare almeno un caso durante la nostra sperimentazione. La storia naturale della malattia ci ha già fatto sapere che purtroppo la MLD è presente anche in Toscana, quindi scarterei l’ipotesi che nella nostra regione non ci siano casi. Se non ne trovassimo sarebbe solo perché non abbiamo calcolato bene il numero minimo di test per essere sicuri di trovarne almeno uno. Ma nella scienza non ci possono essere questo tipo di certezze, almeno in un arco temporale ragionevole, quindi confido che troveremo almeno un caso. Nell’eventualità in cui non ne trovassimo nel periodo previsto, valuteremo se chiedere l’estensione per un ulteriore anno.”