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Home » Scienze e culture » “Tutto quello che devo e posso fare è legato a un uomo”. Le libertà negate alle donne in Qatar

“Tutto quello che devo e posso fare è legato a un uomo”. Le libertà negate alle donne in Qatar

Hanno infranto le barriere e raggiunto progressi significativi nell'istruzione, come medici, avvocati e imprenditrici, eppure continuano ad affrontare profonde discriminazioni in quasi tutti gli aspetti della loro vita. Il dossier di Human Right Watch rivela le pratiche della tutela maschile

Marianna Grazi
15 Aprile 2021
Arab women in traditional dress standing on white background

Arab women in traditional dress standing on white background

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Essere donna significa essere costantemente in quarantena. Quello che il mondo intero sperimenta con il Covid è la vita normale per le ragazze in Qatar. Asma, 40 anni: “Volevo studiare all’estero ma i miei genitori mi hanno detto di no, anche se avevo una borsa di studio”. Invece Noof Al Maadeed, 21 anni, è riuscita a lasciare il suo paese d’origine dopo anni di abusi domestici e restrizioni: “Mi è stato permesso solo di andare a scuola e tornare”. A un certo punto ha capito che la sua vita e la sua integrità fisica erano in pericolo, ma non poteva semplicemente andarsene. 

Le regole del governo di uno dei Paesi più ricchi al mondo proibiscono alle donne non sposate e sotto i 25 anni di viaggiare fuori dallo stato senza il permesso del loro tutore maschile: tipicamente, il padre, il fratello, lo zio o il nonno. Dopo il matrimonio, il marito. Se sposata, una ragazza può viaggiare all’estero senza chiedere il consenso del coniuge, ma questo può rivolgersi a un tribunale per vietarlo.

A novembre 2019 Noof ha preso segretamente il telefono di suo padre, si è collegata all’app del governo Metrash e ha ottenuto il permesso di uscita che le avrebbe permesso di lasciare il paese. Poi si è arrampicata dalla finestra della sua camera da letto per andare all’aeroporto ed è volata prima in Ucraina e poi nel Regno Unito dove ha chiesto asilo. 

Ma non sono solo i viaggi ad essere limitati. Le donne devono ottenere il permesso dai loro tutori maschi per esercitare molti dei loro diritti fondamentali, tra cui sposarsi, ottenere una borsa di studio per perseguire l’istruzione, lavorare in gran parte dei settori pubblici e ottenere cure sanitarie. Inoltre non possono fare scelte sulla vita dei loro figli, anche quando ne ottengono la custodia legale in seguito al divorzio. “Le donne in Qatar hanno superato molte barriere e fatto notevoli progressi in molti campi. Tuttavia, devono ancora subire un sistema oppressivo che impedisce loro di avere vite indipendenti, piene”, dichiara Rothna Begum, ricercatrice esperta di diritti delle donne presso Human Rights Watch.

In Qatar, secondo la legge, una donna deve avere il permesso di un tutore maschile per potersi sposare, a prescindere dall’età o da precedenti situazioni coniugali. Da sposata, può essere accusata di “disobbedienza” qualora non ottenga il permesso del marito per svolgere alcune attività o se si rifiuta di avere rapporti sessuali senza una ragione “legittima”. E per poter accedere alle cure legate alla salute riproduttiva come pap-test, check-up ginecologici, visite prenatali, una donna deve attestare di essere sposata. Ovviamente, per aborto e sterilizzazione c’è bisogno del consenso del marito.

Alla base di queste regole discriminatorie ci sono leggi, politiche e pratiche che considerano gli uomini come capifamiglia e come tutori legali e sociali delle donne.

Un sistema che ha un impatto enorme sulla loro salute mentale. Le persone intervistate da HRW  hanno parlato di stati di depressione acuta, autolesionismo, pensieri suicidi. Per aiutarle sono nati molti movimenti femministi, soprattutto online, ma il governo del Qatar limita molto la libertà di espressione e di associazione. Molestie online e intimidazioni da parte degli stessi esponenti dello stato rimangono seri ostacoli ad una piena espressione, e non esistono organizzazioni indipendenti all’interno del Paese.

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Instagram

  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
  • La tolleranza, l’inclusione e il rispetto svaniscono nel momento in cui ci si mette davanti alla tastiera di un computer. Gli haters non sono spariti né accennano a diminuire. Esistono, sono molti più di prima, attaccano e anzi rilanciano. Oltre lo schermo, sono le donne soprattutto, e poi le persone con disabilità e le persone omosessuali, a essere i destinatari di insulti e offese di ogni tipo.

È questo il triste podio che ci consegna la ricerca condotta da Vox, Osservatorio italiano sui diritti, che ha fotografato l’odio via social, in particolare attraverso l’esame dei tweet. E le cose non vanno meglio rispetto all’anno precedente, anzi. Dalla settima edizione di questa ricerca è emerso infatti che nel 2022, da gennaio a ottobre, sono stati estratti quasi 630mila tweet, 583mila dei quali negativi, pari al 93% del totale, mentre invece l’anno prima i tweet presi in esame erano stati poco più di 797mila, 550mila dei quali erano negativi, cioè il 69% del totale.

Le donne si confermano essere il bersaglio numero uno, seguite appunto dalle persone con disabilità e dalle persone omosessuali, tornate nuovamente al centro del mirino, e non solo di quello che fa riferimento all’hate speech.

Oltre agli onnipresenti atteggiamenti di body shaming, molti attacchi hanno avuto come contenuto la competenza e la professionalità delle donne stesse. E, dunque, è il lavoro delle donne a emergere anche quest’anno quale co-fattore scatenante lo hate speech misogino, a conferma di una tendenza già rilevata lo scorso anno. Quanto alle persone con disabilità, risultata la seconda categoria più colpita.

Per quanto concerne invece gli stranieri e i migranti, la categoria sociale con una percentuale più alta di incremento di tweet negativi all’interno del cluster rispetto al 2021. Anche qui, va sottolineata la forte attenzione mediatica che si accende sugli sbarchi dei migranti e sulla situazione dei profughi provenienti dall’Ucraina, nonché dal contesto politico italiano e dalla sua relazione con l’Unione europea circa la gestione della situazione migratoria.

📲Come difendersi? Qual è la cura contro l
  • “Sesso. Libertà. Uguaglianza. Amore in tutti i sensi. E tutti a tavola!”. È il messaggio che Rosa Chemical, all’anagrafe Manuel Franco Rocati, porta a Sanremo 2023 per quello che sarà il suo esordio al festival con il brano “Made in Italy”.

Il rapper classe 1998, arriva da debuttante, ma con una storia già ben definita alle spalle. Poliedrico, eclettico, difficilmente etichettabile, ha dato sfogo alla sua creatività non solo a livello musicale – con influenze che spaziano dall’hiphop alla trap all’elettronica -, ma lavorando anche come modello per Gucci, come art and creative director e dedicandosi anche alla scrittura di videoclip. 

Nel 2019 ha pubblicato “Forever”, il suo primo album, che è stato certificato disco d’oro, da lì una serie di collaborazioni che lo hanno portato anche ad affiancare Tananai l’anno scorso nella serata cover del Festival.

“Molto spesso sono giudicato perché diverso, ma dal diverso bisogna imparare, assorbire. In Italia invece ciò che è diverso è giudicato. E io da diverso in passato mi sono sentito sbagliato” racconta Rosa Chemical. 

Non a caso, a Sanremo, il 25enne paladino della libertà di essere se stessi senza farsi condizionare dalle norme della società, arriva con il brano “Made in Italy” e un obiettivo ben preciso: “portare un messaggio di libertà contro ogni tipo di discriminazione, per promuovere l’uguaglianza e il rispetto. Cerco di creare dibattito: sono sempre pronto a spiegare il mio punto di vista, ma se non c’è apertura mentale non mi sento di dover dire nulla”.

Il brano “È piedi, con cui calpestare ciò che è generalista e che chiude tutto dentro una gabbia fatta di tabù. ‘Made in Italy vuole’ liberarci dalle censure, dagli stereotipi e dal politicamente corretto”. 

Come il titolo e la copertina, anche il testo è provocatorio e racchiude al suo interno tutta l’essenza e l’irriverenza prorompente di Rosa Chemical perché parla in maniera sfrontata di temi ancora oggi considerati tabù come il sesso, la fluidità e il poliamore. 

“Non c’è cosa più ‘Made in Italy’ del Festival di Sanremo. Non vedo l’ora di salire su quel palco”.

#lucenews #sanremo2023 #rosachemical
Essere donna significa essere costantemente in quarantena. Quello che il mondo intero sperimenta con il Covid è la vita normale per le ragazze in Qatar. Asma, 40 anni: “Volevo studiare all'estero ma i miei genitori mi hanno detto di no, anche se avevo una borsa di studio”. Invece Noof Al Maadeed, 21 anni, è riuscita a lasciare il suo paese d'origine dopo anni di abusi domestici e restrizioni: "Mi è stato permesso solo di andare a scuola e tornare". A un certo punto ha capito che la sua vita e la sua integrità fisica erano in pericolo, ma non poteva semplicemente andarsene.  Le regole del governo di uno dei Paesi più ricchi al mondo proibiscono alle donne non sposate e sotto i 25 anni di viaggiare fuori dallo stato senza il permesso del loro tutore maschile: tipicamente, il padre, il fratello, lo zio o il nonno. Dopo il matrimonio, il marito. Se sposata, una ragazza può viaggiare all'estero senza chiedere il consenso del coniuge, ma questo può rivolgersi a un tribunale per vietarlo. A novembre 2019 Noof ha preso segretamente il telefono di suo padre, si è collegata all'app del governo Metrash e ha ottenuto il permesso di uscita che le avrebbe permesso di lasciare il paese. Poi si è arrampicata dalla finestra della sua camera da letto per andare all'aeroporto ed è volata prima in Ucraina e poi nel Regno Unito dove ha chiesto asilo.  Ma non sono solo i viaggi ad essere limitati. Le donne devono ottenere il permesso dai loro tutori maschi per esercitare molti dei loro diritti fondamentali, tra cui sposarsi, ottenere una borsa di studio per perseguire l'istruzione, lavorare in gran parte dei settori pubblici e ottenere cure sanitarie. Inoltre non possono fare scelte sulla vita dei loro figli, anche quando ne ottengono la custodia legale in seguito al divorzio. “Le donne in Qatar hanno superato molte barriere e fatto notevoli progressi in molti campi. Tuttavia, devono ancora subire un sistema oppressivo che impedisce loro di avere vite indipendenti, piene”, dichiara Rothna Begum, ricercatrice esperta di diritti delle donne presso Human Rights Watch. In Qatar, secondo la legge, una donna deve avere il permesso di un tutore maschile per potersi sposare, a prescindere dall’età o da precedenti situazioni coniugali. Da sposata, può essere accusata di “disobbedienza” qualora non ottenga il permesso del marito per svolgere alcune attività o se si rifiuta di avere rapporti sessuali senza una ragione “legittima”. E per poter accedere alle cure legate alla salute riproduttiva come pap-test, check-up ginecologici, visite prenatali, una donna deve attestare di essere sposata. Ovviamente, per aborto e sterilizzazione c’è bisogno del consenso del marito. Alla base di queste regole discriminatorie ci sono leggi, politiche e pratiche che considerano gli uomini come capifamiglia e come tutori legali e sociali delle donne. Un sistema che ha un impatto enorme sulla loro salute mentale. Le persone intervistate da HRW  hanno parlato di stati di depressione acuta, autolesionismo, pensieri suicidi. Per aiutarle sono nati molti movimenti femministi, soprattutto online, ma il governo del Qatar limita molto la libertà di espressione e di associazione. Molestie online e intimidazioni da parte degli stessi esponenti dello stato rimangono seri ostacoli ad una piena espressione, e non esistono organizzazioni indipendenti all’interno del Paese.
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