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Home » HP Trio » Galeffi: “Fra calcio, cinema? Scelgo la musica. Tante difficoltà, ma il mio mondo è un Belvedere”

Galeffi: “Fra calcio, cinema? Scelgo la musica. Tante difficoltà, ma il mio mondo è un Belvedere”

Mette a nudo le fragilità il nuovo album del cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli: "Ho scelto come nome d’arte il cognome di mia madre"

Giovanni Ballerini
1 Gennaio 2023
Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre

Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre

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Non solo rapper alla ribalta. Per fortuna anche la musica d’autore si rinnova proponendo nuovi suoni e testi che rappresentano una nuova generazione di autori. E’ il caso di Galeffi, il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ma ha scelto come nome d’arte il cognome della madre si conferma un artista in interessante crescita, artistica e personale. Lo dimostra un album maturo, come il suo terzo Belvedere, da poco pubblicato da Universal, che vanta una multiforme musicalità e testi sferzanti che analizzano le relazioni interpersonali e il mondo che gira intorno mettendo più a nudo anche le fragilità della società, ma anche quelle di un autore che ha deciso di indagare il mondo con occhi nuovi e uno spirito diverso. Lo ha dimostrato col nuovo album.

Lo dimostrerà con il nuovo tour, che venerdì 13 gennaio alle 21 partirà da Firenze. 13 gennaio 2023 – Firenze – Viper 14 gennaio 2023 – Roma – Largo Venue – sold out 19 gennaio 2023 – Torino – Hiroshima Mon Amour 20 gennaio 2023 – Roncade (Tv) New Age 21 gennaio 2023 – Cesena – Vidia Club 27 gennaio 2023 – Brescia – Latteria Molloy 28 gennaio 2023 – Bologna – Locomotiv

Galeffi che repertorio propone in concerto?

“Porto in tour le canzoni di Belvedere, quelle del mio secondo disco Settebello che, a causa del Covid, non ho avuto modo di proporre dal vivo e le canzoni più amate dai miei fan. Saremo in cinque sul palco: batteria, basso, chitarra pianoforte e io che canto e ogni tanto suono chitarra, ukulele e piano”.

Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre
Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre

 Si nutre ancora di calcio, cinema e Beatles?

“Sono un calciatore mancato perché ho giocato tanto a pallone e ho tentato di farne una professione, ma non è andata. Allora ho lavorato per un po’ nell’ambito del giornalismo sportivo, ho collaborato con La Gazzetta dello Sport scrivendo delle partite della Roma. Poi mi sono laureato in cinema e ho tentato di fare lo sceneggiatore, visto che mi piace scrivere storie. La musica a un certo punto è capitata nella mia vita. Ho ascoltato i Beatles e sono rimasto folgorato. Mi sono subito appassionato e ho tentato di creare anche io dei brani. Ho messo insieme due modi di scrivere: uno musicale e uno di vita. Così sono nate le prime canzoni che sono piaciute in giro, qualcuno si è accorto che esistevo ed eccomi qui”.

Fa ancora qualcosa con il cinema ?

“Ho fatto film e video amatoriali dai 16 ai 22 anni. Facevo anche il regista di spettacoli teatrali, di video clip con i rapper di zona e cortometraggi. Mi sarebbe piaciuto fare cinema seriamente, ma il flusso della vita mi ha portato altrove e a trenta anni l’ho dovuto mollare. Oggi faccio musica, poi si vedrà”.

E’ da poco uscito il suo terzo album?

“Si chiama Belvedere, l’ho realizzato durante la pandemia prendendo ispirazione dalla musica francese, dalle chanson di Leo Ferré e Serge Gainsbourg a cose più moderne. Sono sempre stato un esterofilo e mi piace andare a spulciare i vari repertori, anche non famosissimi, di Francia e Inghilterra. Questo album cita un po’ nelle sue canzoni l’incontro fra Italia e Francia, un nuovo matrimonio musicale”.

Vive la musica come una passione o una professione?

“La prima di sicuro. La professione bisogna costruirsela, siamo in un’epoca in cui tutti vorrebbero avere il loro momento – come diceva Andy Warhol – poi è complicato dilatare quel momento all’eternità. Ma ci provo: cerco di comporre canzoni che possano essere più eterne possibili, altrimenti le scarto”.

Quando ha deciso di diventare cantautore?

“Non ho deciso è stato un privilegio. Quando ho scritto le prime canzoni lo facevo anche un po’ per rimorchiare, lo ammetto. Poi, sono uno a cui piace seguire il flusso, ho iniziato a suonare a Roma e la gente mi veniva ad ascoltare anche se non avevo ancora pubblicato niente. Col passa parola il pubblico è via via aumentato e riuscivo anche a fare il tutto esaurito. La cosa è arrivata all’orecchio di qualche discografico milanese, che mi ha proposto un contratto”.

Non ha dovuto insomma affrontare difficoltà?

“Al contrario, le ho affrontate ogni giorno. Anche se l’ultimo album è uscito per Universal, le mie sono canzoni che partono dal basso e per un artista che sinora è stato indipendente le difficoltà non sono mancate. Poca visibilità televisiva e poi il Covid che mi ha costretto a non fare concerti e quindi, visto che ormai i dischi non si vendono più, ha limitato le mie entrate”.

 

Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre
Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre

Fare il cantautore di professione è una cosa tosta?

“Sì e in questo, gli ultimi quattro anni sono stati formativi, ma le cose dure mi attraggono. E, quindi non ho mollato. Anzi. Da perfezionista e ambizioso cerco sempre la cosa che non va. Ma poi, nei pochi momenti di pace interiore, dico che sono contento di come sta andando, che non mi posso lamentare. E chiaro che fare il cantautore non è un mestiere per tutti, poi in questo momento in Italia escono così tante cose che è difficile carpire l’attenzione degli altri. Per questo ho deciso di puntare sulla qualità, sull’identità, sulla ricerca perché credo che a forza di fare così rimani in vita”.

Nella vita normale ha mai subito sgarbi?

“No, o forse sì, ma come tutti. Mi piacciono i cani, fare le passeggiate, bere del buon vino”.

Quindi non è vero che i cantautori devono soffrire per dare il meglio in musica?

“La mia sofferenza è innata nell’affrontare la vita. Spesso mi faccio gli sgarbi da solo”.

Cosa si aspetta il pubblico da lei?

“Sicuramente chi ama le mie canzoni si aspetta la voce di una persona che è come lui e non racconta cose che non vive o non pensa. La musica, come il cinema, è affascinante perché non per forza si limita a presentare i documentari di quello che uno prova. Nei brani puoi aggiungere la propria verità. Racconti la storia come pensi che sia andata e diventa vera in quei tre minuti di canzone. Puoi fare diventare reali cose che sono solo nella tua testa e questo è molto attraente»”

Che rapporto ha avuto con Piero Pelù ai tempi di Voice of Italy?

“Normale, quello di un ragazzo di 19 anni alle prese con il suo primo e unico test televisivo. La tv è un meccanismo che non comprendo più di tanto, ma con Piero ho stabilito un buon rapporto anche se io ero l’alunno e lui un professore simpatico”.

Sta facendo qualcosa di nuovo?

“Ora sono concentrato sui concerti, poi ci sarà anche il tour estivo, ma presto inizierò a scrivere cose nuove. Buona parte della produzione la faccio da solo, quindi ho bisogno di più tempo e la giusta concentrazione”.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

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Non solo rapper alla ribalta. Per fortuna anche la musica d’autore si rinnova proponendo nuovi suoni e testi che rappresentano una nuova generazione di autori. E’ il caso di Galeffi, il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ma ha scelto come nome d’arte il cognome della madre si conferma un artista in interessante crescita, artistica e personale. Lo dimostra un album maturo, come il suo terzo Belvedere, da poco pubblicato da Universal, che vanta una multiforme musicalità e testi sferzanti che analizzano le relazioni interpersonali e il mondo che gira intorno mettendo più a nudo anche le fragilità della società, ma anche quelle di un autore che ha deciso di indagare il mondo con occhi nuovi e uno spirito diverso. Lo ha dimostrato col nuovo album. Lo dimostrerà con il nuovo tour, che venerdì 13 gennaio alle 21 partirà da Firenze. 13 gennaio 2023 - Firenze - Viper 14 gennaio 2023 - Roma - Largo Venue - sold out 19 gennaio 2023 - Torino - Hiroshima Mon Amour 20 gennaio 2023 - Roncade (Tv) New Age 21 gennaio 2023 - Cesena - Vidia Club 27 gennaio 2023 - Brescia - Latteria Molloy 28 gennaio 2023 - Bologna - Locomotiv Galeffi che repertorio propone in concerto? "Porto in tour le canzoni di Belvedere, quelle del mio secondo disco Settebello che, a causa del Covid, non ho avuto modo di proporre dal vivo e le canzoni più amate dai miei fan. Saremo in cinque sul palco: batteria, basso, chitarra pianoforte e io che canto e ogni tanto suono chitarra, ukulele e piano".
Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre
Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre
 Si nutre ancora di calcio, cinema e Beatles? "Sono un calciatore mancato perché ho giocato tanto a pallone e ho tentato di farne una professione, ma non è andata. Allora ho lavorato per un po’ nell’ambito del giornalismo sportivo, ho collaborato con La Gazzetta dello Sport scrivendo delle partite della Roma. Poi mi sono laureato in cinema e ho tentato di fare lo sceneggiatore, visto che mi piace scrivere storie. La musica a un certo punto è capitata nella mia vita. Ho ascoltato i Beatles e sono rimasto folgorato. Mi sono subito appassionato e ho tentato di creare anche io dei brani. Ho messo insieme due modi di scrivere: uno musicale e uno di vita. Così sono nate le prime canzoni che sono piaciute in giro, qualcuno si è accorto che esistevo ed eccomi qui". Fa ancora qualcosa con il cinema ? "Ho fatto film e video amatoriali dai 16 ai 22 anni. Facevo anche il regista di spettacoli teatrali, di video clip con i rapper di zona e cortometraggi. Mi sarebbe piaciuto fare cinema seriamente, ma il flusso della vita mi ha portato altrove e a trenta anni l’ho dovuto mollare. Oggi faccio musica, poi si vedrà". E’ da poco uscito il suo terzo album? "Si chiama Belvedere, l’ho realizzato durante la pandemia prendendo ispirazione dalla musica francese, dalle chanson di Leo Ferré e Serge Gainsbourg a cose più moderne. Sono sempre stato un esterofilo e mi piace andare a spulciare i vari repertori, anche non famosissimi, di Francia e Inghilterra. Questo album cita un po’ nelle sue canzoni l’incontro fra Italia e Francia, un nuovo matrimonio musicale". Vive la musica come una passione o una professione? "La prima di sicuro. La professione bisogna costruirsela, siamo in un’epoca in cui tutti vorrebbero avere il loro momento - come diceva Andy Warhol - poi è complicato dilatare quel momento all’eternità. Ma ci provo: cerco di comporre canzoni che possano essere più eterne possibili, altrimenti le scarto". Quando ha deciso di diventare cantautore? "Non ho deciso è stato un privilegio. Quando ho scritto le prime canzoni lo facevo anche un po’ per rimorchiare, lo ammetto. Poi, sono uno a cui piace seguire il flusso, ho iniziato a suonare a Roma e la gente mi veniva ad ascoltare anche se non avevo ancora pubblicato niente. Col passa parola il pubblico è via via aumentato e riuscivo anche a fare il tutto esaurito. La cosa è arrivata all’orecchio di qualche discografico milanese, che mi ha proposto un contratto". Non ha dovuto insomma affrontare difficoltà? "Al contrario, le ho affrontate ogni giorno. Anche se l’ultimo album è uscito per Universal, le mie sono canzoni che partono dal basso e per un artista che sinora è stato indipendente le difficoltà non sono mancate. Poca visibilità televisiva e poi il Covid che mi ha costretto a non fare concerti e quindi, visto che ormai i dischi non si vendono più, ha limitato le mie entrate".  
Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre
Il cantautore romano classe 1991, che in realtà si chiama Marco Cantagalli, ha scelto come nome d’arte il cognome della madre
Fare il cantautore di professione è una cosa tosta? "Sì e in questo, gli ultimi quattro anni sono stati formativi, ma le cose dure mi attraggono. E, quindi non ho mollato. Anzi. Da perfezionista e ambizioso cerco sempre la cosa che non va. Ma poi, nei pochi momenti di pace interiore, dico che sono contento di come sta andando, che non mi posso lamentare. E chiaro che fare il cantautore non è un mestiere per tutti, poi in questo momento in Italia escono così tante cose che è difficile carpire l’attenzione degli altri. Per questo ho deciso di puntare sulla qualità, sull’identità, sulla ricerca perché credo che a forza di fare così rimani in vita". Nella vita normale ha mai subito sgarbi? "No, o forse sì, ma come tutti. Mi piacciono i cani, fare le passeggiate, bere del buon vino". Quindi non è vero che i cantautori devono soffrire per dare il meglio in musica? "La mia sofferenza è innata nell’affrontare la vita. Spesso mi faccio gli sgarbi da solo". Cosa si aspetta il pubblico da lei? "Sicuramente chi ama le mie canzoni si aspetta la voce di una persona che è come lui e non racconta cose che non vive o non pensa. La musica, come il cinema, è affascinante perché non per forza si limita a presentare i documentari di quello che uno prova. Nei brani puoi aggiungere la propria verità. Racconti la storia come pensi che sia andata e diventa vera in quei tre minuti di canzone. Puoi fare diventare reali cose che sono solo nella tua testa e questo è molto attraente»" Che rapporto ha avuto con Piero Pelù ai tempi di Voice of Italy? "Normale, quello di un ragazzo di 19 anni alle prese con il suo primo e unico test televisivo. La tv è un meccanismo che non comprendo più di tanto, ma con Piero ho stabilito un buon rapporto anche se io ero l’alunno e lui un professore simpatico". Sta facendo qualcosa di nuovo? "Ora sono concentrato sui concerti, poi ci sarà anche il tour estivo, ma presto inizierò a scrivere cose nuove. Buona parte della produzione la faccio da solo, quindi ho bisogno di più tempo e la giusta concentrazione".
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