40 anni di “Creuza de ma”: una creazione inclusiva nel segno della world music

Il disco, scritto a quattro mani da Fabrizio De Andrè e Mauro Pagani, risplende dal vivo in una serata evento al Teatro Romano di Fiesole lunedì 15 luglio 2024

di GIOVANNI BALLERINI
15 luglio 2024
"Crêuza de mä" di Fabrizio De André e Mauro Pagani

"Crêuza de mä" di Fabrizio De André e Mauro Pagani

I quaranta anni di un capolavoro, una creazione inclusiva che sperimentò con successo un nuovo modo di fare canzone d'autore nel segno della world music, brillano in concerto a Fiesole (Firenze). 

“Fabrizio ed io registrammo nel 1983 e venne pubblicato l’anno successivo dall’etichetta Dischi Ricordi. È un disco incollocabile nello spazio tempo, sospeso, scevro da tendenze, arcaico, ma sempre attuale”. In tanti (e fra questi la rivista Musica e Dischi) lo considerano il miglior album italiano degli anni Ottanta, David Byrne ne è sempre stato un estimatore, mentre la titolata rivista Rolling Stone nella sua classifica lo ha piazzato al quarto posto tra i dischi italiani di tutti i tempi.

Stiamo parlando di “Crêuza de mä”, il capolavoro scritto a quattro mani da una fantastica coppia creativa, formata da Fabrizio De Andrè e Mauro Pagani. Un disco di grande libertà stilistica, in cui la migliore tradizione cantautorale si abbevera alle sorgenti delle musiche del mondo, rinnovando la sua espressività nel segno della più inclusiva world music. 

Quarant’anni celebrati all’Estate Fiesolana

Lo stesso Pagani celebra il quarantennale di questo capolavoro (l'undicesimo album del cantautore ligure, che vanta un titolo particolare come Crêuza de mä, che in genovese antico significa viottolo o mulattiera) con un concerto-evento, in programma questa sera, 15 luglio, alle 21.15 al Teatro Romano di Fiesole. Un festa della musica che celebra la sua evoluzione, il guardare altrove rispetto al solito pop. Per l’occasione il polistrumentista, produttore e compositore di Chiari, classe 1946, sarà affiancato all’Estate Fiesolana da sei musicisti, da una corista e un corista. Un ensemble compatto ed essenziale, per riproporre dal vivo le avvolgenti sonorità, senza tempo di questo disco che segna un’epoca musicale di grande fermento e sperimentazione.

Il concerto avrà in scaletta anche altri brani del repertorio di Mauro Pagani con la PFM e da solista, i migliori frutti di oltre cinquanta anni di carriera di uno dei nostri musicisti più illuminati. “Questo lavoro sottolinea il mio bisogno, di uomo e di artista, di issare le vele, cosa che in questi strani giorni è incontenibile. Le rotte che, scrivendo l’album, immaginavamo solcate da bastimenti carichi di spezie, oggi sono, nella realtà, una via di fuga, e per molti, troppi, dall’ingiustizia. Il viaggio da capo, dunque e, se possibile, a un volume ancora più alto, perché tutti ci sentano bene…“.

Mauro Pagani
Mauro Pagani

Pagani, c’era bisogno di rifare “Crêuza de mä” nel 2024? “Mi piace pensare che anche la musica leggera abbia la sua classica. Creuza è un bel capitolo della storia della musica italiana, che io suono con lo stesso rispetto che riserverei, ad esempio, a Rimmel di De Gregori”.  

Che atmosfere movimenteranno il live a Fiesole? “Naturalmente quelle di Crêuza de mä, ma non solo, visto che è un disco corto, perché Fabrizio era molto oculato e, quando avevamo fatto un po’ di pezzi, diceva sempre: ‘Basta Belin, non esageriamo’. Aveva ragione, anche perché era un disco molto particolare, foriero di cambiamenti, anche per Fabrizio che aveva il suo linguaggio, il suo modo di cantare. E aveva voglia di sperimentare novità”.

Che scaletta ha allestito per il concerto? “Non si può parlare di Crêuza de mä e non parlare di Le nuvole, che è l'altro grande disco che ho fatto con Fabrizio e quindi… Ci saranno tutti e due. Poi ci sarà un po' di PFM, un po' di quello che ho fatto dopo. Diciamo insomma che sono un ragazzo di una certa età e quindi, in qualche modo, mi piace raccontare le cose che sono importanti per me”.  

Che effetto le fa celebrare un disco che all'inizio non si sapeva nemmeno se avrebbe venduto più di tanto? “È una bella rivincita. Me ne resi conto, quando alla fine degli anni ‘80 David Byrne lo mise nei dischi più importanti del decennio. Quando lo sapemmo cominciammo a renderci conto che avevamo sparato un colpo di obice che aveva un bel rimbombo, ma non sapevamo cosa sarebbe successo. Fabrizio, più di me, era roso dai dubbi, ma ha difeso fino in fondo il disco, soprattutto dai discografici. Li ha messi di fronte al fatto compiuto e ha avuto ragione”.