Tra le frange rosa, le aste dei microfoni e gli strumenti musicali. La stanza da cui Giulia Mei, cantautrice, si collega per la videointervista con Luce! sembra la perfetta rappresentazione del suo universo. Nata a Palermo, classe ’93, dopo la partecipazione alle audition di X Factor, la sua “Bandiera” è arrivata alla rimonta delle classifiche e ora conta oltre un milione di stream sulle piattaforme musicali e di visualizzazioni sui canali social. Le strofe, che raccontano senza mezzi termini la condizione in cui una donna si trova a vivere nella società e la voglia di gridare alla libertà, sono diventate un vero e proprio manifesto per milioni di ragazze, e non solo. Il tuo cognome è Catuogno. Perché Giulia Mei? “In realtà questo “cognome d'arte” ha una storia un po' lunga. È nato per trovare qualcosa di più breve e ricordabile, perché il mio cognome lo è veramente poco perché è un po' lungo - a tratti cacofonico, ma non è questo il punto - e molto spesso lo storpiavano. Questo, in un mondo musicale pieno di gente, è un problema. Quando è nato il mio primo album “Diventeremo Adulti”, il mio produttore di allora mi disse di provare a trovare qualcos'altro e quindi è venuto questo nome così, Mei, un po' di getto. Pian piano ha assunto un sacco di significati nel tempo. Per prima cosa mi sono accorta che è un cognome cinese ed io durante la mia infanzia venivo scambiata spesso per una bambina cinese, perché avevo gli occhi un po' a mandorla. Poi dopo è arrivato anche un acronimo, che è “Meglio Essere Immortali”: voglio cercare di fare qualcosa che possa restare nel tempo, cercare con la musica l'immortalità”. Come ti sei avvicinata alla musica? “Io ho cominciato da prima a cantare e scrivere testi, non canzoni. Scrivevo poesie, più che altro. Anche papà cantava, lo faceva per hobby. Poi quando ho iniziato a studiare il pianoforte, ho messo insieme tutte queste “forme d'arte” e sono nate le prime canzoni. È stato tutto molto naturale in realtà. Ovviamente è arrivata per prima la voce, perché il corpo è ciò di più immediato che un bambino può utilizzare”. Sei andata via da Palermo, ma alla tua città natale hai dedicato un omaggio, "S. Rosalia"… “Ho dedicato alla mia città, che adoro tantissimo, questa canzone, che ho scritto quando mi sono trasferita a Bologna, dove ho completato i miei studi al conservatorio, adesso vivo a Milano. Nel 2019, proprio prima di partire, ho scritto questa lettera d’amore alla mia città e anche alla persona con cui stavo allora e con cui sono ancora adesso. Parla degli arrivederci, dei forse, di tutte le volte che ci allontaniamo da qualcosa che amiamo, che sia una città o una persona, e ci chiediamo come andrà, se ci aspetteremo a vicenda. E quindi Palermo è un po' un leitmotiv della mia musica, della mia vita, del modo in cui parlo, anche del modo in cui sono. Fa parte di me”. Posso chiederti che rapporto hai con Vecchioni? Hai scritto una canzone che si chiama “Tutta colpa di Vecchioni” e poi hai anche aperto un suo concerto... “Diciamo che non ci sentiamo al telefono ogni giorno (ride, ndr), però ho avuto modo di conoscerlo grazie a questa canzone e ora lui mi riconosce. Questo già è un successo perché lo vedo come un dio, è uno dei miei più grandi riferimenti nella musica. Questa canzone è un po' il mio primo manifesto musicale in cui parlavo della scelta, un po' difficile ma importante, di fare musica nella vita e, se l’ho fatto, dico nel ritornello, “è tutta colpa di Vecchioni”. L'ho presentata a Musicultura ed è arrivata alle orecchie del suo chitarrista Massimo Germini, che gliel’ ha fatta ascoltare. Mi ha ringraziata e quando ha suonato in Sicilia nel 2018 mi ha dato questa possibilità”.
Hai vinto tanti premi: ce ne è uno a cui sei più affezionata o che ti ha dato più soddisfazione? “In realtà tutti in maniera diversa mi hanno dato delle soddisfazioni. Penso che l'ultimo premio che ho vinto, quello della critica di Amnesty - forse perché il più recente - è stato molto bello, perché sono stata premiata da un'organizzazione così importante per una canzone che per me vuol dire tanto e mi sta dando tanto, “Bandiera”. È stato riconosciuto il potere, l'importanza sociale e anche politica della canzone, che prende una posizione su determinati aspetti della vita. È stato molto emozionante, ha dato a “Bandiera” un'altra vita ancora”. Hai vinto anche il premio Universal per diventare autrice della casa discografica e la targa SIAE come miglior autrice. Come cambia il modo di vivere la musica da autrice a cantautrice? “È molto personale, per me cambia molto: quando scrivo da cantautrice mi rendo conto di scrivere in una maniera completamente diversa, perché nasce anche da un'esigenza differente. Inevitabilmente cerco di immedesimarmi nell'altro, nella sua vocalità, nella sua storia e non è sempre facile, è una cosa che sviscero da me stessa. Infatti sono anche un po' gelosa delle canzoni che scrivo per me, perché raccontano una mia storia, però molto spesso mi è capitato anche di partire da una storia mia per scrivere una canzone che poi non è stata mia. Dipende molto dalla canzone, da chi la canta, dalla storia della canzone”.
“Bandiera” è uscita il 24 novembre 2023, il giorno prima della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. È un caso? “No, pubblicare questo brano alla vigilia di quel giorno così importante è stata una scelta. L’augurio era che potesse diventare anche un po' la colonna sonora di un pensiero che non ha fine, non ha inizio, non ha esigenza di raccontare o di sentirci raccontare delle cose, che è infinita. Non credo proprio che si possa parlare solo di un giorno e che si debba parlare di contrasto alla violenza solo in un giorno, sarebbe una follia, però è chiaro che sarebbe arrivata a più persone, proprio perché c'era molto attenzione su questo tema” Hai detto che questa canzone ha avuto tante vite, ma da cosa nasce? “Sì, ha avuto tante vite. La prima vita, quando l'ho scritta, nasce da una paura, quella di tornare a casa la sera, che mi ha fatto venire in mente tante altre paure che io ho. Ho riflettuto sul fatto che fossero molto legate al mio essere donna e a come vivo il mio essere donna: ho pensato che effettivamente non mi sento libera. Vivo una libertà che è di fatto annunciata, sdoganata, ma finta, dal momento che non mi sento libera di fare determinate azioni che dovrebbero essere basilari. C'è un percorso da fare, se ne deve parlare ed io riesco a parlare solo attraverso la musica. Quindi questa canzone è nata così, per raccontare un disagio mio sperando di poter raccontare anche il disagio di altre donne, ma in generale delle persone, perché è una canzone che non è dedicata solo alle donne, ma è dedicata a tutte e a tutti e questo lo dirò sempre”.
È stata da subito notata eppure il boom c'è stato con XFactor “È stata notata da diversi giornali, ma soprattutto dalle persone, già la prima volta che l'ho pubblicata. Però sì, il boom c'è stato con XFactor, lì la canzone ha preso largo nel cuore della gente che si è tanto identificata. È inevitabile che con un programma televisivo come XFactor sia arrivata non al triplo, ma almeno 100 volte di più rispetto a quando l'ho pubblicata. Per questo sarò sempre grata a XFactor, perché non ha dato una possibilità a me, quanto a questa canzone”. Jake La Furia l'ha definito un canto partigiano e su TikTok “Bandiera” è diventata un vero manifesto. Che effetto ti fa tutto questo? “Dovrei dirti che è bello perché la canzone è arrivata a tante persone, in realtà mi fa paura. Ho ricevuto tantissime storie, centinaia di messaggi, anche devastanti, che mi hanno colpito: sono umana e provo delle emozioni forti, specialmente se legate a questo tema. Da un lato ovviamente c’è la felicità dell’aver potuto raccontare un sentire comune, dall’altro ci sono le storie di persone che sono state abusate in vari modi e che mi hanno detto di aver avuto bisogno di “Bandiera” per avere il coraggio di fare qualcosa. Tra i messaggi più belli ci sono stati quelli da parte delle donne che adesso si sentono più libere e più coraggiose a tornare a casa la sera grazie a “Bandiera”, si sentono più al sicuro. È una cosa bellissima e allo stesso tempo devastante”. Ci sono stati degli apprezzamenti di VIP che hanno notato la canzone? Ci sono state anche delle critiche? “Da dei VIP ho avuto solo un bel feedback, diversi hanno cominciato a seguirmi. Ad esempio Chiara Ferragni ha ricondiviso la canzone e questo non me l'aspettavo. Ho ricevuto messaggi da tante persone - spunte blu varie, adesso non sto a fare i nomi - di apprezzamento e di stima, di condivisione del tema che ho scritto: mi sono sentita incoraggiata. Le critiche? Ne sono arrivate moltissime, tipo che è una canzone inutile che parla di cose inutili, “perché fare tutte queste cose è legale”, e quindi di cosa stiamo parlando? Sono stata definita ritardata, pazza, folle… Ma le critiche sono state molto meno rispetto agli apprezzamenti, a tutto il coraggio e alla forza che ho ricevuto. Me le aspettavo con la botta di visibilità che ti dà partecipare ad un programma televisivo con una canzone che ha un lato politico molto forte: è inevitabile e va bene così”. Hai detto che XFactor ha dato più la possibilità a “Bandiera” che a te. Come commenti la tua esperienza nel programma televisivo? “Il mio commento è sempre col sorriso, l'ho sempre vissuta come un gioco. Ovviamente mi è dispiaciuto venir eliminata, sono umana, però quello che a me importa è fare musica, poi se la faccio a XFactor, bene, se torno a farla in giro per l'Italia, sui palchi, va bene lo stesso. È stato bello perché è stata un’esperienza completamente nuova: vivere quel palco, quel pubblico, vedersi Giorgia accanto… sono cose che non avrei mai pensato di fare, però l'ho vissuta con grande leggerezza. Nel momento in cui ti imbarchi in una cosa del genere, devi accettare il rischio che possa andare male, penso di aver fatto il massimo fin dove ho potuto. Adesso si torna a fare musica”. Da poco è uscito il tuo ultimo singolo, “La vita è brutta”. Di cosa parla? “È un brano ballabile che parla della necessità di evadere, di ballare sulla tristezza della vita, che a volte può essere veramente brutta. Può essere devastante, però tu riesci comunque a strappare un sorriso anche nei momenti più difficili. Da un lato parla dell'evasione, dall’altro c'è una denuncia sociale al disinteresse e al disimpegno dilagante, dove mi metto dentro con tutti i piedi: ‘tu ci balli sopra su questo ritmo triste come l'Europa’, quindi sul baratro che ci circonda. C'è sempre il lato un po' dolce, un po' amaro, che penso che sia un po' la cifra di quello che scrivo, perché io sono così: adesso rido, ma tra due secondi mi può venirmi attacco di pianto improvviso. È una canzone multiforme, che ha molte facce e quindi è sempre bello che ognuno ne prenda ciò che vuole”. Progetti futuri? “Al momento il progettone è chiudere il disco, è praticamente pronto, ed è stato prodotto dalla famiglia Sound To Be, la mia etichetta, che conta tantissime persone straordinarie che lavorano con me. I produttori che stanno chiudendo il disco sono Ramiro Levi e Alessandro Di Sciullo, io sto andando un po' in giro per i concerti, l'altro ieri sono stata a Palermo per una data. Suonerò la mia musica nell'attesa che arrivi questo disco per poi fare un bel girone”.