Anna Magnani, dopo 50 anni è ancora la protagonista indiscussa

La grande attrice, con le sue forze e fragilità, raccontata dalla regista Rachele Valentinis in un documentario intimo e amichevole. Presentato all'Immagina short film di Firenze

di GIOVANNI BOGANI -
15 ottobre 2023
Dopo 50 anni Anna Magnani è ancora regina

Dopo 50 anni Anna Magnani è ancora regina

Giuseppe Ungaretti scrisse di lei: "Ti ho sentito gridare ‘Francesco’ dietro un camion e non ti ho più dimenticato". E in tanti abbiamo sentito la stessa cosa. Anna Magnani, una donna forte e fragile. Impetuosa e timida, scontrosa e bisognosa di amore. Anna Magnani, la donna che con la sua corsa tragica contro alle camionette naziste, in "Roma città aperta", scolpiva per sempre la storia del Neorealismo, la prima attrice italiana a vincere un Oscar, viene raccontata da un’altra donna, in un film intimo e sommesso. Che viene presentato per la prima volta, in occasione del 50° anniversario della morte dell’attrice – avvenuta il 26 settembre 1973 – allImmagina Short Film Festival, rassegna di cinema in corso a Firenze.
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L'attrice con il premio Oscar tra le mani

Il film su Anna Magnani

"Pronto? Anna sono io" è un film in forma di lettera. Una lettera che la regista, Rachele Valentinis, indirizza ad Anna Magnani. Ci consegna una Magnani per molti versi inedita. Una bimba che nasce nei primi anni del Novecento, e che deve fare i subito i conti con la mancanza degli affetti più importanti: la madre che la abbandona per fuggire in Egitto, il padre che lei conoscerà mai. Una bimba che cresce con la nonna e le cinque zie. Una ragazzina che sogna di cantare: che studia pianoforte, che si iscrive al liceo musicale Santa Cecilia. La sentiamo cantare, e l’emozione quasi trabocca: era bravissima. Ripercorriamo tutte le tappe della sua straordinaria carriera, ma sempre in una sorta di dialogo, un "a tu per tu" sussurrato, come se l’autrice del film cercasse un’amica. E vediamo la ragazzina che a vent’anni colpisce Silvio D’Amico, direttore della scuola d’arte drammatica che oggi porta il suo nome, e che era intitolata ad Eleonora Duse. "E’ venuta una ragazzina mora, con gli occhi espressivi. Non recita, vive le parti che le vengono assegnate. È già un’attrice…". Il resto, è una corsa attraverso spezzoni di film rari o, al contrario, così celebri che sono scolpiti per sempre nella nostra memoria. Il primo ruolo da protagonista in "Teresa Venerdì" del 1941, i battibecchi con Aldo Fabrizi in "Campo de’ Fiori". E poi, certamente, la corsa di "Roma città aperta".
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Anna Magnani in Roma città aperta, nella fatidica scena

Ma più ancora, l’amore con Roberto Rossellini, la sofferenza straziante quando lui si innamora di Ingrid Bergman. Lui che gira con la Bergman "Stromboli"; e lei che in fretta e furia gira un film nell’isola di fronte, Vulcano – e il film si chiama "Vulcano", diretto da William Dieterle. Era la famosa "guerra dei vulcani". Dove lei, leonessa dai capelli corvini, fu costretta a soccombere. La bellissima svedese dai capelli chiari aveva vinto. Vinto nel cuore di Rossellini – che poi non ebbe timore di amare altre donne – e vinto perché di "Vulcano", oggi, non si ricorda più nessuno. Fra strazi sentimentali e successi professionali, si snoda il racconto di una vita, tutta giocata sul filo dell’intensità, e della verità. Il viaggio negli Stati Uniti, l’amico drammaturgo Tennessee Williams che la vuole a tutti i costi per interpretare il film "La rosa tatuata".
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Insieme al grande amico Tennessee Williams

La prima attrice a vincere l'Oscar

La sua interpretazione le vale l’Oscar, il primo Oscar vinto da un’attrice italiana. Ma lei, alla cerimonia, non c’era. Era a Roma, a dormire. Forse per scaramanzia, forse perché non le sembrava possibile vincere. Fu svegliata nel pieno della notte da una telefonata intercontinentale. La stampa americana, di lei, aveva scritto: "In confronto a lei le nostre attrici sono manichini di cera paragonate a un essere umano". Scorre veloce, il documentario, che dura poco meno di un’ora. Sono sufficienti, per rimanere affascinati da una Magnani che, intervistata all’estero, sfodera un francese impeccabile e fluente, sciolto; da una Magnani che vediamo, un film dopo l’altro, con i lineamenti sempre più segnati, quasi a diventare l’ideogramma di se stessa, quasi un tratto grafico: capelli corvini, occhi cerchiati dalle occhiaie, un’espressione della bocca amara, solenne, quasi disperata. L’icona Magnani. E riusciamo a sentire, a vivere, a percepire il suo sgomento quando parla della vita e della morte: "Quando nasciamo siamo incoscienti, e invece quando si muore è durissima, perché sappiamo tutto, e non vogliamo morire. Sarebbe meglio il contrario, che si morisse come diventando bambini".