Daniel Craig e l’evoluzione di James Bond...fino a Queer

Già nei panni di 007 il macho per antonomasia aveva iniziato a scoprirsi vulnerabile, facendo spazio a un modello maschile diverso e più moderno. In Queer la trasformazione si completa

di GIOVANNI BOGANI
5 settembre 2024
Venezia, Guadagnino-Queer

Luca Guiadagnino a Venezia con Drew Starkey e Daniel Craig. ANSA/FABIO FRUSTACI

Se volessimo tracciare i cambiamenti della figura maschile al cinema, se volessimo capire come sono cambiati, nel giro di non molti anni, i modelli maschili, un attore più di tutti gli altri potrebbe riassumerne la parabola: Daniel Craig. È stato l’ultimo James Bond – finché non verrà annunciato il prossimo 007 – ed è, adesso, il protagonista di “Queerdi Luca Guadagnino, presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, e da ottobre nelle sale italiane.

Prima, naturalmente, viene Bond. L’agente segreto che non deve chiedere mai, che seduce le donne e poi le abbandona, o se le vede uccidere dal cattivo di turno, senza spargere una lacrima. Ma i tempi sono cambiati, i tempi stanno cambiando. La M, il suo superiore, interpretata da Judi Dench chiama Bond “dinosauro sessista e misogino, residuo della Guerra fredda”. Aveva ragione. Ma 007 stava cambiando.

Cinque sono le interpretazioni di Craig dell’agente segreto. In “Casino Royale”, nel 2006, Bond ha già il cuore spezzato per la morte di una memorabile Eva Green, la prima donna della quale sembra poter veramente innamorarsi. In “Spectre”, del 2015, Bond ama, soffre, e – per la prima volta – sembra vulnerabile. Ha anche una diversa relazione con le donne, che non sono più così sottomesse al fascino dell’agente segreto. E una, in particolare, gli spezza il cuore. È Léa Seydoux, che ritroviamo nell’ultimo Bond, “No Time to Die”. E in questo ultimo film, Bond soffre, viene ferito, viene sconfitto, è generoso. Ha una figlia. Va a visitare la tomba di Vesper, il personaggio interpretato da Eva Green in “Casino Royale”. E per difendere le sue donne, va incontro a un finale drammatico.

Eva Green in Casino Royale
Eva Green in Casino Royale

Ma la trasformazione finale avviene – abbandonato il personaggio di James Bond – nel film con il quale Craig si è presentato a Venezia, in concorso. L’attesissimo “Queer” di Luca Guadagnino. Tratto dal romanzo incompiuto di William S. Burroughs, l’autore del “Pasto nudo”, il film lo vede nel ruolo di un expat, un americano esule in Messico. Se ne sta lì, con le sue giacche di lino stazzonate, con l’aria da grand’uomo, ma anche da disperato. Con un bicchiere di tequila in mano. E poi un altro, e un altro ancora. E gira la città, mandando giù qualsiasi cosa contenga alcol, iniettandosi eroina, fumando. Frequentando locali gay.

Fa strano vedere 007 – quello che fino a ieri impersonava 007 – nel ruolo di un omosessuale tormentato, devastato dalla visione di un ragazzo tanto più giovane di lui, elusivo, sfuggente, che frequenta gli stessi locali, ma in compagnia di una ragazza. La fascinazione diventa desiderio incontrollabile. Ma siamo negli anni ’50, e Lee – questo il nome del personaggio che interpreta Craig nel film di Guadagnino – non ha ancora fatto pace con la sua sessualità, con le sue inclinazioni. Si sente vulnerabile, quando il ragazzo lo guarda lui accenna un saluto teatrale, ma a metà si ferma, e trasforma il gesto in qualcos’altro, come il vecchio di “Umberto D.” di Vittorio De Sica che tende la mano per chiedere l’elemosina, ma poi se ne vergogna e all’ultimo la ritrae.

Approfondisci:

Daniel Craig gay in “Queer” di Guadagnino: “L'immagine del macho? Sfido me e il pubblico”

Daniel Craig gay in “Queer” di Guadagnino: “L'immagine del macho? Sfido me e il pubblico”

È un rovesciamento completo, da Bond il seduttore a Lee il sedotto. Nella trasformazione, Craig – 56 anni – lascia al personaggio di Bond gran parte dei muscoli, si tiene la pancetta, si tiene una pistola che, però, esibisce incautamente. E si veste di gesti nevrotici: fiammiferi da accendere, sigarette da fumare con rabbia, cappelli posati su tavoli dove non viene accolto, e tirati su, con gesto orgoglioso.

Non si limita a questo. Nel film ci sono anche scene di sesso, baci e molte nudità. Via lo smoking, via il sorriso sardonico, beffardo, via la sicurezza tracotante. Il macho per antonomasia diventa un uomo che chiede, che desidera, struggente come il Dirk Bogarde di “Morte a Venezia” di Luchino Visconti.