Chiara Rapaccini, l’amara dolce vita con Monicelli e gli amici suoi

Nel libro "Mio amato Belzebù" Chiara Rapaccini racconta la lunga storia d'amore con Mario Monicelli, pubblica e privata, tra i riflettori e le lotte femministe dentro e fuori casa

di GIOVANNI BOGANI -
1 dicembre 2023
Chiara Rapaccini,  Roma 18 marzo 2014. ANSA/ ANGELO CARCONI

Chiara Rapaccini, Roma 18 marzo 2014. ANSA/ ANGELO CARCONI

Una vita intera, passata a tener testa a un uomo di quarant’anni più grande, famoso, e dal carattere brusco, ruvido, mai accomodante, imprevedibile. Eppure, lei c’è riuscita. L’uomo è Mario Monicelli, il regista dei "Soliti ignoti", de "La grande guerra", di "Amici miei", con il quale lei ha vissuto quarant’anni. Lei è Chiara Rapaccini, che sulla propria storia – e dunque anche su quella lunga, fantastica, anomala storia d’amore – ha scritto un libro, "Mio amato Belzebù", finito in testa alle classifiche. Il libro gronda lucidità, ironia, disincanto, amore, senso della vita. E dei percorsi che fanno, della vita, un destino. Chiara Rapaccini racconta di sé, diciannovenne, a Firenze, nei giorni in cui sbarca in riva all’Arno la masnada gaglioffa, vociante, presuntuosa e chiassosa dei cinematografari. Si girava "Amici miei". E di lì a poco sarebbe cambiata, per sempre, la sua vita.

L'incontro sul set

Lei è una ragazza giovane, ribelle, libera, nel bel mezzo degli anni Settanta. I jeans, le salopette sulla camicetta, gli amici di Lotta continua, le canne: la rivoluzione che era nell’aria, un po’ come il fumo, e sembrava doversi realizzare da un momento all’altro. Posa per un pittore, sul sofà di uno studio pieno di oggetti, odoroso di trementina. Fa la comparsa al teatro Comunale di Firenze, la stagione dell’opera ha bisogno di figuranti. S’innamora, per mezz’ora, di un ballerino di terza fila. La vita, per lei, è tutta fluida, informe, fatta solo di possibilità. Poi, quel set. Dove lei è una comparsa, con la solita salopette di jeans e uno zainetto riempito di carta di giornale. La scena famosa, quella degli schiaffi alla stazione di Santa Maria Novella. Il treno che si muove piano piano, Tognazzi e soci che schiaffeggiano le comparse affacciate ai finestrini. In fondo al caos di cavi, microfoni, assistenti, un uomo seduto su una seggiola dove c’è scritto in maiuscolo "MONICELLI". L’uomo si accorge che una comparsa, al momento degli schiaffi, si scansa. Urla al megafono "Chi è quell’imbecille? Portatemelo qui!". Glielo trascinano davanti, come un condannato a morte, fra due assistenti. L’uomo al megafono gli urla, davanti a tutti: "Te pagamo, e tanto, per piglià gli schiaffi, no pe magnà la ribollita! È chiaro? È chiarooo?". L’uomo, un colosso, è diventato piccino piccino, si scusa, piagnucola "Me faccio menà, glielo giuro che me faccio menà!". La ragazza pensa: ma chi è quell’esaltato col megafono? Sono tutti pazzi, in quel mondo. Tutti fanatici.

Chiara Rapaccini e una vita da femminista

Ma quello stesso uomo lo ritrova a una manifestazione femminista dove sta gridando "Io sono mia". Lei è indomita, indipendente, libera. Il ’68 non è lontano. Cammina con le braccia alzate, le dita che si toccano a formare una vagina. "Tremate, tremate, le streghe son tornate!". Nella folla c’è lui. L'ha riconosce, la ferma per un istante, le dice: "Sei sicura di esserti affrancata dal potere maschile?". E lei: ‘Certo che sì!’ e se ne va, impettita, piccata. "Come ti permetti, cinematografaro maschilista che non sei altro?". Ma il cuore, scrive, le batte come un tamburo di guerra. E saranno quarant’anni di battaglie, di sfide. Lei gettata in un mondo di "vecchioni" famosi, sceneggiatori, attori, registi, scrittori: Alberto Moravia, Laura Betti, Marcello Mastroianni, Suso Cecchi d’Amico, Vincenzo Cerami, Age e Scarpelli, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Ettore Scola, Gillo Pontecorvo, Dino Risi: come si fa, a vent’anni, a tener testa a tutta questa gente? Come si fa a finire in un taxi lanciato a centocinquanta all’ora nelle strade di Parigi, per sfuggire ai paparazzi, stretta in mezzo a Catherine Deneuve e ad Aurore Clément, due delle attrici più belle di Francia, e tu hai una delle due scarpe che è rotta? Eppure Chiara Rapaccini non cede. Anche se qualche volta non vorrebbe andare a quelle cene e lui le dice "Ora basta capricci, marsch!" e lei trotterella tetra dietro al Mario-generale. Anche se una sera pensa di fargli una sorpresa e gli prepara la pappa al pomodoro, le ricette della nonna, apparecchia il tavolo con i fiori. E lui d’improvviso le dice: "Ehi, Chiara, scusami se te lo dico… Ma tu ai fornelli col grembiule, tipo Doris Day, mi deprimi. Che ne dici se ce ne andiamo da Settimio?". La padella nuova e pesante tra le mani le è parsa per un attimo la soluzione a tutti i mali, scrive lei. "Mi sono accoppiata con un mostro, ho pensato scendendo le scale", dice. chiara-rapaccini-monicelli

"Se volevo salvarmi dovevo stare lontana dal suo mondo"

Però, poi, gli tiene testa sempre. E sceglie di non fare parte del mondo del cinema. "Chiunque, al mio posto, avrebbe voluto fare l’attrice, o almeno la costumista, la scenografa: io avevo capito che, se volevo salvarmi, dovevo stare lontana dal suo mondo. Come Ulisse, mi sono fatta legare all’albero per non sentire il richiamo delle sirene". E c’è riuscita. Ha proseguito una carriera da illustratrice di libri per bambini, di scrittrice, ha aperto a Roma il suo atelier, nel quale Monicelli mette piede solo all’inaugurazione. "Ma perché ce l’ho invitato? Perché non riesco a credere in me fino in fondo? A espormi nuda e cruda con l’unica cosa che so fare bene, l’arte?" si chiede. Trema, mentre sorride agli invitati sta tremando. "Mi pare che anche i miei quadri abbiano perso luce, si siano ritirati con la coda fra le gambe in fondo allo studio". Ma invece è stata coraggiosa, ha vinto la sua battaglia. Ha aperto uno studio tutto suo. Come questo libro che racconta – anche – di Monicelli, ma che conserva intatta, e forte, la voce di Rapaccini. Della ragazza che sfilava alla manifestazione e gridava "Io sono mia". Questo libro, che le è costato due anni e mezzo per scriverlo. E quarant’anni per viverlo.