Giuseppe Fiorello: "Vorrei che nessuno pagasse più per chi sceglie di amare"

L'attore ha indossato per la prima volta i panni di regista con "Stranizza d'amuri" e racconta quanto ancora ci sia da fare perché i diritti di tutt* siano riconosciuti

di GIOVANNI BOGANI -
8 luglio 2023
Giuseppe Fiorello, mio Stranizza d'amuri è inno alla vita

Giuseppe Fiorello, mio Stranizza d'amuri è inno alla vita

"C’è ancora molta strada da fare, sul piano dei diritti, ma soprattutto sul piano della cultura, per far sì che ognuno possa amare chi vuole, così come è nel suo diritto". Alla vigilia del Toscana Pride a Firenze (oggi alle 17.30 la partenza del corteo), al Chiardiluna, la più antica arena estiva d'Italia, Giuseppe Fiorello presenta il suo film Stranizza d’amuri.

Stranizza d'amuri: l'esordio vincente di Beppe Fiorello alla regia

Il suo primo film da regista: nel quale racconta l’amore fra due ragazzi. Un amore che finì tragicamente, nel 1980: i due ragazzi furono uccisi, e ancora per quel delitto non c’è un colpevole. Nel film, i due adolescenti sono interpretati da Gabriele Pizzurro e da Samuele Segreto, entrambi bravissimi.
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L'attore Giuseppe Fiorello insieme a Vladimir Luxuria, alla presentazione anteprima nazionale del suo primo film come regista dal titolo Stranizza d'Amuri nell'ambito 38/a edizione "Lovers Film Festival", a Torino, lo scorso 18 marzo 2023 (ANSA)

Giuseppe Fiorello ha vinto, per questo film, il Nastro d’argento per il miglior esordio e il Globo d’oro come miglior opera prima. Stranizza d’amuri è stato presentato pochi giorni fa al festival Open Roads a New York, ed ha trovato un distributore per gli Stati Uniti, dove uscirà in autunno. Mentre in Italia le proiezioni, anche in questi giorni nelle arene estive, registrano tutte sold out. Che cosa resta da fare, Giuseppe Fiorello, perché ciascuno abbia il diritto alla sua felicità? "C’è ancora molto da fare per assicurare il diritto alla felicità di ciascuno. La politica deve fare la sua parte: e trovo illogico che il diritto di tutti ad amarsi debba essere la battaglia di una parte politica solamente. Dovrebbe essere una battaglia di tutti. E poi, credo che sarebbe importantissimo che dentro le famiglie iniziasse l’accettazione di ogni tipo di amore. Bisognerebbe che in famiglia si ascoltasse di più. Che si riuscisse ad amare i propri figli in modo più generoso".

Il delitto di Giarre

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Il film è ispirato al duplice omicidio commesso il 31 ottobre 1980 a Giarre (Catania), quando Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola scomparsi da due settimane, furono trovati morti, mano nella mano, uccisi da un colpo di pistola alla testa (ANSA)

"Quando ero ragazzo, sentivo parlare di questo delitto, sentivo parlare di quei due ragazzi che avevano incontrato un destino tragico. Ogni tanto il 'delitto di Giarre' tornava nei discorsi. Un giorno, nel 2006, mi sono imbattuto in una pagina di giornale che parlava, con precisione, di quella vicenda. E da allora ho deciso che avrei voluto farci un film. Un film da regista. Volevo raccontare quella storia. Non volevo inserirmi come attore, per non far pesare il mio volto. Volevo dare luce alla storia, e solo a quella". Fiorello racconta una società – siamo nella Sicilia degli anni ’80 – che non accoglie e non empatizza verso orientamenti sessuali "diversi". Racconta il rigido patriarcato siciliano degli anni ’80: gli uomini cacciano, tirano col fucile, all’occorrenza "danno una lezione" al ragazzo che è "puppu", che vorrebbe dire "polipo", ma che è un modo dispregiativo per indicare gli omosessuali. Le donne stanno in cucina, o amano furtivamente, per il tempo di un ballo, quel figlio "diverso", senza avere il coraggio di difenderlo fino in fondo.
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Un'altra foto di scena tratta dal film, ambientato nella Sicilia degli anni Ottanta, tra omofobia e pregiudizi

Fiorello, come attore ha lavorato con molti registi, da Verdone a Tornatore. Chi aveva in mente, dirigendo per la prima volta un suo film? "Se c’è un regista che avevo in mente, anche se non oso minimamente paragonarmi a lui, è il Pier Paolo Pasolini di ‘Mamma Roma’. Il modo che aveva di inquadrare, di filmare l’adolescenza, la gioia, la rabbia, la santità e l’innocenza degli adolescenti. Mille cose mi venivano in mente, quando giravo e prima ancora, quando pensavo il film". È difficile lavorare dall’altra parte della cinepresa? "Ho capito quello che diceva Truffaut: 'il regista è colui al quale tutti fanno domande. E lui deve rispondere, anche quando la risposta non la sa'. Ogni giorno era un insieme infinito di decisioni da prendere, dal taglio di capelli del ragazzo a un oggetto di scena. Poi mettiamoci un uragano che si è scatenato proprio sopra il nostro set, per settimane: se ne andava via a Malta e l’indomani ritornava, costringendoci a cambiare, a non girare in esterni ma interni, o a trovare mille trucchi per simulare il sole anche mentre in effetti c’era la tempesta perfetta. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta".
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Stranizza d'amuri ha vinto il Nastro d'Argento per il miglior esordio e il Globo d’oro come miglior opera prima

Per lei Stranizza d’amuri che cosa è? "È un film che racconta quelle due parole, ‘stranizza’ e ‘amuri’. Ma dove la seconda parola è molto più importante della prima. Nel film, Fabrizia Sacchi – che interpreta la madre di uno dei ragazzi – gli dice: 'Queste sono stranezze che non devono capitare'. Ecco, vorrei che prima o poi si arrivasse ad una società in cui non esistono 'stranezze che non devono capitare'. E in cui nessuno deve pagare con la vita, o anche solo con l’umiliazione, con l’emarginazione, il suo modo di amare".