Maggiorate, non solo oggetto dei desideri: “Erano donne di potere, dive made in Italy”

Il libro di Federico Vitella propone una nuova interpretazione di un fenomeno che ha segnato il cinema italiano degli anni '50, e non solo. L’autore rilegge con una nuova sensibilità le ‘signorine grandi curve’, dalla Lollo alla Mangano

di GIOVANNI BOGANI -
14 giugno 2024
maggiorate  - 1

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Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Silvana Pampanini, Silvana Mangano. I quattro punti cardinali di un paesaggio, quello in cui si perdeva lo sguardo dello spettatore di cinema in Italia, negli anni Cinquanta. Le cosiddette “maggiorate”: signorine Grandi forme, dive made in Italy, star di un erotismo tutto pummarola e basilico, e un po’ di riso amaro.

Prima oggetti del desiderio, ora protagoniste

Le maggiorate. Il sogno degli italiani, il sogno erotico di un pubblico che non conosceva, né poteva anche solo immaginare, l’enorme scorrere carsico del porno ai nostri giorni. Si affacciavano dai manifesti lungo le strade e davano vita a film di cui erano regine assolute. Il pubblico, soprattutto maschile, a guardarle e adorarle. A desiderarle.

Silvana Mangano
Silvana Mangano

Ma le maggiorate erano anche qualche cosa di più, qualche cosa di diverso. Erano donne capaci di imporsi, come soggetti e non come oggetti, nel cinema italiano. Donne che avevano un potere, e lo esercitavano. Donne che sceglievano i propri uomini, e che non si facevano mettere i piedi in testa da loro. Donne che hanno saputo portare l’immagine di un’Italia nuova nel mondo. Dopo lo sfacelo del fascismo, dopo che per anni l’immagine dell’Italia all’estero era stata quella della Mascella, dell’uomo forte, loro hanno portato un’altra Italia nel mondo. Un’Italia da amare. Di questo, e di molto altro, parla il libro di Federico Vitella “Maggiorate. Divismo e celebrità nella nuova Italia”, uscito per Marsilio e presentato ieri, a Firenze, a La città dei Lettori. Ne parliamo con l’autore, 47 anni, docente all’università di Messina. Prima di tutto: chi sono le “maggiorate” di cui il volume si occupa? Come nasce il termine? “Il termine viene usato nel film ‘Altri tempi’, diretto da Alessandro Blasetti nel 1952. Viene usato per Gina Lollobrigida. E da Gina Lollobrigida, nel discorso giornalistico come nella riflessione storiografica, finì per designare un gruppo di attrici di successo, accomunate dalla forte carica sessuale”.

Gina Lollobrigida
Gina Lollobrigida

Come cambia l’Italia, con loro? “Prima, l’Italia aveva il volto machista di Mussolini. Voleva incutere paura. Poi, arrivano le nostre. Sono l’Italia che si rifà la faccia. L’Italia negli anni Cinquanta viene riammessa gradualmente nel consesso internazionale. E il volto con cui si affaccia al mondo è il volto di queste attrici. Per questo, propongo di chiamare il cinema degli anni ’50 il cinema delle maggiorate”. Su quali attrici si focalizza? “Su quattro: Loren, Lollobrigida, Mangano e Pampanini. Perché sono state davvero le più celebri, per un lungo periodo. Erano contese dai produttori, e con i loro film riempivano le sale di ogni tipo, scatenavano episodi di delirio collettivo, facevano notizia sui quotidiani e sulle riviste. Venivano anche scelte per rappresentare l’Italia, visitando le autorità di mezzo mondo. Erano famose, erano celebrità, erano dive. La loro importanza andava oltre i film che interpretavano, oltre il cinema stesso. Arrivavano a incarnare il modo di essere della nuova Italia repubblicana”. Che cosa rappresentavano? “Rappresentavano donne che lavoravano, che vivevano del loro lavoro, in un’Italia in cui il lavoro femminile non era ancora un dato acquisito. Donne che sceglievano gli uomini da amare, in un’Italia in cui ancora non sempre la donna poteva sposare chi voleva”.

Silvana Pampanini
Silvana Pampanini

Lei vede le maggiorate come protagoniste, donne libere, non donne oggetto. In chiave quasi femminista. “Le vedo così perché lo erano: erano protagoniste della loro vita. All’interno di un’industria patriarcale, come quella del cinema, erano loro ad avere in pugno i produttori. Guadagnavano fino al 40 per cento del costo totale di un film, perché da loro dipendeva il successo o l’insuccesso di una pellicola. Potevano scegliere i soggetti da interpretare, e non – come negli Stati Uniti – essere semplici ‘dipendenti’ degli Studios, costrette a obbedire”. Erano consapevoli del loro potere. “Certamente. Sapevano quanto un primo piano potesse essere esplosivo, determinante. Silvana Pampanini li faceva riare, fino a quando non erano, diceva, ‘una cannonata’. Mi è venuta in mente la forza rivoluzionaria del ‘cinepugno’ di Ejzensteijn”. Delle quattro, la più appartata, la più riservata sembra Silvana Mangano. “Lo è. È l’unica diva che non si riconosce nell’immagine che era stata costruita su di lei: appena fatto ‘Riso amaro’, ne prende le distanze. Sembra impegnata a lottare contro i film in cui recita”.

Sophia Loren
Sophia Loren

Qual è il loro rapporto con le dive che le hanno precedute, come Anna Magnani o Clara Calamai, e con quelle che le hanno seguite? “Senza la naturalezza, la verità di Anna Magnani e senza l’erotismo drammatico di Clara Calamai non sarebbero potute esistere. Ma loro, un decennio dopo, hanno portato una freschezza nuova. E anche una erotizzazione del corpo femminile molto consapevole. Le maggiorate inaugurano la sessualizzazione della società italiana: la trascinano dalle macerie della ricostruzione, dai temi tragici del Neorealismo – basti pensare a ‘Umberto D.’, il pensionato che non riesce più a farcela, e medita il suicidio – verso una nuova rinascita, verso gli anni della leggerezza, quelli che fra poco saranno gli anni del boom economico”.