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Home » Spettacolo » Maria Grazia Cucinotta, oltre la bellezza: “Provarono a violentarmi ma nessuno mi ha creduta”

Maria Grazia Cucinotta, oltre la bellezza: “Provarono a violentarmi ma nessuno mi ha creduta”

L'attrice e imprenditrice cinematografica, ex modella, racconta un passato da "brutto anatroccolo" nella Sicilia degli anni '80: "Mi ha insegnato a non fidarmi mai di nessuno. Non ho mai permesso che mi mancassero di rispetto". Una mentalità che applica anche oggi nella lotta contro la violenza di genere

Giovanni Bogani
6 Gennaio 2022
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È combattiva, Maria Grazia. Lo è sempre stata. Fin da quando se n’è andata dalla sua Sicilia, a conquistarsi un futuro da modella, a Milano. E poi da attrice. E poi da produttrice, da imprenditrice del cinema. Finendo a concludere accordi con la Cina, il più grande colosso cinematografico del mondo. Non è solo la ragazza bella e dolcissima di cui s’innamora Massimo Troisi nel “Postino“, il suo film più straziante, l’ultimo per il genio napoletano con i riccioli, con la sua voce morbida e piena di esitazioni. Il primo importante per lei, la ragazza mediterranea che nel viso aveva tutta la tenerezza del mondo.

Maria Grazia Cucinotta poi avrebbe interpretato molti altri film, fino ad approdare al cinema hollywoodiano, diventando una delle rare “Bond girl” italiane. A lei si è ispirato persino un personaggio dei Simpson. Ma, per lei, i capolavori della sua vita sono due: sua figlia Giulia, ed essere riuscita sempre a farcela da sola. Con caparbietà, con ostinazione. Racconta di quando era un brutto anatroccolo. Svela la sua timidezza. E racconta di quando ha dovuto raccogliere tutte le forze, per non finire vittima della violenza.

Maria Grazia Cucinotta
Maria Grazia Cucinotta giovanissima, agli esordi della carriera

 

Maria Grazia, da ragazzina sentiva di possedere i ‘superpoteri’ della bellezza?
“Ma al contrario! Io ero il brutto anatroccolo! A tredici anni ero magra, alta, con gli occhiali e con un seno imponente: avevo tre milioni di complessi, ero timidissima, tutte le mie compagne erano più sicure di sé. Mi sentivo inadeguata, fragile. Ero solo una ragazzina con tanti sogni in un piccolo centro come Messina, negli anni ‘80”.

Come era vivere, difendersi, farsi rispettare nella Sicilia degli anni ’80?
“Io ho sempre avuto l’istinto di un animale. Sono cresciuta in un quartiere difficile, che mi ha insegnato a non fidarmi mai di nessuno. Ero timida, sì: ma non ho mai permesso che mi mancassero di rispetto”.

Poi la bellezza è apparsa, però. Che cosa ha rappresentato per lei?
“Non lo nego: è stata una chiave di ingresso nel mondo di cui volevo far parte. Ho iniziato con i concorsi di bellezza, con in testa ben chiaro che volevo fare l’attrice. La bellezza? In Italia, ancora oggi, è un’arma a favore e allo stesso tempo a sfavore”.

In quale senso?
“È un deterrente della credibilità. Ci metti molta più fatica, molto più tempo per dimostrare che sei capace. ‘Bella’ sembra voler dire automaticamente meno brava, meno capace. Negli Stati Uniti non è così, anche grazie al lavoro di attrici bellissime che hanno saputo trasformarsi, interpretare ruoli meravigliosi: penso a Charlize Theron in Monster, solo per fare un esempio”.

È stata testimone, o ha vissuto in prima persona tentativi gravi di molestie?
“Le ho vissute in prima persona. E non molestie, ma un tentativo di violenza. Avevo 22 anni, vivevo a Parigi. Fui aggredita da uno sconosciuto, rientrando a casa. Era pomeriggio. Stavo chiamando l’ascensore nell’androne. Con la coda dell’occhio ho visto entrare dietro di me un signore. Poi mi sono sentita toccare il sedere e non ho fatto in tempo a voltarmi. Mi ha afferrato il collo, ha cominciato a stringere, ha tentato di strapparmi la felpa. Sono riuscita per miracolo a divincolarmi dalla sua stretta al collo, e per la prima volta sono corsa alla polizia a denunciare qualcuno”.

Oltre all’impegno con il cinema Cucinotta porta avanti una propria battaglia sociale contro la violenza di genere

Come andò?
“La polizia francese cadde in pieno nel più trito dei luoghi comuni. Il poliziotto mi faceva domande come ‘Perché si è trasferita a Parigi’, ‘Perché ha lasciato l’Italia’, chi mi pagava l’affitto: indagava su di me, non sul mio aggressore. E poi la domanda classica: ‘Cosa indossava lei?’. Esasperata, con i segni della colluttazione dappertutto, gli ho detto: ‘Non mi crede?’. E lui: ‘Bon, sei mediterranea, lo hai sicuramente provocato’. La frase mi si è stampata dentro. Non so se fosse peggio essere strangolata o non essere creduta”.

Anche da questa esperienza è nato il suo desiderio di tutelare donne che subiscono violenze, con l’associazione Vite senza paura?
“Esattamente. In collaborazione con l’associazione Artemisia di Maria Stella Giorlandino, che offre un call center gratuito 24 ore su 24, diamo assistenza alle donne che hanno il coraggio di denunciare abusi. Con il magistrato Solveig Cogliani abbiamo creato Vite senza paura, una onlus che vuole proteggere le donne dalle violenze visibili e anche da quelle invisibili. Perché le violenze peggiori sono quelle che non lasciano segni, le minacce continue. Minacce che vengono sistematicamente sottovalutate da chi dovrebbe tutelare le donne”.

Le associazioni e le campagne contro la violenza sulle donne si sono moltiplicate. Che cosa è che non cambia?
“Le campagne di comunicazione servono per far capire che è importante denunciare. Ma la differenza vera la fanno le leggi e il modo in cui sono applicate”.

È cambiato l’atteggiamento degli uomini, negli ultimi anni?
“Secondo me no. Gli atteggiamenti si cambiano anche cambiando le leggi. In America le leggi contro lo stalking sono molto pesanti. Uno che stalkerizza una donna viene subito messo in condizione di non farlo. In Italia è molto difficile che i persecutori finiscano davvero in prigione: se stanno per strada, la prima cosa che fanno è vendicarsi contro chi li ha denunciati. La denuncia può rivelarsi un boomerang”.

La Cucinotta con il magistrato Solveig Cogliani attiva nella lotta contro violenza sulle donne

Lei ha fondato una sua casa di produzione, è andata a trattare con produttori cinesi, ha concluso accordi importanti. Direbbe che la situazione per la donna, nel mondo del lavoro, è cambiata da qualche anno fa?
“C’è ancora molta, moltissima diffidenza. Ci sono alcune donne che hanno conquistato ruoli decisivi, nella politica e nell’imprenditoria, ma sono ancora troppo poche. Non sono neppure a favore delle ‘quote’ rosa o di un numero minimo di donne per ogni programma televisivo: si deve guardare al merito, senza badare ad altro”.

Si parla molto di inclusività. È cambiata la mentalità, rispetto al passato? Siamo davvero disposti a non discriminare, a non fare differenze di genere, di orientamento sessuale, di religione, di abilità o disabilità?
“Io credo nelle nuove generazioni. Vedo mia figlia Giulia, che ha 19 anni e lotta da sempre contro tutti i pregiudizi. Cambiare la mentalità in un Paese significa cominciare dalle scuole. Dire ai nostri ragazzi che siamo delle vite ricoperte da dei corpi; che non ha importanza di che colore sia la pelle, di quale lingua parliamo. Bisogna che anche i media siano più attenti a non seminare odio, a proporre coesione e non divisione, chiarezza e non confusione”.

Nel mondo dello spettacolo, chi sono le persone con cui sente un debito di riconoscenza?
“Renzo Arbore e Massimo Troisi, senza dubbio. Renzo Arbore ha creduto in me, chiamandomi a Indietro tutta!. Massimo mi ha scoperta come attrice, mi ha dato l’occasione di essere quel che sono, di farmi conoscere in tutto il mondo. E mi ha regalato il consiglio più prezioso: ‘Sii vera. Se reciti, si vede’. Mi ha insegnato la lezione della verità, della semplicità. E lui, Massimo, era il più vero di tutti, sul set e fuori dal set”.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

#lucenews #isaacortman #minnesota #boyscout
È combattiva, Maria Grazia. Lo è sempre stata. Fin da quando se n’è andata dalla sua Sicilia, a conquistarsi un futuro da modella, a Milano. E poi da attrice. E poi da produttrice, da imprenditrice del cinema. Finendo a concludere accordi con la Cina, il più grande colosso cinematografico del mondo. Non è solo la ragazza bella e dolcissima di cui s’innamora Massimo Troisi nel "Postino", il suo film più straziante, l’ultimo per il genio napoletano con i riccioli, con la sua voce morbida e piena di esitazioni. Il primo importante per lei, la ragazza mediterranea che nel viso aveva tutta la tenerezza del mondo. Maria Grazia Cucinotta poi avrebbe interpretato molti altri film, fino ad approdare al cinema hollywoodiano, diventando una delle rare "Bond girl" italiane. A lei si è ispirato persino un personaggio dei Simpson. Ma, per lei, i capolavori della sua vita sono due: sua figlia Giulia, ed essere riuscita sempre a farcela da sola. Con caparbietà, con ostinazione. Racconta di quando era un brutto anatroccolo. Svela la sua timidezza. E racconta di quando ha dovuto raccogliere tutte le forze, per non finire vittima della violenza.
Maria Grazia Cucinotta
Maria Grazia Cucinotta giovanissima, agli esordi della carriera
  Maria Grazia, da ragazzina sentiva di possedere i 'superpoteri' della bellezza? "Ma al contrario! Io ero il brutto anatroccolo! A tredici anni ero magra, alta, con gli occhiali e con un seno imponente: avevo tre milioni di complessi, ero timidissima, tutte le mie compagne erano più sicure di sé. Mi sentivo inadeguata, fragile. Ero solo una ragazzina con tanti sogni in un piccolo centro come Messina, negli anni ‘80". Come era vivere, difendersi, farsi rispettare nella Sicilia degli anni ’80? "Io ho sempre avuto l’istinto di un animale. Sono cresciuta in un quartiere difficile, che mi ha insegnato a non fidarmi mai di nessuno. Ero timida, sì: ma non ho mai permesso che mi mancassero di rispetto". Poi la bellezza è apparsa, però. Che cosa ha rappresentato per lei? "Non lo nego: è stata una chiave di ingresso nel mondo di cui volevo far parte. Ho iniziato con i concorsi di bellezza, con in testa ben chiaro che volevo fare l’attrice. La bellezza? In Italia, ancora oggi, è un’arma a favore e allo stesso tempo a sfavore". In quale senso? "È un deterrente della credibilità. Ci metti molta più fatica, molto più tempo per dimostrare che sei capace. ‘Bella’ sembra voler dire automaticamente meno brava, meno capace. Negli Stati Uniti non è così, anche grazie al lavoro di attrici bellissime che hanno saputo trasformarsi, interpretare ruoli meravigliosi: penso a Charlize Theron in Monster, solo per fare un esempio". È stata testimone, o ha vissuto in prima persona tentativi gravi di molestie? "Le ho vissute in prima persona. E non molestie, ma un tentativo di violenza. Avevo 22 anni, vivevo a Parigi. Fui aggredita da uno sconosciuto, rientrando a casa. Era pomeriggio. Stavo chiamando l’ascensore nell’androne. Con la coda dell’occhio ho visto entrare dietro di me un signore. Poi mi sono sentita toccare il sedere e non ho fatto in tempo a voltarmi. Mi ha afferrato il collo, ha cominciato a stringere, ha tentato di strapparmi la felpa. Sono riuscita per miracolo a divincolarmi dalla sua stretta al collo, e per la prima volta sono corsa alla polizia a denunciare qualcuno".
Oltre all'impegno con il cinema Cucinotta porta avanti una propria battaglia sociale contro la violenza di genere
Come andò? "La polizia francese cadde in pieno nel più trito dei luoghi comuni. Il poliziotto mi faceva domande come 'Perché si è trasferita a Parigi', 'Perché ha lasciato l’Italia', chi mi pagava l’affitto: indagava su di me, non sul mio aggressore. E poi la domanda classica: 'Cosa indossava lei?'. Esasperata, con i segni della colluttazione dappertutto, gli ho detto: 'Non mi crede?'. E lui: 'Bon, sei mediterranea, lo hai sicuramente provocato'. La frase mi si è stampata dentro. Non so se fosse peggio essere strangolata o non essere creduta". Anche da questa esperienza è nato il suo desiderio di tutelare donne che subiscono violenze, con l’associazione Vite senza paura? "Esattamente. In collaborazione con l’associazione Artemisia di Maria Stella Giorlandino, che offre un call center gratuito 24 ore su 24, diamo assistenza alle donne che hanno il coraggio di denunciare abusi. Con il magistrato Solveig Cogliani abbiamo creato Vite senza paura, una onlus che vuole proteggere le donne dalle violenze visibili e anche da quelle invisibili. Perché le violenze peggiori sono quelle che non lasciano segni, le minacce continue. Minacce che vengono sistematicamente sottovalutate da chi dovrebbe tutelare le donne". Le associazioni e le campagne contro la violenza sulle donne si sono moltiplicate. Che cosa è che non cambia? "Le campagne di comunicazione servono per far capire che è importante denunciare. Ma la differenza vera la fanno le leggi e il modo in cui sono applicate". È cambiato l’atteggiamento degli uomini, negli ultimi anni? "Secondo me no. Gli atteggiamenti si cambiano anche cambiando le leggi. In America le leggi contro lo stalking sono molto pesanti. Uno che stalkerizza una donna viene subito messo in condizione di non farlo. In Italia è molto difficile che i persecutori finiscano davvero in prigione: se stanno per strada, la prima cosa che fanno è vendicarsi contro chi li ha denunciati. La denuncia può rivelarsi un boomerang".
La Cucinotta con il magistrato Solveig Cogliani attiva nella lotta contro violenza sulle donne
Lei ha fondato una sua casa di produzione, è andata a trattare con produttori cinesi, ha concluso accordi importanti. Direbbe che la situazione per la donna, nel mondo del lavoro, è cambiata da qualche anno fa? "C’è ancora molta, moltissima diffidenza. Ci sono alcune donne che hanno conquistato ruoli decisivi, nella politica e nell’imprenditoria, ma sono ancora troppo poche. Non sono neppure a favore delle ‘quote’ rosa o di un numero minimo di donne per ogni programma televisivo: si deve guardare al merito, senza badare ad altro". Si parla molto di inclusività. È cambiata la mentalità, rispetto al passato? Siamo davvero disposti a non discriminare, a non fare differenze di genere, di orientamento sessuale, di religione, di abilità o disabilità? "Io credo nelle nuove generazioni. Vedo mia figlia Giulia, che ha 19 anni e lotta da sempre contro tutti i pregiudizi. Cambiare la mentalità in un Paese significa cominciare dalle scuole. Dire ai nostri ragazzi che siamo delle vite ricoperte da dei corpi; che non ha importanza di che colore sia la pelle, di quale lingua parliamo. Bisogna che anche i media siano più attenti a non seminare odio, a proporre coesione e non divisione, chiarezza e non confusione". Nel mondo dello spettacolo, chi sono le persone con cui sente un debito di riconoscenza? "Renzo Arbore e Massimo Troisi, senza dubbio. Renzo Arbore ha creduto in me, chiamandomi a Indietro tutta!. Massimo mi ha scoperta come attrice, mi ha dato l’occasione di essere quel che sono, di farmi conoscere in tutto il mondo. E mi ha regalato il consiglio più prezioso: ‘Sii vera. Se reciti, si vede’. Mi ha insegnato la lezione della verità, della semplicità. E lui, Massimo, era il più vero di tutti, sul set e fuori dal set".
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