“La mia situazione non è assolutamente piacevole. La gente non lo sa ancora, perché non voglio scioccarla, come è feroce, come è violento quello che mi capita, come è a tutto campo l’attacco del sistema nei miei confronti. Quello che cerco di fare è mantenermi ben saldo seguendo principi etici, morali, artistici perché credo nel valore della coscienza, della comunicazione".
Reduce da un bel concerto in Toscana, Marco Castoldi in arte Morgan si racconta e sprona la gente, il suo pubblico, ma non solo, a riprendersi la vita, a ragionare fuori dagli schemi del conformismo. “Le persone devono trovare la forza di essere libere dalla schiavitù che è loro imposta da questo regime assurdo tecnocratico e denaro centrico, dove si è persa in gran parte la dimensione dell’umanità. Io ho dei riferimenti culturali. Da un punto di vista filosofico vengo da Chomsky, dal suo pensiero assolutamente combattivo, libertario. Musicalmente appartengo a una scuola di cantautorato che viene da De André e Battiato. Ho frequentato molto Mauro Pagani e il mio primo libro A parte Morgan lo pubblicai per una casa editrice anarchica l’Eutra. Il mio è un pessimismo attivo, una rivoluzione pacifica che si basa sull’intelligenza, sul dialogo e sul verbo. All’interno di questa idea l’arte è il veicolo principale attraverso cui far passare messaggi".
Lo è anche la canzone? “È un contenitore potentissimo in cui si possono mettere dentro idee molto forti. Credo che il cantautore sia il ruolo più bello che possa esserci. Io sono grato a Dio per questo privilegio, per questa fortuna che cerco di onorare lavorando, impegnandomi, studiando con serietà e rispetto per il lavoro altrui. Il cantautore è un equilibrista fra il poeta, il comunicatore, e il musicista: è un lavoro complesso fra testo e musica che tanti miei colleghi non sfruttano completamente perché sono attratti dal denaro". Morgan, Che effetto le fa essere uno dei rari miti del rock che ci sono rimasti? “I miti sono personaggi della letteratura, della mitologia, sono esseri fittizi, inventati dall’uomo. I miti sono gli eroi della fantasia, mentre io sono reale. Purtroppo essere audaci e libertari, lottare per affermare le proprie idee non paga. Ma, farlo con un alto senso della collettività è per me assolutamente irrinunciabile: è l’idea di un’evoluzione sociale che tende a liberare i singoli individui dalla coercizione che il sistema opera sulla società".
Attraverso i media? “Soprattutto attraverso il sistema individuabile sui social network e sul sistema di controllo che è diventato la rete. Quando nacque Internet aveva prospettive completamente diverse, come la libera comunicazione, il miglioramento, l’evoluzione, Doveva andare nella stessa direzione della libertà e invece è andata totalmente contro l’individuo". L’arte ci può salvare? “L’artista è una figura di riferimento, perché rappresenta il mondo, lo descrive, lo racconta. Ha grandi chance, ma anche responsabilità, deve vivere con slancio il suo lavoro. Anche quando rappresenta il sogno, l’utopia, l’importante è che esprima tensione verso gli ideali di giustizia, di liberazione". Anche quando si parla di rock?
“Nell’ambito del lavoro artistico c’è la costruzione dei personaggi, che, nel caso del rock and roll sono a immagine e somiglianza dell’artista stesso, Il musicista rock nel suo comportamento, nella sua idea, nel suo pensiero, esprime la sua lotta, la sua trasgressione. Non c’è nessuna violenza e nessun oltraggio in questo. Non è offesa, ma un segno di civiltà perché nella trasgressione c’è la provocazione. Che è quanto di più nobile ci abbia insegnato il messaggio cristiano e Cristo stesso. Provocazione è avere il coraggio di dire le cose che non sono scontate, che rivoluzionano il comune pensare. il ribaltamento delle regole o delle abitudini".