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Home » Spettacolo » “Racconto persone e gruppi ignorati. Come il genitore che si scopre gay, protagonista della fiction in prima serata su Raiuno”

“Racconto persone e gruppi ignorati. Come il genitore che si scopre gay, protagonista della fiction in prima serata su Raiuno”

Scrittore, sceneggiatore, regista, autore di canzoni. "Il genere con cui mi esprimo m'interessa relativamente. Importante è porre al centro le figure dimenticate, dalla società e dall'arte". Di recente è entrato a far parte del comitato scientifico di Luce!: "L'inclusione è un tema di cui parlo ai ragazzi delle scuole. Affrontarlo assieme a voi sarà una gioia"

Giancarlo Ricci
8 Giugno 2021
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Ivan Cotroneo è una persona in continuo movimento. E’ sempre preso tra le sue mille attività (è scrittore, sceneggiatore, regista e traduttore) e molto spesso è in viaggio per sopralluoghi per il suo prossimo progetto o per partecipare a qualche cerimonia o iniziativa. Riusciamo a beccarlo proprio mentre si sta spostando in auto, da qualche parte nella nostra bella Italia.

Ivan, sei uno dei membri del comitato scientifico di Luce!, che cosa hai trovato nel nostro progetto che ti è piaciuto particolarmente?
“Beh, intanto il tema dell’inclusione mi riguarda da molto vicino, è un tema su cui io ho scritto, su cui ho fatto film, per il quale sono andato nelle scuole a parlare con i ragazzi perché le conseguenze della mancata inclusione, della mancata apertura della società sono lesive, e lo sono per tutti. Ho partecipato quindi un po’ per gioia e un po’ per stanchezza. Per stanchezza perché quando senti parlare del Ddl Zan come legge divisiva quando invece si parla di una legge che riguarda i diritti per tutti, un po’ ti arrabbi e pensi che quello che facciamo non è mai abbastanza. E quindi essere parte di questo vostro progetto per me è un altro modo di aggiungere il mio pensiero a quello che già normalmente faccio con le storie che scrivo, i film che dirigo, le sceneggiature che faccio”.

Ivan Cotroneo

Da attento osservatore del mondo che ci circonda, in termini di diversità ed inclusione, hai visto cambiare qualcosa negli ultimi anni, oppure no?
“Beh chi fa un mestiere come il mio, cioè chi racconta storie, lo fa nella convinzione che quello che scrive e i personaggi che inventa possano cambiare la realtà, ed avere un effetto positivo sulle persone. Io spesso ho messo nei miei libri ed ho portato al cinema e in televisione personaggi ‘diversi’ che normalmente non si vedono. Capire se aver raccontato queste storie ha avuto qualche effetto è difficile da dire, perché non esiste una controprova effettiva che ti aiuta a capirlo; non possiamo sapere come sarebbe il mondo se non avessimo portato in prima serata su Rai Uno un genitore che ha capito di essere gay. Ma noi continuiamo e continueremo a lavorare nella convinzione che queste storie possano far riflettere e ci possano aiutare a cambiare ed a farlo in meglio. Purtroppo, se facciamo i conti con la società vediamo che c’è ancora molto da fare. Siamo in un momento di cambiamento e come sempre accade in queste situazioni da un lato si vedono dei segnali positivi, per esempio nelle nuove generazioni, dall’altra parte proprio perché questo cambiamento si avverte, chi osteggia questo nuovo modo di pensare è diventato più rumoroso e a volte anche più violento”.

Dove e come nascono le tue storie?
“Raccontare come nasce un’idea è sempre qualcosa di molto complesso e misterioso. Quello che posso dirti è che io sono incapace di scrivere se non trovo dei ganci che mi riguardano personalmente nei personaggi che invento e descrivo. Diciamo in generale che le mie storie nascono da quello che sono, dal mio modo di vedere il mondo e anche molto dalle persone che incontro nel mio cammino. Molto spesso applico il principio che io chiamo della ‘mancata rappresentazione’; le mie storie nascono cioè a seguito dell’insofferenza che provo nel non vedere sufficientemente rappresentati alcuni personaggi, o una certa categoria sociale o un gruppo specifico di persone. Mi nasce di conseguenza la necessità di colmare questo gap tra il mondo che viviamo quotidianamente e quello che vediamo rappresentato”.

Tu sei scrittore, sceneggiatore, regista, traduttore, autore di canzoni e di varietà. In quale di queste attività ti senti più realizzato?
“Sì, è vero, io faccio differenti cose ma la verità è che sono tutte porzioni di un’unica cosa che faccio che è raccontare storie. Poi che queste storie siano declinate sotto forma di romanzo, fiction tv, film per il cinema o canzone fa poca differenza. Sono tutte cose che si completano l’una con l’altra perché sempre di storie si tratta. A me, infatti, non sembra di fare cose differenti; io ho la netta sensazione e convinzione di fare sempre la stessa cosa espressa però in diversi modi, quindi mi è difficile scegliere quale tra queste mi soddisfa di più. Ognuna ha una sua particolarità e tutte insieme rappresentano il mio modo di raccontare il mondo che mi circonda”.


Qual è la prossima storia che ci racconterai? A cosa stai lavorando?

“Sto completando il montaggio di “14 giorni” che è un film che ho girato a febbraio e che per me ha rappresentato un vero e proprio esperimento perché racconta la storia di due soli personaggi che interagiscono in un unico ambiente. L’ho girato in ordine cronologico, che è una cosa che nel cinema non si fa mai, in 14 giorni esatti. È la storia di Marta e Lorenzo, una coppia che vive appunto gli ultimi 14 giorni della loro relazione, che è costretta a causa di una quarantena cautelativa a passare due settimane nello stesso spazio fisico. In questo periodo di tempo assieme elaborano cosa è successo nei loro quindici anni di matrimonio (litigi, tradimenti, gioie e delusioni) tanto da portarli alla decisione di separarsi. È stato un film molto particolare da girare perché ha praticamente un impianto teatrale ed abbiamo fatto un lavoro molto intenso con gli attori che è una cosa che da regista mi piace moltissimo fare”.

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  • Passa anche da un semplice tasto la possibilità per una donna, vittima di stalking, di salvarsi da chi vuole farle del male. Il tasto di uno smartwatch che, una volta premuto, lancia un’immediata richiesta di aiuto alle forze di polizia. E grazie a questo orologio, Marta (il nome è di fantasia) potrà ora vedere la sua vita cambiata in meglio. La donna aveva smesso di vivere, a causa della relazione asfissiante e malata con il suo ex marito violento che aveva promesso di sfregiarla con l’acido e poi ucciderla e seppelire il suo corpo in un terreno. Ma venerdì scorso a Marta è stato consegnato il primo di 45 smartwatch che saranno distribuiti ad altrettante vittime. L’orologio è collegato con la centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri di Napoli: appena arriva l’Sos, la vittima viene geolocalizzata e arrivano i soccorsi.

E così Marta ha ripreso la sua vita interrotta per paura dell’ex e delle sue minacce. «Posso uscire più serena e tranquilla dopo mesi e mesi trascorsi rintanata in casa. Grazie a questo orologio mi sento protetta. È vero, devo rinunciare alla mia privacy, ma è un prezzo che sono disposta a pagare.»

Lo scorso 30 novembre i carabinieri del Comando provinciale di Napoli, la sezione fasce deboli della Procura partenopea coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, la Fondazione Vodafone Italia e la Soroptimist international club Napoli hanno annunciato l’avvio del progetto pilota "Mobile Angel", che prevede, appunto, la consegna di questo orologio salvavita alle vittime di maltrattamenti. Il progetto è stato esteso anche alle città di Milano e Torino. Lo smartwatch affidato a Marta è il primo nel Sud Italia. Il mobile angel, spiegano i Carabinieri, rientra in un progetto ad ampio respiro che ha come punto focale le vittime di violenza. Un contesto di tutela all’interno del quale è stata istituita anche la "stanza tutta per sé", un ambiente dove chi ha subìto vessazioni può sentirsi a suo agio nel raccontare il proprio vissuto. 

#lucenews #lucelanazione #mobileangel #napoli
  • Se nei giorni scorsi l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, papà single di Alba, bambina affetta da Sindrome di Down, aveva ri-scritto pubblicamente alla premier Giorgia Meloni per avere un confronto sull’idea di famiglia e sul tema delle adozioni, stavolta commenta quanto sta accadendo in Italia in relazione ai diritti dei figli delle famiglie arcobaleno. 

Ricordiamo, infatti, che lo scorso 12 marzo il Governo ha ordinato, in merito ad una richiesta pervenuta al Comune di Milano di una coppia dello stesso sesso, lo stop a procedere alla registrazione del loro figlio appena nato e impedendo, di fatto, la creazione di una famiglia omogenitoriale. Il veto della destra compatta boccia il certificato europeo di filiazione che propone agli Stati membri di garantire ai genitori residenti in Unione Europea il diritto ad essere riconosciuti come madri e padri dei propri figli nello stesso modo in tutti i Paesi Ue.

“In tutta Europa i figli di coppie gay avranno il riconoscimento degli stessi diritti degli altri bambini. In Italia il Senato, trascinato da Fratelli d’Italia, fortemente contrario, ha appena bocciato la proposta – dice Trapanese in un lungo post sulla sua pagina Instagram -. Quindi, i figli delle coppie omosessuali non sono, per il nostro Paese, figli come gli altri. Questo hanno deciso e detto chiaramente”. Così facendo, “resteranno bambini privi di tutele complete, i cui genitori dovranno affrontare battaglie giudiziarie, sfiniti da tempi lunghissimi, solo perché il loro bimbo venga considerato semplicemente un figlio”. 

Trapanese attacca chiaramente questa decisione: “L’Italia è l’unico paese europeo con un governo che lavora per togliere diritti invece che per aggiungerli. Se la prende con bambini che esistono e vivono la loro quotidianità serenamente in famiglie piene d’amore, desiderati sopra ogni cosa, ma considerati in Italia figli di un dio minore”. Per Trapanese “stiamo continuando a parlare di ciò che dovrebbe essere semplicemente attuato. I diritti non si discutono, si riconoscono e basta. Ma come fate a non rendervene conto?”.

#lucenews #diritti #coppieomogenitoriali
  • Il nuovo progetto presentato dal governatore Viktor Laiskodat a Kupang, in Indonesia, prevede l’entrata degli alunni a scuola alle 5.30 del mattino. Secondo l’alto funzionario il provvedimento servirebbe per rafforzare la disciplina dei bambini.

Solitamente nelle scuole del Paese le lezioni iniziavano tra le 7 e le 8 del mattino: anticipando l’orario d’ingresso i bambini sono apparsi esausti quando tornano a casa. La madre di una 16enne, infatti, è molto preoccupata da questa nuova iniziativa: “È estremamente difficile, ora devono uscire di casa mentre è ancora buio pesto. Non posso accettarlo. La loro sicurezza non è garantita quando è ancora notte. Inoltre mia figlia, ogni volta che arriva a casa, è esausta e si addormenta immediatamente.”

Sulla vicenda è intervenuto anche Marsel Robot, esperto di istruzione dell’Università di Nusa Cendana, che ha spiegato come a lungo termine la privazione del sonno potrebbe mettere in pericolo la salute degli studenti e causare un cambiamento nei loro comportamenti: “Non c’è alcuna correlazione con lo sforzo per migliorare la qualità dell’istruzione. Gli studenti dormiranno solo per poche ore e questo è un grave rischio per la loro salute. Inoltre, questo causerà loro stress e sfogheranno la loro tensione in attività magari incontrollabili”. Anche il Ministero per l’emancipazione delle donne e la Commissione indonesiana per la protezione dei minori hanno espresso richieste di revisione della politica. Il cambiamento delle regole di Kupang è stato anche contestato dai legislatori locali, che hanno chiesto al governo di annullare quella che hanno definito una politica infondata.

Tuttavia il governo centrale ha mantenuto il suo esperimento rincarando la dose ed estendendolo anche all’agenzia di istruzione locale, dove anche i dipendenti pubblici ora inizieranno la loro giornata alle 5.30 del mattino.

#lucenews #lucelanazione #indonesia #scuola
  • Quante ore dormi? È difficile addormentarsi? Ti svegli al minimo rumore o al mattino rimandi tutte le sveglie per dormire un po’ di più? Soffri d’insonnia?

Sono circa 13,4 milioni gli italiani che soffrono di insonnia, secondo le ultime rilevazioni di Aims - l

Ivan Cotroneo è una persona in continuo movimento. E’ sempre preso tra le sue mille attività (è scrittore, sceneggiatore, regista e traduttore) e molto spesso è in viaggio per sopralluoghi per il suo prossimo progetto o per partecipare a qualche cerimonia o iniziativa. Riusciamo a beccarlo proprio mentre si sta spostando in auto, da qualche parte nella nostra bella Italia.

Ivan, sei uno dei membri del comitato scientifico di Luce!, che cosa hai trovato nel nostro progetto che ti è piaciuto particolarmente? "Beh, intanto il tema dell’inclusione mi riguarda da molto vicino, è un tema su cui io ho scritto, su cui ho fatto film, per il quale sono andato nelle scuole a parlare con i ragazzi perché le conseguenze della mancata inclusione, della mancata apertura della società sono lesive, e lo sono per tutti. Ho partecipato quindi un po’ per gioia e un po’ per stanchezza. Per stanchezza perché quando senti parlare del Ddl Zan come legge divisiva quando invece si parla di una legge che riguarda i diritti per tutti, un po’ ti arrabbi e pensi che quello che facciamo non è mai abbastanza. E quindi essere parte di questo vostro progetto per me è un altro modo di aggiungere il mio pensiero a quello che già normalmente faccio con le storie che scrivo, i film che dirigo, le sceneggiature che faccio".

Ivan Cotroneo

Da attento osservatore del mondo che ci circonda, in termini di diversità ed inclusione, hai visto cambiare qualcosa negli ultimi anni, oppure no? "Beh chi fa un mestiere come il mio, cioè chi racconta storie, lo fa nella convinzione che quello che scrive e i personaggi che inventa possano cambiare la realtà, ed avere un effetto positivo sulle persone. Io spesso ho messo nei miei libri ed ho portato al cinema e in televisione personaggi 'diversi' che normalmente non si vedono. Capire se aver raccontato queste storie ha avuto qualche effetto è difficile da dire, perché non esiste una controprova effettiva che ti aiuta a capirlo; non possiamo sapere come sarebbe il mondo se non avessimo portato in prima serata su Rai Uno un genitore che ha capito di essere gay. Ma noi continuiamo e continueremo a lavorare nella convinzione che queste storie possano far riflettere e ci possano aiutare a cambiare ed a farlo in meglio. Purtroppo, se facciamo i conti con la società vediamo che c’è ancora molto da fare. Siamo in un momento di cambiamento e come sempre accade in queste situazioni da un lato si vedono dei segnali positivi, per esempio nelle nuove generazioni, dall’altra parte proprio perché questo cambiamento si avverte, chi osteggia questo nuovo modo di pensare è diventato più rumoroso e a volte anche più violento".

Dove e come nascono le tue storie? "Raccontare come nasce un’idea è sempre qualcosa di molto complesso e misterioso. Quello che posso dirti è che io sono incapace di scrivere se non trovo dei ganci che mi riguardano personalmente nei personaggi che invento e descrivo. Diciamo in generale che le mie storie nascono da quello che sono, dal mio modo di vedere il mondo e anche molto dalle persone che incontro nel mio cammino. Molto spesso applico il principio che io chiamo della 'mancata rappresentazione'; le mie storie nascono cioè a seguito dell’insofferenza che provo nel non vedere sufficientemente rappresentati alcuni personaggi, o una certa categoria sociale o un gruppo specifico di persone. Mi nasce di conseguenza la necessità di colmare questo gap tra il mondo che viviamo quotidianamente e quello che vediamo rappresentato".

Tu sei scrittore, sceneggiatore, regista, traduttore, autore di canzoni e di varietà. In quale di queste attività ti senti più realizzato? "Sì, è vero, io faccio differenti cose ma la verità è che sono tutte porzioni di un’unica cosa che faccio che è raccontare storie. Poi che queste storie siano declinate sotto forma di romanzo, fiction tv, film per il cinema o canzone fa poca differenza. Sono tutte cose che si completano l’una con l’altra perché sempre di storie si tratta. A me, infatti, non sembra di fare cose differenti; io ho la netta sensazione e convinzione di fare sempre la stessa cosa espressa però in diversi modi, quindi mi è difficile scegliere quale tra queste mi soddisfa di più. Ognuna ha una sua particolarità e tutte insieme rappresentano il mio modo di raccontare il mondo che mi circonda".

Qual è la prossima storia che ci racconterai? A cosa stai lavorando? "Sto completando il montaggio di “14 giorni” che è un film che ho girato a febbraio e che per me ha rappresentato un vero e proprio esperimento perché racconta la storia di due soli personaggi che interagiscono in un unico ambiente. L’ho girato in ordine cronologico, che è una cosa che nel cinema non si fa mai, in 14 giorni esatti. È la storia di Marta e Lorenzo, una coppia che vive appunto gli ultimi 14 giorni della loro relazione, che è costretta a causa di una quarantena cautelativa a passare due settimane nello stesso spazio fisico. In questo periodo di tempo assieme elaborano cosa è successo nei loro quindici anni di matrimonio (litigi, tradimenti, gioie e delusioni) tanto da portarli alla decisione di separarsi. È stato un film molto particolare da girare perché ha praticamente un impianto teatrale ed abbiamo fatto un lavoro molto intenso con gli attori che è una cosa che da regista mi piace moltissimo fare".

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