River to River: vince "La storia d’amore di Rocky e Rani". E Bollywood si apre alla diversità

Emancipazione femminile, violenza di genere, nuovo rapporto umo/donna: la rassegna di cinema indiano da Firenze lancia un messaggio innovativo e inclusivo al resto del mondo

di GIOVANNI BOGANI -
14 dicembre 2023
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Si è concluso, a Firenze, il festival "River to River", rassegna di cinema indiano fra le più importanti al mondo. E ci ha fatto capire che qualcosa è cambiato, anche a Bollywood e dintorni.

Il film vincitore

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La rassegna di cinema indiano di Firenze è una delle più importanti al mondo

Per esempio, parliamo del film che ha vinto. Si chiama “Rocky aur Rani Ki Prem Kahani” (La storia d’amore di Rocky e Rani). È un filmone di Bollywood, con tante canzoni, tanti balli, della durata di quasi tre ore, nella più piena tradizione di quei prodotti costruiti per piacere al pubblico immenso che ancora affolla i cinematografi in India. Ok, ma qualcosa di diverso c’è. C’è la love story, imprescindibile, fra i due protagonisti, la radiosa diva del cinema hindi Alia Batt e il protagonista Ranveer Singh, che giganteggia con la sua energia, con i suoi outfit improbabili, e con un inglese così splendidamente imperfetto che anche i sottotitoli si sono guardati bene dal correggere. Ma il film, diretto dallo specialista Karan Johar, inserisce sapientemente, senza pedanteria, riflessioni su tematiche attuali: il rispetto della diversità, la violenza di genere, la necessità di concepire le relazioni uomo/donna in modo nuovo. Le famiglie dei due innamorati si detestano, e fin qui niente di nuovo, fin dai tempi di Giulietta e Romeo. Nuovo è che la nonna di Rocky, che guida l’impero economico familiare, debba arrendersi al fatto che suo marito, ormai inerte e semi paralizzato, ritrovi la vitalità e la gioia quando incontra una sua vecchia fiamma.

Le novità de "La storia d’amore di Rocky e Rani"

Una storia di amore senile – e adulterina - più unica che rara, nel panorama convenzionale del cinema hindi, e anche nel panorama del cinema mondiale. Ma le novità non si limitano a questo. La protagonista femminile è una giornalista televisiva, capace di tener testa a un politico, e a mandarlo a quel paese in diretta quando l’uomo politico inizia a minimizzare la gravità degli stupri in India e ad addurre la trita giustificazione "se non si vestissero così...”. Lei lo mette all’angolo, lo costringe ad uscire dallo studio con la coda fra le gambe.

Una storia d'amore senile, una donna che si ribella alla visione patriarcale della violenza di genere, sono alcuni degli ingredienti che rendono il film vincitore innovativo

Lui inizia sicuro di sé, con tutti i suoi soldi e i suoi muscoli, dicendo “È come se Prada e Gucci si fossero incontrati per generarmi”, ma la sua sicumera sparisce presto, e comincia a sentirsi in soggezione di fronte a quella ragazza bengalese, colta e liberal. La ragazza, intanto, si ritrova a vivere “per prova” nella rigida famiglia di lui: e scopre che le due figlie vengono emarginate, rifiutate da tutti i possibili sposi perché sono grasse e goffe. Insegna loro ad accettare il proprio corpo, e in pratica le risveglia dal letargo e dalla vergogna, riportandole a una nuova coscienza di sé. Insomma: i temi che innervano il dibattito culturale nel mondo intero, le nuove prospettive sul rapporto fra uomini e donne, il nuovo sguardo sull'identità e sul lavoro femminile penetrano anche in un film così mainstream che più mainstream non si può, e quindi passeranno – in dosi omeopatiche – anche in milioni di spettatori indiani, e non solo. Merito anche del fatto che il film è già su Prime Video.

Gli altri spunti di riflessione

Nel programma del festival "River to River", conclusosi martedì, molti altri film hanno toccato tematiche importanti. Il documentario “Fatima” di Sourabh Kanti Dutta ci fa incontrare l’attivista che, sposa bambina, madre a 12 anni, ha avuto la forza di ribellarsi al suo destino segnato di sex worker, in un’area depressa dell’India, vicino al confine nepalese. Ha divorziato dal marito, si è fatta una nuova famiglia, ha iniziato a lottare contro gli abusi e lo sfruttamento divenuti sistematici nella sua comunità, ha iniziato una campagna di prevenzione e di informazione rivolta soprattutto alle bambine.

"Fatima", il documentario di Sourabh Kanti, 

“Devo tenere per me le lacrime, e tenere alto il morale delle ragazze che tento di salvare”, ha detto Fatima Khatun quando ha presentato il film per la prima volta, all’International Film Festival of India. “La mia battaglia è contro il sistema, la malavita organizzata che agisce con la complicità delle famiglie di queste ragazzine e di poliziotti corrotti”. “Alcune delle ragazze che ho salvato dalla prostituzione - aggiunge - adesso vivono vite rispettabili, fanno lavori che hanno scelto loro, e aiutano le loro famiglie”. Ha un titolo che è tutto un programma, infine, “It’s Time to Rise Up – I Am a Rickshaw Puller”: è tempo di sollevarsi, sono una autista di risciò. Il documentario ci mostra la prima donna a diventare autista di risciò in Bangladesh. Una ragazza madre che lotta per i suoi diritti, per il suo lavoro, per la vita sua e di sua figlia.