Prima e finora unica donna italiana ‘music director’ negli Stati Uniti, direttrice titolare di un coro professionale in Sud America e a incidere per Naxos. Prima donna italiana a essere ammessa alla Royal Academy of Music di Londra e a ricevere nel 2019 la nomina ad Associate. “Immagino dovremo aggiungere alla lista di primati anche prima donna italiana a dirigere la Chicago Symphony” scherza la fiorentina Valentina Peleggi, direttrice d’orchestra che domani dirigerà la Chicago Symphony Orchestra, l’orchestra del maestro Muti in America.
Emozionata?
“Per me è un grandissimo onore e una grandissima emozione. La Chicago Symphony è una delle migliori al mondo e i loro ottoni hanno un timbro assolutamente unico. Questo concerto fa parte del ‘Breaking Barriers Festival’, dove vengono presentate e celebrate donne in vari ambiti, quest’anno in ambito musicale e scientifico. Ci sono scienziate, astronome, astronaute, compositrici e la grande direttrice d’orchestra Marin Alsop. Una strana coincidenza visto che uno dei brani in programma (il concerto n.5 di Beethoven ’Imperatore’) lo diressi a Roma per i cento anni del premio Nobel, Rita Levi Montalcini. Mi ricordo che le dissi: ‘È un onore conoscerla!’. E lei mi rispose: ‘No, l’onore è mio. Non avevo mai visto una donna direttrice d’orchestra. I tempi finalmente cambiano’”.
A proposito, preferisce essere chiamata direttore o direttrice?
“Sarà il mio lato umanistico a parlare, ho una doppia laurea in letterature comparate, ma non penso che sia una questione di come una persona voglia essere chiamata. Quando sono in America, o a Londra mi chiamano ‘conductor’, ‘directrice’ in Francia o Canada, ’directora’ in America Latina, ‘regente’ in Portogallo o Brasile. L’italiano ha la bellezza di avere già il femminile ’direttrice’ e non è riduttivo, è solo nuovo nel contesto della direzione d’orchestra. Il rispetto si guadagna con la professionalità, non con il genere delle parole”.
E di tutti i suoi primati ’in quanto donna’, che ne pensa?
“È strano, perché reputo assurdo che nel 2024 si considerino primati per le donne. Come li vivo? Sentendo il peso di questa responsabilità, sentendo il bisogno di essere liberi di poter lavorare senza essere costantemente giudicati o messi sotto la lente dell’essere donna. E sono felice se, rompendo per prima alcuni tabù o soffitti di cristallo, sarò di aiuto ad altre donne”.
In Italia ci sono poche donne nel suo ruolo: secondo lei per quale motivo?
«C’è bisogno di tempo per permettere alle nuove generazioni di avere opportunità e di crescere musicalmente, di trovare un proprio modo di esprimersi che non ricalchi stereotipi da un lato o dall’altro. Allo stesso modo c’è bisogno di tempo per dissipare l’interesse del pubblico e dei teatri alla novità della direzione d’orchestra al femminile, dissipare la ’moda’ o il fenomeno di costume, e realmente considerarlo come qualcosa di assolutamente normale, che va apprezzato e giudicato solo su basi musicali e professionali».
Come nasce la sua passione per la musica?
“Sono nata e cresciuta a Firenze, avendo la fortuna di respirare arte e musica ogni giorno. A tredici anni ho iniziato a cantare nel Coro di voci bianche della Scuola di musica di Fiesole, partecipando a tutte le maggiori produzioni sinfoniche, operistiche ed anche ad alcune registrazioni del Maggio Musicale Fiorentino con Zubin Mehta. Mi ricordo di non aver mai provato prima emozioni così forti. La sensazione quasi fisica del suono di un’orchestra mi ha affascinato, ed ho iniziato a studiare. Pianoforte, composizione, violino e finalmente direzione d’orchestra al Santa Cecilia, all’Accademia Chigiana e alla prestigiosa Royal Academy di Londra. Una passione che mi ha portato davvero in tutto il mondo e che è ancora viva come il primo giorno”.