Venezia affascinata dalla "Felicità" di Micaela Ramazzotti

Il suo primo film da regista racconta il disagio mentale, i pregiudizi e l'incapacità dei genitori di vedere la malattia nei figli

di GIOVANNI BOGANI -
3 settembre 2023
80th Venice Film Festival

80th Venice Film Festival

Micaela Ramazzotti non è soltanto l’attrice appassionata, sensuale e insieme spontanea, genuina, che abbiamo imparato ad apprezzare in tanti film, da «La prima cosa bella» a «La pazza gioia», entrambi del suo ex marito Paolo Virzì. È anche, da oggi, una regista esordiente che ha realizzato un film appassionato, colorato, vitale, commovente e sgualcito come, a volte, sa essere lei. Il film si chiama "Felicità", rappresenta il suo esordio dietro la macchina da presa, è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti Extra.

Il film di esordio di Ramazzotti: "Felicità"

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Il cast di Felicità sul red carpet a Venezia (Ansa-Ettore Ferrari)

È interpretato da Max Tortora nel ruolo del padre, Anna Galiena nel ruolo della madre, da Sergio Rubini nel ruolo dell’amante intellettuale di sinistra, e dalla stessa Ramazzotti. Ed è un ritratto di donna che colpisce al cuore. È un film vivo, come la casa di Sergio Rubini – piena di libri e bottiglie di vino, casa da intellettuale infeltrito – viene ravvivata dall’arrivo di lei, truccatrice sui set a Cinecittà, pronta ad amare, a fare l’amore, a perdonare. A sacrificarsi per gli altri. È un film straziante, come gli abiti sgargianti di Max Tortora che interpreta il padre, imbonitore di una tv privata da quattro soldi, che si crede una mezza star del video, ma in realtà è soltanto un padre irresponsabile, incapace di comprendere le proprie colpe nei confronti della famiglia. Tanti personaggi, ciascuno a suo modo perduto nelle sue miserie. E in mezzo a tutti quello di Micaela Ramazzotti, Desiré: una che non ha studiato, che si accontenta di un lavoro qualunque, che non porta neppure rancore verso gli attori che ci provano con lei nella roulotte del trucco. Ma che riesce a portarsi sulle spalle tutto il peso del dramma di un fratello – Matteo Olivetti – con problemi di disagio mentale. Acuiti dal vivere ancora in famiglia, con il padre mitomane e la madre che lo tratta ancora come un bambino. Desiré si danna, si arrabatta, cerca di curare tutta questa fragilità e tutta questa infelicità. Mette a disposizione i soldi che ha messo da parte in una vita, e non si vergogna di usare anche il suo corpo, il sesso, come un unguento che lenisce le ferite dell’anima. Capisci presto da che parte sta l’ottusità, la cecità, e da quale parte stia la forza vitale, l’unica strada verso una possibile felicità, o una minore infelicità. Una donna che rappresenta la Salvezza. Non è poco. Una figura a metà strada fra una Maddalena, che accudisce e ama, e una figura di redentrice, che paga – anche materialmente – per i peccati altrui, senza che i genitori la degnino neppure di un "grazie". Anzi, continuando a disprezzarla.

La regista: "Ho un debole per le persone fragili"

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"Felicità" il film esordio di Micaela Ramazzotti alla regia

"Ho un debole per le persone fragili, per il disagio mentale, per le persone nate storte", dice Micaela. Ma nel film c’è qualcosa di più: un amore, una compassione per tutti i personaggi, quelli feriti e quelli che feriscono, a loro volta umiliati – come Max Tortora che viene preso in giro quando porta il suo misero soggetto scritto a penna ad un regista, interpretato da Giovanni Veronesi. C’è un approfondimento di tutti i personaggi che colpisce, e in qualche modo stupisce, per una regista/sceneggiatrice agli inizi, che ha scritto la sceneggiatura insieme ad altri due esordienti, Isabella Cecchi e Alessandra Guidi. In definitiva, che cosa racconta "Felicità" di nuovo? L’immaturità dei padri, delle famiglie. L’incapacità di vedere la malattia mentale nei figli. L’ignoranza che si nutre di pregiudizi – il padre Max Tortora quando arriva in ospedale dal figlio e trova che la stanza è "infestata" da un paziente magrebino e dai suoi amici - ma anche l’incapacità di fare, di agire, di mettersi in gioco degli intellettuali – Sergio Rubini, insegnante progressista di piazza Vittorio. Ed è un dito puntato contro l’egoismo di tutti. Un egoismo che lascia, da sola, Desiré, con la sua bellezza naturale, portata senza farci caso.