
oroOlimpiadi
L’atletica leggera è l’imitazione fatta sport di gesti primordiali dell’uomo: correre, saltare ostacoli naturali, scagliare corpi contundenti o armi per cacciare o uccidere il nemico. Se ciò è vero, la corsa velocissima per sfuggire a un agguato, umano o animale e il salto in alto sono la quintessenza dell’atletica. Assieme alla Maratona, scaturita non da necessità di sopravvivenza, ma di comunicazione della vittoria in una battaglia, affidata al soldato più resistente e veloce. Oggi, basta un clic. La Maratona non è frutto preistorico, ma della storia, alla storia deve natura e nome. Vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi nella corsa più veloce che esista e nel salto in alto ha nobiltà superiore rispetto a vincere in qualsiasi altra disciplina, sempre che sia possibile dettare una gerarchia di dignità fra sport, che esista sport più sport degli altri.

Marcell Jacobs con la madaglia d'oro
L'abbraccio che vale una medaglia
Che l’Italia ci sia riuscita nel giro di undici minuti, con l’oro di Gianmarco Tamberi nel salto in alto e quello di Marcell Jacobs nei cento metri aggiunge la teatralità di una perfetta regia a contenuti di per sé elevatissimi, accentuati dalle caratteristiche biografiche ed esistenziali dei due protagonisti azzurri, che hanno aggiunto una terza impresa alle rispettive, straordinarie performances di atleti. La terza impresa è essersi abbracciati nove secondi dopo la vittoria di Jacobs sulla pista di Tokio, coi volti coperti in un’unica bandiera, come fasciati nel capo sono i protagonisti di un immortale dipinto di Magritte.Tamberi e Mancini
Tamberi è un marchigiano estroverso, nel momento in cui i marchigiani nello sport -vedi Mancini - sono re Mida che tutto convertono in oro in senso non metaforico. E trasformano in trionfi i drammi sportivi (l’infortunio di Gimbo a Rio, l’eliminazione degli azzurri dai mondiali 2018) imponendo filosofie del riscatto, agendo su valori umani individuali e collettivi. E in epoca di distanziamenti obbligatori, affrancando l’abbraccio - l’uno con Jacobs, l’altro con Vialli - dal ruolo di pericoloso vettore di contagio elevandolo a contagioso innescatore di gioia e fratellanza. Unica differenza con Mancini, la rinuncia ai “rigori” per scegliere un vincitore rompendo l’ostinata parità sul campo. L’atletica, sport primordiale, ammette che vincano in due, un qatariota e un italiano (Renzi benedirà). Il calcio non lo consentirà mai.
Gemelli diversi
Tamberi e Jacobs sono gemelli diversi. In pista, dopo la vittoria il primo si agita incredulo, teatrale, “molto italiano” stando a certa iconografia, sdraiandosi, urlando Franco! al telecronista Rai. Il secondo accoglie il successo con il cuore gonfio di sentimenti che non intaccano il contegno, misurato, quasi professionale. Le parole escono con razionalità e rigore. La testa domina il cuore, malgrado questo esploda di emozioni.Il padre presente, il padre fuggito
Alle spalle, Tamberi e Jacobs raccontano famiglie che più diverse non si può. Anzitutto per il padre. Quello di Tamberi saltatore di valore, è in tribuna a Tokio, tappa di una vita trascorsa accanto al figlio crescendolo come uomo e come atleta tanto da esserne l’allenatore. Il padre di Jacobs se ne andò quando Marcell aveva un mese, lui soldato ragazzo, arruolato in Corea e marito di una diciottenne gardesana, conosciuta durante il servizio con le truppe Usa a Vicenza. La Corea fu un ottimo pretesto per allontanare anche dagli occhi moglie e figlio che erano da sempre lontani dal cuore. Il padre di Marcell non si fece mai vivo. Come quello della cantante Adele, del calciatore Cassano e della donna politica Meloni. Farlo a celebrità acquisita dei figli ripudiati è doppiamente imbarazzante.Levigare le schegge
Marcell Jacobs, quel padre lo ha ricercato di recente e attivarci un rapporto benché limitato a messaggi a distanza, è servito ad abbattere uno spettro, a liberare la macchina di muscoli e te4sta da scorie annidate nell’intimo e nell’inconscio. La “sport training coach” Nicoletta Romanazzi, che lo segue da fine 2020 è stata decisiva nel levigare dalla scultura di Jacobs le schegge che nessun altro osava rimuovere, legate al rapporto irrisolto col padre. In pochi mesi, Jacobs ha vinto l’europeo indoor dei 60 metri, conquistato il record taliano europeo e vinto le Olimpiadi sui 100 metri. Forse non è questione solo di muscoli, immortale Edipo.
Viviana Masini, madre di Marcell Jacobs