Un cuore anziché una X. Tra i gesti più belli e più importanti di queste Olimpiadi c’è sicuramente quello di Julia Szeremeta. La pugile polacca – al termine della finale della categoria sotto i 57 kg con Lin Yu-ting vinta da quest’ultima – ha fatto sul ring il segno di un cuore con le mani. Un cuore che, purtroppo, come già successo per Imane Khelif era stato preceduto da diverse ‘X’.
L’atleta taiwanese di 28 anni, iperandrogina, è infatti stata vittima, così come l’algerina, di odio e strumentalizzazioni politiche rispetto alla sua identità per via. Entrambe nate donne, hanno combattuto da donne e contro altre donne. E da donne sono arrivate sul gradino più alto del podio conquistando un oro che è anche una risposta a tutte le accuse e le cattiverie che sono state loro rivolte.
Una campagna contro le due atlete è stata portata avanti anche dalle stesse avversarie sul ring. La pugile taiwanese, infatti, negli incontri vinti nella sua corsa all’oro ha trovato diverse sfidanti – come ad esempio la bulgara Svetlana Kamenova e la turca Kahraman Yildiz – che, al termine della gara, hanno fatto il segno ‘X’ con le mani per indicare il loro essere donne (il riferimento è al cromosoma XX che simboleggia il sesso femminile).
Diverso, fortunatamente, il discorso per Szeremeta. L’atleta nonostante la delusione per l’oro mancato, ha voluto far passare un messaggio di rispetto, amore e spirito olimpico che si è perso troppo spesso in queste due settimane di Giochi. "È ovvio che mi dà fastidio leggere certe osservazioni – ha detto nei giorni scorsi la pugile taiwanese – ma tutto quello che possiamo fare è dire a noi stessi che non possiamo controllare quello che dicono. Lasciamo che parlino, ma ho la coscienza pulita su questo. Dopotutto, abbiamo dimostrato che era falso e che il processo non seguiva nessuno standard”.
E sulle continue insinuazioni rispetto alla sua identità di genere ha raccontato: "Probabilmente è per il mio aspetto. Attira molta attenzione. A volte quando vado in bagno mi chiedono: 'È quello giusto?' E io devo rispondere che sono una donna”.