Lo stadio è un po' un social a cielo aperto. O forse sarebbe meglio dire che stare sui social è un po' come andare allo stadio. Volano insulti di ogni tipo, cattiverie gratuite "giustificate" da un rigore non dato, da un gol subito o un cartellino di troppo. Dentro quei quattro spalti, negli anni, si è coltivato il razzismo, il sessismo e molte altre parole che finiscono in "ismo".
Insulto libero allo stadio
E, diciamolo, questi "agricoltori delle discriminazioni e dell'ignoranza" sono stati anche lasciati piuttosto liberi di farlo. Perché è così. Lo stadio, ad un certo punto, sembrava una zona franca dove tutto era concesso, una sorta di paradiso civile: dire parolacce allo stadio è normale, insultare le madri è un'abitudine, anzi se non lo fai qualcuno potrebbe dubitare di te e pensare che tu sia un infiltrato e che sotto la maglietta della squadra tu abbia gli abiti clericali (si fa per dire). Si è preferito nascondere certe dinamiche dietro alla goliardia (questa non solo allo stadio), al tifo, all'entusiasmo da partita. "So ragazzi" insomma. Solo che ad oggi quei ragazzi saranno pure cresciuti (è l'augurio) e certe cose, complice anche il politicamente corretto di cui non tutte le curve saranno fan, non vengono più tollerate.Il problema annoso del razzismo
Il razzismo - anche se qualcuno, per i motivi spiegati sopra, potrebbe dire che questo non è razzismo, ma lasciamo perdere - non veniva tollerato nemmeno prima, in realtà, ma evidentemente è un zoccolo duro. E quindi può succedere che nel 2024, mentre la squadra avversaria è avanti di un goal (e questo può provocare effettivamente un certo livore), partano, come controindicazione, fischi, cori e versi che - forse è il caso di ricordarlo a quei simpatici ragazzi - sono nel dna di tutti noi, dell'essere umano in generale, motivo per cui qualcuno ha anche un certo talento nel farlo. (Cioè se ve lo stavate chiedendo, il verso della scimmia non è una cosa che impari. Ci nasci). Ad ogni modo, il richiamo ai nostri antenati viene utilizzato dai coristi ignari dell'evoluzione per offendere i giocatori neri. E' una cosa che infastidiva già prima, dicevamo, e oggi, che anche l'evoluzione intellettuale dicono sia andata avanti, infastidisce ancor di più.Visualizza questo post su Instagram
La reazione di Maignan e dei compagni di squadra
Non solo società e federazioni, che comunque non si tirano indietro quando si tratta di andare a giocare in Paesi che non riconoscono certi diritti (ma questa è un'altra storia, un altro livello da sbloccare al quale, forse, arriveremo), però sono sempre pronte a condannare il razzismo (il sessismo etc...) a suon di hashtag. Che comunque non risolveranno il problema (per quello ci vogliono sanzioni e regolamenti se vogliamo essere pignoli), ma quantomeno soddisfano i followers. Ma infastidisce soprattutto i giocatori. E menomale, aggiungerei. Vedere Mike Maignan, il portiere del Milan, togliersi i guantoni e uscire dal campo (anche solo per pochi minuti, anche solo dopo aver sopportato) è stato triste, da una parte, ma appagante dall'altra. E vedere i compagni seguirlo, gli avversari comprenderlo, è stato positivo.Visualizza questo post su Instagram