Già
a 11, 12 anni gli adolescenti cominciano a frequentare i siti pornografici. E il trend è in aumento: la pandemia ha costretto in casa milioni di adolescenti, con brevi sprazzi di libertà e socializzazione: quali sono le ricadute nell’ambito della sessualità? Uno studio è stato condotto dalla
Fondazione Foresta Onlus di Padova, diretta dal professor Carlo Foresta, su più di 5.000 giovani che frequentano le quinte superiori del Veneto, della Campania e della Puglia, nell’ambito del progetto DiGitPro. Dopo aver raccolto i dati con dei questionari anonimi, gli studiosi hanno scoperto nei giovani una
maggior incertezza sull’orientamento sessuale: aumenta la percentuale di ragazzi che dichiara di non essere eterosessuale (8% nel 2018-2019 rispetto al 15% nel 2020-2021). Ma anche le ragazze, già negli anni precedenti orientate ad una minore eterosessualità, dichiaravano più frequentemente questi loro comportamenti in epoca post-Covid (22% nel 2018-19 rispetto al 29% del 2020-21).
Sessualità nella rete
Le nuove abitudini di vita in famiglia hanno indotto i giovani a
riscoprire la propria sessualità su internet: più del doppio ora si affida a siti di incontri (10% nel 2020-2021 rispetto al 5% di due anni prima), mentre la pornografia emerge fortemente come una nuova abitudine nelle ragazze:
più del 30% ha dichiarato di collegarsi abitualmente a siti pornografici, rispetto a solo il 15% del 2018-2019 e un aumento parallelo dell’autoerotismo. Nei ragazzi invece la frequenza di collegamento a siti pornografici era già molto evidente negli anni passati (89%). L’approdo sul web della sessualità tra i giovani ha portato entrambi i sessi a
praticare molto più sexting e cybersex, che sono raddoppiati in quest’ultimo anno (rispettivamente al 34% e 6% in quest’anno). Di contro, il massiccio utilizzo di internet anche per la scoperta della propria sessualità è sfociato in una maggior frequenza di atti di cyberbullismo, che interessano in quest’ultimo anno di lockdown più del 40% delle ragazze e il 25% dei ragazzi.
Le conseguenze
L’insieme di tutti questi cambiamenti, secondo i ricercatori, ha reso i giovani molto più fragili. In particolare i maschi rappresentano il sesso debole durante la pandemia e uno su quattro ha dichiarato di soffrire di solitudine (nel 2018-2019 era solo uno su otto) mentre il 19% si dichiara insoddisfatto della propria vita, rispetto al solo 10% degli anni prima della pandemia. In compenso, dai risultati dello studio è emerso
un drastico calo nel consumo di alcolici e stupefacenti (-40% e -25% rispetto a due anni fa). Ne emerge quindi uno stile di vita apparentemente più sano, anche in ambito alimentare, con la maggior parte dei giovani che dichiara di seguire una dieta mediterranea, come risultato di un cambiamento sostanziale di stili di vita. Non va però dimenticato l’impatto della didattica a distanza e del lockdown sull’attività fisica degli adolescenti, che per forza di cose sono molto più sedentari, tanto che meno del 30% svolge regolare attività fisica extrascolastica, rispetto al 50% degli anni passati. “La pandemia ha cancellato una parte importante nella socialità dei ragazzi – commenta il professor Carlo Foresta – Diventa più difficile conoscere i coetanei, innamorarsi e sperimentare la sessualità, che si è riversata quindi nell’unico strumento di socialità a loro disposizione: internet. Qui però i rischi derivanti dalla condivisione della propria intimità sul web aumentano, come dimostrato dall’altissima percentuale di atti di cyberbullismo. Questi strumenti telematici rappresentano però solo una parvenza di socialità, che non può compensare le dinamiche reali dei rapporti sociali che si sviluppano in ambito scolastico in presenza. La maggior solitudine che ne è derivata ha forse aperto nei giovani ampi spazi di auto-riflessione, portando a galla una maggior incertezza nel loro orientamento sessuale. D’altro canto, se è vero che i comportamenti a rischio come fumo e alcol sono diminuiti, non va ignorato l’impatto del lockdown sull’attività fisica e quindi sulla salute, soprattutto a lungo termine“.
“Ho iniziato a guardare i porno a 11 anni, mi hanno distrutto il cervello”: recentemente Billie Eilish ha dichiarato di aver conosciuto il mondo della pornografia quando aveva solo 11 anni
La rivelazione di Billie Eilish
“Ho iniziato a guardare i porno a 11 anni, mi hanno distrutto il cervello”: recentement
e Billie Eilish ha dichiarato di aver conosciuto il mondo della pornografia quando aveva soltanto 11 anni. La cantante infatti, ha voluto raccontare il tutto in un’intervista alla radio, dove ha detto così: “All’inizio ero una sostenitrice, ne parlavo, pensavo di essere cool perché non avevo nessun problema in merito e anzi non ci vedevo niente di male. Ma dopo ho realizzato che i contenuti visti quando ero così giovane mi hanno distrutto il cervello e provocato incubi”. Ed ha aggiunto: “Pensavo che fosse così che si impara come fare sesso. Arrivavo a non dire no a cose che non andavano bene, pensando dovesse essere quello da cui dovevo sentirmi attratta». Ad oggi, Billie crede che l
a pornografia in età precoce sia in grado di distorcere l’idea di ciò che risulta del tutto normale durante i rapporti sessuali. Sempre in quel periodo, la cantante pop aveva scritto la sua prima canzone, ispirandosi all’apocalisse zombie di The Walking Dead: “La prima canzone che ho scritto per davvero è stata
Fingers Crossed, che è su
Sound Cloud. Riguarda un’apocalisse zombie. L’ho scritta in merito a un compito che ci era stato assegnato durante uno dei corsi che teneva mia madre sulla scrittura delle canzoni, la quale chiedeva di scrivere un testo che si ispirasse a qualche programma televisivo. Così ho guardato
The Walking Dead, era il mio preferito all’epoca, e mi dava tante idee. L’ho scritta pensando all’apocalisse nella mia testa”. Eilish è stata di recente candidata in sette categorie ai Grammy 2022, incluso l’album dell’anno per
Happier than ever e la canzone dell’anno per il brano con lo stesso titolo. La scorsa settimana ha presentato Saturday Night Live con la veterana dello show satirico Kate McKinnon.