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Home » Attualità » Per Archie non c’è speranza: il giudice fa interrompere le cure, la famiglia è contraria

Per Archie non c’è speranza: il giudice fa interrompere le cure, la famiglia è contraria

La madre di Battersbee 12enne britannico, in coma da aprile dopo essere stato trovato privo di sensi nella sua casa, si dice "devastata" dalla sentenza dell'Alta Corte di Londra

Marianna Grazi
14 Giugno 2022
archie-coma-interruzione-cure

Archie Battersbee, 12 anni, con la madre, Holly Dance

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Il parere dei medici è chiaro: per Archie Battersbee, 12 anni, non ci sono più speranze di salvezza, è “altamente probabile” che il ragazzo sia “cerebralmente morto”. Per questo, lunedì 13 giugno un giudice britannico ha emesso la terribile sentenza: staccare la spina che lo tiene in vita. E non importa se la famiglia è contraria.
Dopo la decisione, fuori dal Royal London Hospital dov’è ricoverato il piccolo si è radunata una folla di persone, per partecipare ad una veglia di preghiera e supportare Hollie Dance, la madre dell’adolescente britannico trovato privo di coscienza nella sua casa a Southend, nell’Essex, il 7 aprile scorso. Archie ha subito un danno cerebrale durante un incidente domestico, secondo Dance legato a una sfida online. Da allora non ha più ripreso conoscenza. La donna si è detta “devastata” dalla sentenza dell’Alta Corte di Londra, e ha dichiarato che la famiglia intende fare ricorso contro il verdetto.

Archie Battersbee
Archie Battersbee, 12 anni, è stato dichiarato cerebralmente morto e il giudice ha imposto l’interruzione delle cure (ph. Holly Dance)

La sentenza dell’Alta Corte: “Archie è morto a mezzogiorno del 31 maggio, i medici possono interrompere le cure”

Il caso del ragazzo è arrivato alla Corte suprema del Regno Unito quando l’equipe medica che lo ha in cura si è rivolta al tribunale sostenendo di avere elementi sufficienti a sostenere una diagnosi irreversibile di morte delle cellule cerebrali, definita “altamente probabile”. Per questo, in primo grado, la corte ha stabilito: “Autorizzo i medici dell’ospedale Royal London a cessare la ventilazione meccanica di Archie Battersbee, a estubarlo, a cessare la somministrazione di farmaci e a non tentare alcuna rianimazione cardiopolmonare su di lui quando cessa il battito cardiaco o lo sforzo respiratorio. I passi che ho indicato sopra sono legittimi”. Nella sentenza scritta, la giudice Justice Arbuthnot ha scritto poi che “se Archie rimane sotto ventilazione meccanica, il risultato probabile per lui è la morte improvvisa e le prospettive di recupero sono nulle. Non ha piacere di vivere e il suo danno cerebrale è irrecuperabile. La sua posizione non migliorerà“. Arbuthnot ha concluso infine stabilendo che Archie è morto a mezzogiorno del 31 maggio sulla base delle scansioni della risonanza magnetica effettuate quel giorno.

Archie Battersbee coma
Archie Battersbee è in coma dal 7 aprile: dopo l’incidente in casa, secondo la madre legato a una sfida online, non ha più ripreso conoscenza (ph. Holly Dance)

La replica della famiglia: “Ad non è stato dato abbastanza tempo, disgustati per non essere stati ascoltati”

La madre di Archie, Holly Dance, e il padre Paul Battersbee non sono d’accordo con l’ospedale né tantomeno con la sentenza della Corte Suprema e hanno annunciato di voler presentare appello, con il sostegno degli avvocati e di diverse associazioni, come il Christian Legal Centre. In una dichiarazione rilasciata dopo la decisione del tribunale, Dance ha detto: “Sono devastata ed estremamente delusa dalla sentenza emessa oggi dopo settimane di battaglie legali e intendo restare accanto al letto di mio figlio. Il mio istinto di mamma mi dice che Archie è ancora qui. Non basta una diagnosi di morte probabile”, ha aggiunto Hollie, dicendosi “disgustata dall’atteggiamento del giudice e dei medici“, visto che “il cuore di Archie batte ancora” e lui “mi ha stretto la mano”.

La famiglia accusa le autorità sanitarie e giudiziarie di non aver preso in considerazione i loro desideri di continuare le cure per il loro bambino e ha aggiunto di “non credere che ad Archie sia stato dato abbastanza tempo”. “Finché non è volontà di Dio, non accetterò che se ne vada. So di miracoli in cui le persone sono tornate dalla morte cerebrale”, ha concluso la mamma di Archie, che su Facebook ha invitato le persone a unirsi a lei in una veglia fuori dall’ospedale.

La veglia e i casi precedenti: “staccare la spina” è una pratica ormai consolidata

“Il vostro sostegno è stato incredibile e sono davvero fortunata ad avere Archie come figlio. Mi ha reso una madre orgogliosa“, ha scritto Holly Dance, la mamma di Archie Battersbee, 12enne in coma cerebrale. “Chiedo a tutti i leader religiosi, ai sostenitori di tutte le comunità e ai politici di partecipare alla veglia e di pregare per mio figlio affinché Dio ascolti la sua voce e gli conceda la guarigione. Grazie”. La manifestazione si è tenuta davanti al Royal London Hospital di Whitechapel, dove il piccolo è ricoverato, alle 19 circa di lunedì sera.Parlando dopo la sentenza di lunedì, Andrea Williams, direttore del Christian Legal Centre, che supporta i Battersbee ha dichiarato: “Continueremo a stare al fianco della famiglia e a pregare per un miracolo”.

Quello del piccolo Archie è solo l’ultimo, in ordine di tempo, di casi analoghi e altrettanto gravi che si sono conclusi, in base alla normativa e a una prassi consolidata nel Regno Unito, con sentenze favorevoli agli ospedali che volevano interrompere le cure a bambini o neonati, anche contro l’opposizione di genitori o altri parenti. Viene spontaneo, allora, fare un paragone invece con l’Italia, dove prima di ‘staccare la spina’, invece, passano anni, ed è sempre il paziente, o chi ne fa le veci, ha chiedere di potervi accedere, in opposizione al parere medico e con poco – o tardivo – sostegno giudiziario.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Il parere dei medici è chiaro: per Archie Battersbee, 12 anni, non ci sono più speranze di salvezza, è "altamente probabile" che il ragazzo sia "cerebralmente morto". Per questo, lunedì 13 giugno un giudice britannico ha emesso la terribile sentenza: staccare la spina che lo tiene in vita. E non importa se la famiglia è contraria. Dopo la decisione, fuori dal Royal London Hospital dov'è ricoverato il piccolo si è radunata una folla di persone, per partecipare ad una veglia di preghiera e supportare Hollie Dance, la madre dell'adolescente britannico trovato privo di coscienza nella sua casa a Southend, nell'Essex, il 7 aprile scorso. Archie ha subito un danno cerebrale durante un incidente domestico, secondo Dance legato a una sfida online. Da allora non ha più ripreso conoscenza. La donna si è detta "devastata" dalla sentenza dell'Alta Corte di Londra, e ha dichiarato che la famiglia intende fare ricorso contro il verdetto.
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Archie Battersbee coma
Archie Battersbee è in coma dal 7 aprile: dopo l'incidente in casa, secondo la madre legato a una sfida online, non ha più ripreso conoscenza (ph. Holly Dance)

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La madre di Archie, Holly Dance, e il padre Paul Battersbee non sono d'accordo con l'ospedale né tantomeno con la sentenza della Corte Suprema e hanno annunciato di voler presentare appello, con il sostegno degli avvocati e di diverse associazioni, come il Christian Legal Centre. In una dichiarazione rilasciata dopo la decisione del tribunale, Dance ha detto: "Sono devastata ed estremamente delusa dalla sentenza emessa oggi dopo settimane di battaglie legali e intendo restare accanto al letto di mio figlio. Il mio istinto di mamma mi dice che Archie è ancora qui. Non basta una diagnosi di morte probabile", ha aggiunto Hollie, dicendosi "disgustata dall'atteggiamento del giudice e dei medici", visto che "il cuore di Archie batte ancora" e lui "mi ha stretto la mano". La famiglia accusa le autorità sanitarie e giudiziarie di non aver preso in considerazione i loro desideri di continuare le cure per il loro bambino e ha aggiunto di "non credere che ad Archie sia stato dato abbastanza tempo". "Finché non è volontà di Dio, non accetterò che se ne vada. So di miracoli in cui le persone sono tornate dalla morte cerebrale”, ha concluso la mamma di Archie, che su Facebook ha invitato le persone a unirsi a lei in una veglia fuori dall'ospedale.

La veglia e i casi precedenti: "staccare la spina" è una pratica ormai consolidata

"Il vostro sostegno è stato incredibile e sono davvero fortunata ad avere Archie come figlio. Mi ha reso una madre orgogliosa", ha scritto Holly Dance, la mamma di Archie Battersbee, 12enne in coma cerebrale. "Chiedo a tutti i leader religiosi, ai sostenitori di tutte le comunità e ai politici di partecipare alla veglia e di pregare per mio figlio affinché Dio ascolti la sua voce e gli conceda la guarigione. Grazie". La manifestazione si è tenuta davanti al Royal London Hospital di Whitechapel, dove il piccolo è ricoverato, alle 19 circa di lunedì sera.Parlando dopo la sentenza di lunedì, Andrea Williams, direttore del Christian Legal Centre, che supporta i Battersbee ha dichiarato: "Continueremo a stare al fianco della famiglia e a pregare per un miracolo". Quello del piccolo Archie è solo l'ultimo, in ordine di tempo, di casi analoghi e altrettanto gravi che si sono conclusi, in base alla normativa e a una prassi consolidata nel Regno Unito, con sentenze favorevoli agli ospedali che volevano interrompere le cure a bambini o neonati, anche contro l'opposizione di genitori o altri parenti. Viene spontaneo, allora, fare un paragone invece con l'Italia, dove prima di 'staccare la spina', invece, passano anni, ed è sempre il paziente, o chi ne fa le veci, ha chiedere di potervi accedere, in opposizione al parere medico e con poco – o tardivo – sostegno giudiziario.
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