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Asiago, ecco perché il cartello “Cercansi commesse diciottenni” riassume decenni di discriminazioni (e stereotipi)

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI -
24 aprile 2022
Cartello negozio Asiago

Cartello negozio Asiago

“Al peggio non c’è mai fine”, dicono i saggi, e mai detto fu più adatto a quanto accaduto ad Asiago, in provincia di Vicenza, sotto gli occhi increduli di cittadine e cittadini che proprio non riescono a capacitarsi di come, nel 2022, sia ancora possibile non solo dire ma addirittura pensare simili oscenità. Cominciamo dall’inizio: con la stagione estiva che si avvicina, il negozio “Magazzini Dal Sasso” ha deciso di mettersi in cerca di personale. E, fino a qua, tutto nella norma. Peccato per quel cartello che campeggiava nel bel mezzo della vetrina che recitava “Cerchiamo commesse diciottenni libere da impegni familiari”.

Il cartello esposto al negozio ad Asiago, in provincia di Vicenza

Sette parole che, messe insieme, si sono trasformate in una somma di discriminazioni e decenni di stereotipi che hanno lasciato tutti attoniti. Il cartello ha fatto immediatamente il giro dei social, tornando ad accendere i riflettori sulla condizione lavorativa delle donne in Italia (ne avevamo parlato QUI) e sul modello donna-giovane-commessa che, evidentemente, ancora fa fatica ad essere scardinato. In buona sostanza, gli amici del “Magazzini Dal Sasso” non gradiscono commessi uomini e, men che meno, mamme. Troppo complicato dover garantire qualche diritto di base o, ancor peggio, contare sulla qualità della merce piuttosto che sul corpo delle donne per vedere qualche capo in più. Tutto ciò in un quadro occupazionale in cui è sempre più difficile riuscire a trovare personale, soprattutto giovane, disponibile a fare qualche sacrificio per un lavoro stagionale.  I primi a indignarsi e a non voltare lo sguardo dall’altra parte sono stati alcuni turisti che hanno immediatamente allertato le forze dell’ordine. A ruota, si è mossa la classe politica locale, a partire dalla senatrice di Italia Viva, Daniela Sbrollini. In poche ore, la faccenda è diventata virale, facendo addirittura emergere il fatto che i proprietari dell’attività sembrano non essere nuovi a simili esternazioni. Una cosa è certa: con un solo cartello, sono state spazzate via battaglie epocali sulla parità di genere, sulla conciliazione, sulla lotta agli stereotipi e, non da ultimo, sulle politiche del lavoro. Da “Intende avere figli?” durante un colloquio di lavoro a una selezione in ingresso basata esclusivamente sulla condizione familiare il passo è breve ed è assolutamente fondamentale che le comunità si ribellino e respingano con forza simili tentativi di riavvolgere il nastro. Le donne non possono e non devono essere disposte a tutto pur di avere un lavoro.  Grazie alle grandi battaglie per i diritti i cui risultati ci sono stati lasciati in eredità dalle generazioni a noi precedenti, in Italia possiamo contare su dispositivi normativi che vietano le discriminazioni. E, attenzione, non è questione di libertà di scelta quanto, piuttosto, di rispetto delle individualità e di un vivere civile comune che, per esistere, deve poter gettare le basi su valori comuni inconfutabili. I proprietari del negozio e l’assessore al commercio del Comune di Asiago, dal canto loro, ritengono la faccenda irrilevante, non rintracciando nel cartello alcun genere di irregolarità. Non fosse per quel vecchio concetto di contratto sociale senza il quale non può esistere alcun genere di società che intenda dirsi evoluta.