Viviamo in un Paese dove la bestemmia si paga con il licenziamento, ma le molestie restano spesso impunite

Il caso del dipendente del call center di Bologna licenziato, poi reintegrato, per la bestemmia, fa riflettere. C'è chi ha fatto di peggio eppure se l'è cavata con una sospensione

di CHIARA CARAVELLI -
8 dicembre 2023

Alla fine la Covisian, così come Dio, ha perdonato. Franco, il lavoratore cinquantacinquenne dell’azienda che gestisce in appalto il call center di Hera, licenziato dopo una bestemmia, è stato infatti reintegrato ed è tornato in ufficio insieme a colleghi e colleghe. Il suo caso, nei giorni scorsi, aveva fatto molto discutere: in tanti, se non tutti a parte i suoi datori di lavoro, erano rimasti spiazzati dalla decisione dell’azienda di licenziarlo dopo aver bestemmiato ‘tra sé e sé’.

Soprattutto perché Franco aveva chiesto immediatamente scusa per i termini usati, riconducendoli a un momento di nervosismo dovuto al mancato funzionamento del sistema utilizzato per lavorare. Ma l’azienda, almeno fino ai giorni scorsi, non sembrava assolutamente disposta a fare retromarcia sulla decisione.

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Licenziato per una bestemmia: il presidio di solidarietà (foto Schicchi)

Chi è il lavoratore licenziato per una bestemmia

Franco lavora alla Covisian da un anno e mezzo, è un tipo esuberante come lui stesso si definisce, ma un lavoratore serio. Una brava persona, insomma. La stessa che a 55 anni rischiava di trovarsi senza un lavoro, costretto a ripartire da zero con tutte le difficoltà del caso, soprattutto per una persona della sua età.

Soffermandosi per un momento sulla sua storia, una domanda sorge spontanea: è giusto che una persona venga licenziata per una bestemmia? La norma penale di riferimento risale al 1930, quindi cent’anni fa. E questo, purtroppo, non ci stupisce. Perché l’Italia è una Paese che per moltissimi aspetti sembra veramente rimasto indietro di quasi un secolo e forse il caso di Franco ce lo ha solo ricordato.

Perché nessuno crede che bestemmiare sia giusto, tanto più in una società come la nostra ancora molto influenzata dalla presenza della chiesa cattolica. Ma da questo a licenziare un lavoratore, senza nemmeno accettare le sue scuse, la strada è abbastanza lunga. Questo caso, che fortunatamente si è risolto nel migliore dei modi, ci impone però una riflessione su cosa viene ritenuto grave e cosa no.

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Una “palpata di 10 secondi” è troppo breve per essere considerata molestia

Il caso del bidello assolto dopo la molestia

Un esempio? A luglio scorso ha fatto molto discutere la notizia dell’assoluzione del bidello dell’Istituto Cine Tv Roberto Rossellini di Roma che nell’estate del 2022 palpeggiò una studentessa. L’uomo era accusato di averla molestata all’interno della scuola, ma per i giudici il fatto non costituì reato perché "il palpeggiamento sarebbe durato solo pochi secondi".

Il pubblico ministero, in quell’occasione, aveva chiesto una pena di 3 anni e sei mesi per violenza sessuale. Non solo, quindi, il bidello non è stato condannato, ma non è stato nemmeno licenziato. Le motivazioni della sentenza di primo grado hanno creato notevole indignazione, sia all’interno dell’opinione pubblica che da parte del sindacato studentesco che seguì da vicino la vicenda.

Insomma, se un lavoratore bestemmia in ufficio è giusto che venga licenziato rifacendosi a una norma penale del 1930, ma se un bidello, anche in questo caso sul luogo di lavoro, palpeggia una studentessa no? A un primo sguardo, sembra chiaro che viviamo in un Paese dove evidentemente l’offesa a Dio è più grave dell’offesa nei confronti di una donna.

E questo da un lato è alquanto bizzarro, dall’altro è a dir poco sgradevole. Ma, anche in questo caso, non ci stupisce. E il perché non lo faccia ce lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, soprattutto in questo ultimo periodo dove di violenza sulle donne si parla spesso a seguito degli ultimi casi di cronaca.

Analizzando le due vicende, così lontane tra loro, è chiaro il messaggio che passa: bestemmiare non è concesso perché altrimenti rischiamo di perdere il posto di lavoro, ma se una ragazzina viene molestata "per meno di dieci secondi" non veniamo nemmeno puniti. La similitudine sta nel fatto che in entrambi i casi c’è lo sbaglio (seppur di natura ded entità decisamente diverse), la differenza è che in uno dei due ci sono delle conseguenze, nell’altro no.