Per le molestie a scuola (ma anche altrove) c'è un timer? Una “palpata di 10 secondi” è troppo breve per essere considerata molestia, almeno così dicono i giudici. E, infatti, l’assoluzione del bidello della scuola romana continua a tenere banco. Politica, mondo civile e opinione pubblica in generale ancora quasi non credono che si possa infilare le mani nelle mutande di una ragazzina e non subire alcuna conseguenza perché il gesto è durato meno di dieci secondi. Come a dire: tre, quattro, cinque secondi si può molestare una donna. Un messaggio raccapricciante che sta scatenando l'indignazione anche nel web.
Sui social è scattato l’hashtag #10secondi: attori, attivisti, personaggi noti e semplici utenti stanno postando video mimano il gesto di auto palparsi per poi commentare (con indignazione) la sentenza. Il sentimento comune, oltre lo sdegno, è riassunto in una semplice domanda: "Come dite domani a vostra figlia che deve denunciare perché lo Stato la proteggerà?".
La sentenza: “Quasi uno sfioramento”
Facciamo un passo indietro e torniamo alla sentenza 'sotto accusa'. La “repentinità dell'azione, senza alcuna insistenza nel toccamento”, da considerarsi “quasi uno sfioramento” non consente di “configurare l'intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale”. E' questo che scrivono i giudici del tribunale di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui hanno assolto con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, un bidello di 67 anni di un istituto scolastico della Capitale, finito sotto processo per l'accusa di violenza sessuale per avere toccato una studentessa. Il fatto risale all’aprile 2022 e la ragazza stava salendo le scale della scuola quando il bidello l’ha toccata, infilando le mani nelle mutande. Per il collegio della quinta sezione il toccamento, durato “tra i 5 e i 10 secondi” così come ha denunciato la vittima, è avvenuto ma senza l'elemento soggettivo: la volontà da parte del bidello di molestare la minorenne. I giudici non hanno, quindi, accolto l'impostazione della Procura che aveva chiesto per l'imputato una condanna a 3 anni e mezzo di reclusione. Nel corso del processo l'imputato ha ammesso di avere toccato la studentessa ma di averlo fatto “per scherzo”. La vittima ha, invece, ribadito quanto avvenuto. Per i giudici “nel caso di specie” le modalità “dell'azione lasciano ampi margini di dubbio sulla volontarietà nella violazione della libertà sessuale della ragazza, considerato proprio la natura di sfioramento, per un tempo sicuramente minimo, posto che l'intera azione si concentra in una manciata di secondi, senza alcun indugio nel toccamento”. Inoltre, aggiungono i magistrati nelle motivazioni, “appare verosimile che lo sfioramento sia stato causato da una manovra maldestra dell'imputato che, in ragione della dinamica dell'azione, posta in essere mentre i soggetti erano in movimento potrebbe avere accidentalmente e fortuitamente attivato un movimento ulteriore e non confacente all'intento iniziale”. Su quest'ultimo aspetto, a detta del tribunale, “depone anche la condotta successiva dell'imputato, che solo alla manifestazione di disagio della ragazza, si è reso conto della natura inopportuna del suo gesto, andato oltre le proprie intenzioni, tanto da cercare di chiarire la situazione ed evitare ogni fraintendimento”.L'indignazione della Rete degli Studenti
Sulle motivazioni della sentenza si dichiarano “indignati” gli studenti della Rete degli Studenti Medi del Lazio. “Di nuovo una molestia non viene riconosciuta in quanto tale per una motivazione assurda, stavolta addirittura in virtù della sua durata” afferma la coordinatrice Tullia Nargiso. “Vogliamo sentirci sicure in ogni luogo, e in particolare a scuola che dovrebbe insegnare a riconoscere e abbattere le violenze di genere e le discriminazioni” prosegue. “Invece ancora una volta questo non succede, e anzi gli edifici scolastici diventano teatro di molestie neppure riconosciute e punite” conclude il sindacato degli studenti.Molestie, Michela Murgia: "Atti di potere"
Anche la scrittrice Michela Murgia commenta la vicenda del collaboratore scolastico assolto dall’accusa di molestie nei confronti di un’alunna facendo una profonda riflessione sul “consenso”. “Questa storia e quella del figlio di La Russa sono collegate da un tema, quello del consenso. Anche se non si tratta di stupro, ma di molestia, il caso del bidello è molto più grave dal punto di vista giudiziario e culturale” sostiene. Poi ricorda l'aberrante fatto: “Il bidello le ha effettivamente infilato la mano nelle mutande e i giudici ne hanno preso atto. Lui viene assolto in quanto non ha agito ‘con concupiscenza’, cioè con desiderio”. E qui Murgia sottolinea: “L’intenzione che viene presa in considerazione non è quella della ragazza, ma del bidello. L’intenzione che conta dovrebbe essere quella della ragazza, che è la vittima proprio perché ha subito le intenzioni altrui senza che nessuno le chiedesse le sue”. Secondo la scrittrice e attivista “la molestia, lo stupro, la violenza sessuale non sono mai atti di puro desiderio. Sono atti di potere”. “Gli uomini li fanno perché possono farli, non solo perché vogliono. E sono atti che avvengono sempre in condizioni di dislivello di potere” continua la scrittrice sarda. “Il bidello, infatti, non ha molestato la dirigente scolastica. Il principio dell’abuso di potere è che il consenso dell’altra persona non conta niente e viene ignorato. Invece che considerare cosa lei volesse, i giudici hanno valutato cosa lui voleva e non voleva” dice ancora. E poi conclude con una domanda (durissima): “Come glielo dite domani a vostra figlia che deve denunciare perché lo Stato la proteggerà?”.“Società misogina, il consenso delle donne conta poco o niente”
La sentenza del tribunale di Roma “ci dice molto sulla nostra società misogina in cui il consenso delle donne conta poco o niente e una mano messa da un uomo sessantenne nelle mutande di una studentessa minorenne diventa una manovra maldestra ma priva di concupiscenza” commenta Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Giustizia. E aggiunge: “Mi chiedo cosa penserà della giustizia italiana questa ragazza che ha denunciato la molestia, si è rivolta alle autorità, ha fatto tutto ciò che lo Stato le chiede di fare e si è sentita rispondere che il suo mancato consenso non conta, perché l'uomo ha tenuto la mano nei suoi pantaloni solo per una manciata di secondi e senza piacere sessuale”. “Per lui neanche una condanna morale, per lei nessuna giustizia. Continuiamo pure a meravigliarci se 8 donne su 10 si rifiutano di denunciare” conclude. Per l’Associazione Lesbica Femminista Italiana Aps una sentenza choc. “No. Nemmeno un solo secondo, senza consenso” scrive sui social. E puntualizza: “Ci vuole meno di un secondo per dire la parola consenso, millenni di storia invece non bastano per capire cosa significhi”. Duro anche il commento di Carlotta Vagnoli, scrittrice e attivista. "Viviamo in una cultura in cui l’empatia verso il genere femminile si attiva solo se vengono tirate il ballo le 'prime donne utili' che ha un uomo nella propria vita" dice sui social. "Non usateci come oggetti per smuovere a pietà. Non usate le nostre storie di violenza per smuovere pietà. Perché noi non vogliamo pietà: vogliamo rabbia. Dateci rabbia, visto che persino le istituzioni si scordano di proteggerci" sostiene.Il trend #10secondi
Con l’hashtag #10secondi, i social criticano fortemente la decisione del tribunale di non considerare molestia una palpata sul sedere perché durata meno di tale tempo. Attori, attivisti, personaggi noti e anche persone comuni stanno postando video in cui si toccano il seno ma per meno del famigerato tempo (nei filmati appare un timer) e, quindi, commentano la sentenza. A lanciare il trend #10secondi è stato l’attore Paolo Camilli, nuovo giudice di Drag Race Italia 3, che dimostra quanto infinito e interminabile possa essere questo arco di tempo, quando ci si sente impaurite e violate. Camilli nel video si domanda ironicamente: “Ma chi li conta i dieci secondi? C’è Dobby l’elfo col cronometro?”. Poi torna serio e si chiede: “Ma lo Stato non dovrebbe proteggere?”.Visualizza questo post su Instagram
Francesco Cicconetti, 26enne transgender di Rimini, conosciuto dalla community di Instagram come “Mehths” rilancia l’idea di Camilli. Posta il video e fa una lunga riflessione sul corpo delle donne e sul mondo patriarcale che ancora oggi regna sovrano. “Il corpo delle donne non è di proprietà degli uomini. Non è di proprietà di nessuno, solo delle donne stesse. Non è del padre che lo vuole consegnare al marito, non è del fidanzato che lo vuole nascondere, non è del compagno che lo vuole governare, non è del figlio che lo vuole proteggere, non è del fratello che ne vuole difendere l’onore” scrive Cicconetti. "Siamo cresciuti (uso il maschile sovraesteso per un motivo) in un sistema che insegna agli uomini che il mondo è di loro proprietà, così come il corpo delle donne" aggiunge. "Continuamente sessualizzato, questo corpo ha finito per diventare un mero oggetto sessuale: un oggetto da guardare e commentare, a cui dare un voto e con cui giocare; un oggetto da toccare liberamente, a proprio piacere, in base a quanto serve" prosegue la riflessione.Visualizza questo post su Instagram