“Tutti liberi, subito”. È il grido degli oltre cento manifestanti che mercoledì scorso si sono radunati nel cortile di Palazzo d’Accursio, sede del Comune di Bologna, per protestare contro i sei divieti di dimora emessi nei giorni scorsi dal gip Domenico Truppa nei confronti di alcuni attivisti dei collettivi Luna e Làbas.
Il provvedimento ritenuto "sproporzionato e fascista” è arrivato in seguito agli scontri con le forze dell'ordine avvenuti in occasione dello sgombero dell’Istituto Santa Giuliana di via Mazzini, il 17 ottobre scorso. Gli attivisti avevano occupato lo stabile undici giorni prima, il 6 ottobre, per metterlo a disposizione di studenti, lavoratori, disoccupati e di “chiunque è rimasto senza un tetto a causa dell’emergenza abitativa, dovuta alla bolla speculativa che ha aggredito Bologna”.
In quel pomeriggio, caratterizzato da violenti scontri, rimasero feriti una studentessa di 25 anni e tre agenti della polizia. "Allo sgombero c'eravamo anche noi – così il consigliere comunale di Coalizione civica, Detjon Begaj, che ha partecipato all’incontro dove erano presenti anche la vicesindaca Emily Clancy e l’altra consigliera di Coalizione Civica, Simona Larghetti – e la reazione è stata sproporzionata. In questi giorni l'Italia si sta indignando per la ‘cultura del manganello’ dopo gli episodi di Pisa e sotto le sedi Rai, perché sono cose visibili, ma ci sono altre cose meno visibili, come i divieti di dimora. Noi vogliamo dire no al confinamento stabilito dai divieti di dimora, a Bologna si deve discutere di come viene gestito l'ordine pubblico, perché altrimenti finiscono democrazia e libertà”.
La voce dei manifestanti
Durante la manifestazione – a cui oltre gli attivisti di Luna, Tpo e Làbas hanno partecipato anche altre associazioni e sindacati come Adl Cobas – sono state tante le voci che si sono alzate per chiedere la revoca immediata delle misure. Tra queste, anche quella di Martina Solidoro, la studentessa di 25 anni rimasta ferita (è stata dimessa dall’ospedale con sei punti di sutura) proprio durante gli scontri del 17 ottobre, che afferma di “aver preso, quel giorno, una manganellata in testa, mentre invece hanno scritto falsamente che ero inciampata”. Dopo di lei ha preso la parola anche Ilaria Giusberti, che assiste i sei attivisti (presenti in videocollegamento da Reggio Emilia) e che ha annunciato la volontà di presentare ricorso contro le misure cautelari: “Nell’ordinanza – sottolinea – si parla di pericolosità sociale. Ma che pericolo possono rappresentare delle persone che esercitano i propri diritti costituzionalmente garantiti?”.
Applausi e cori hanno fatto da sfondo al lungo striscione con la scritta ‘Contro il divieto di dimora per sei attivisti dei Municipi sociali solidarietà e complicità qui e altrove. #TorniAmo a Bologna, sprigioniamo la primavera’ con cui gli attivisti hanno manifestato la loro volontà di "non fare neanche un passo indietro e non chinare la testa”.
Quel calcio nelle parti intime
A prendere la parola anche Ilaria Cauzzi, la ragazza che il 6 dicembre scorso è stata colpita da un agente con un calcio nelle parti intime. Per quell’episodio aveva sporto denuncia per violenza sessuale, ma la Procura bolognese nei giorni scorsi ha presentato richiesta di archiviazione. Richiesta a cui Ilaria e la sua legale, Marina Prosperi, si opporranno. "Vogliono cacciarci e zittirci – ha detto la giovane – ma noi non resteremo in silenzio e continueremo a scendere in piazza perché quello che sta succedendo è una vergogna”.
Solidarietà agli attivisti è arrivata anche dai consiglieri comunali del Partito Democratico bolognese, Mery De Martino e Mattia Santori, secondo cui "chiedere loro di lasciare tutto in poco tempo, senza che ancora sia stata accertata alcuna colpevolezza, è una decisione che fatichiamo a comprendere e che temiamo, anche alla luce di recenti casi di cronaca, possa contribuire a incrinare ancora di più il rapporto tra gestione della pubblica sicurezza e libertà di manifestazione”.
Michele Bulgarelli, segretario della Cgil di Bologna, esprime "preoccupazione per la decisione della magistratura di disporre la misura cautelare del divieto di dimora a Bologna di sei attivisti appartenenti ai collettivi sociali Luna e Labas”. Per il numero uno della Camera del lavoro con il componente della segreteria Mirto Bissoli, “la misura cautelare del divieto di dimora è sproporzionata e di natura sanzionatoria”.