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Home » Attualità » Chi è Cloe Bianco, la professoressa transgender che si è tolta la vita dandosi fuoco

Chi è Cloe Bianco, la professoressa transgender che si è tolta la vita dandosi fuoco

Discriminata per la sua scelta, la 58enne era stata sospesa dall’istituto di Agraria 'Scarpa-Mattei' di San Donà di Piave nel quale insegnava, perché era entrata in classe vestita in abiti femminili. L'annuncio del suicidio sul suo blog

Lucia Lapi
14 Giugno 2022
Cloe Bianco, 58 anni, nel suo blog dedicato alle persone transgender ha annunciato la sua morte.

Cloe Bianco, 58 anni, nel suo blog dedicato alle persone transgender ha annunciato la sua morte

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l risultato dell’esame sul Dna chiuderà formalmente la storia di Cloe Bianco: la piccola casa con le ruote, come a lei piaceva chiamarla, con il suo corpo carbonizzato dentro è stata trovata nel bosco tra Auronzo e Misurina. Anche se la procura di Belluno ha disposto l’esame del Dna, non ci sono dubbi che si tratti della professoressa transgender che si è uccisa. Ma l’ex docente transgender la propria fine, con il fuoco appiccato al camper in cui viveva, l’aveva scritta e progettata da tempo. Lasciando addirittura in un blog le proprie volontà testamentarie, e descrivendo, come in una poesia triste, i momenti che l’avrebbero portata al suicidio. Il suo cadavere carbonizzato – manca solo l’esito del test genetico – è stato ritrovato sabato scorso in un furgone incendiato a lato della strada regionale tra Auronzo e Misurina (Belluno). Secondo quanto è stato possibile ricostruire, è stata la stessa

Non è stato un incidente la morte di Cloe Bianco, 58 anni, originaria di Marcon, trovata carbonizzata all’interno del suo camper

Non è stato un incidente la morte di Cloe Bianco, 58 anni, originaria di Marcon, trovata carbonizzata all’interno del suo camper

La piccola casa sulle ruote

Cloe a dar fuoco al veicolo che usava come abitazione, per togliersi la vita. Il finale di un’esistenza fatta di sofferenza, di pregiudizi, che l’avevano allontanata mano a mano dalle relazioni sociali, dal lavoro, da tutto. L’intenzione del suicidio l’aveva anticipata nel suo blog il 10 giugno.

Quel messaggio sul suo blog

“Subito dopo la pubblicazione di questo comunicato – si legge nel sito web – porrò in essere la mia autochiria, ancor più definibile come la mia libera morte. In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò. Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto“.. le parole scritte da Cloe Bianco

Nel sito aveva riprodotto le immagini del testamento e delle proprie disposizioni anticipate di trattamento. La Procura della Repubblica di Belluno ha disposto ora l’esame del Dna per accertare ufficialmente che si tratta di lei, ma dubbi, sostanzialmente, non ve ne sono. La donna sfogava da tempo sulla rete le sue inquietudini, denunciando i “tentativi di annientamento” della sua persona, la sofferenza che le causava chi le stava intorno.

Il cambio di vita, da Luca a Cloe

Nel 2015, all’anagrafe ancora con il nome di Luca Bianco, 50 anni, Cloe era un insegnante tecnico all’istituto di Agraria 'Scarpa-Mattei' di San Donà di Piave
Nel 2015, all’anagrafe ancora con il nome di Luca Bianco, 50 anni, Cloe era un insegnante tecnico all’istituto di Agraria ‘Scarpa-Mattei’ di San Donà di Piave

Nel 2015, all’anagrafe ancora con il nome di Luca Bianco, 50 anni, Cloe era un insegnante tecnico all’istituto di Agraria ‘Scarpa-Mattei’ di San Donà di Piave. Un giorno entrò in classe vestita in abiti femminili, mostrandosi ai suoi allievi per come veramente si sentiva.

“Cari ragazzi da oggi mi chiamerete Cloe” aveva esordito. Si era presentata in minigonna, unghie laccate, caschetto biondo-cenere ,ombretto alle palpebre, facendo sobbalzare gli studenti. Fu una ragazza in particolare a dirsi choccata da quella rilevazione: uscì piangendo dall’aula e una volta a casa riferì tutto al padre, che scrisse direttamente all’assessore regionale all’istruzione Elena Donazzan – la quale in seguito fu solidale col genitore – raccontando di quella “carnevalata”. “Ma davvero – aggiunse – la scuola si è ridotta così?”.

La sconfitta

Cloe uscì sconfitta anche in quell’occasione. Il presidente del tribunale del lavoro di Venezia, pur “senza voler criticare una »legittima scelta identitaria”, sognata da Bianco dall’età di 5 anni”, stabilì che la sospensione di tre giorni inflitta dalla scuola al prof “era stata giusta” perché l’outing in così breve tempo, senza preparare adeguatamente le scolaresche, non era stato “responsabile e corretto”.

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  • Avete mai pensato a come fare quando siete in una foresta, in montagna o in una spiaggia solitaria, lontane da tutti, completamente immerse nella natura, ma avete il ciclo? 

🟪 A questa eventualità ha risposto una ragazza scozzese, che ha sviluppato un kit mestruale portatile da usare all’aperto quando non esistono i servizi igienici o non c’è accesso alle toilette. Erin Reid, 25 anni, ha concepito l’idea quando ha affrontato il cammino di 96 miglia (154 km) della West Highland Way da Milngavie, vicino a Glasgow, a Fort William. Ispirata dalle sue esperienze racconta: 

🗣“Ho avuto le mestruazioni per tutto il tempo ed è stata una vera seccatura Il mio obiettivo è quello di risolvere il problema e dare alle persone la possibilità di uscire all’aria aperta quando hanno le mestruazioni”. Secondo Erin, le donne che si trovano in luoghi isolati potrebbero correre il rischio di infezioni del tratto urinario, shock tossico o infertilità a causa della scarsa igiene, quando non c’è accesso a bagni, impianti per lavarsi le mani o luoghi per smaltire i prodotti sanitari usati.

La ragazza ha dichiarato che il suo kit è pensato per chi pratica l’escursionismo, il kayak e per il personale militare, ma ha spiegato che, grazie anche al design a forma di fiaschetta, potrebbe interessare persino il pubblico femminile dei festival all’aperto, preoccupati di utilizzare i bagni chimici. Il kit contiene: una coppetta mestruale riutilizzabile, salviette antibatteriche, che consentono di pulire la coppetta in viaggio e un semplice erogatore che può essere utilizzato anche senza avere le mani pulite, quindi in situazioni in cui non è possibile accedere a servizi igienici o all’acqua corrente. 

L’ex studentessa della Napier University, laureata in Design del Prodotto, spera ora di lanciare il prodotto nel 2024: appassionata escursionista e ciclista è ora alla ricerca di finanziamenti per portare sul mercato il suo kit per l’igiene mestruale LU Innovations. Che è stato sviluppato con il sostegno di Converge, società di supporto per le università e gli istituti di ricerca che lavorano su nuovi prototipi.

#lucenews #mestruazioni #kitmestruale #ciclomestruale #designdelprodotto
  • “Ho fatto un film artigianale, maldestramente ispirato a una lettera di Elsa Morante, e dedicato a tutte le ‘cattive ragazze’, che cattive non sono, e che lottano in tutto il mondo: dall’Iran all’Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria”.

Il corto “Le Pupille” di Alice Rohrwcher ha ricevuto ieri, 24 gennaio, una nomination agli Oscar per il miglior Live Action Short. La cerimonia finale si terrà a Los Angeles il 12 marzo.

La reazione e la gioia delle piccole protagoniste, della troupe e della regista✨

#lucenews #lucelanazione #lepupille #oscar2023
  • C’è anche un film italiano in corsa per gli Oscar. 

È il cortometraggio "Le pupille" diretto da Alice Rohrwacher, regista quarantunenne nata in Toscana, cresciuta nella campagna umbra, regista "artigianale", autodidatta, i cui film hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Le pupille è prodotto dal regista premio Oscar Alfonso Cuarón, ed è entrato nella cinquina delle pellicole in corsa per l’Oscar del Miglior cortometraggio.

"Dedico questa nomination alle “bambine cattive“, che cattive non sono affatto, e che sono in lotta ovunque nel mondo: in Iran, in Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria. Mi auguro che, come nel mio cortometraggio, possano rompere la torta e condividerla fra loro". 

Si parla, infatti, nel film, di una torta. E di costrizioni, divieti, imposizioni, rigide regole da sovvertire. Il film prende spunto, dice la regista, da una lettera che nel dicembre 1971 la scrittrice Elsa Morante inviò all’amico giornalista e critico cinematografico Goffredo Fofi.

Nella lettera, la Morante racconta una storia avvenuta in un collegio di preti, negli anni del fascismo. Una decina di ragazzi si preparano al pranzo di Natale, scoprendo che a chiudere il pasto c’è un’enorme zuppa inglese. Ma il priore li invita a "fare un fioretto" a Gesù Bambino, rinunciando alla loro fetta di dolce. Qualcuno si ribellerà: un "bimbo cattivo". La lettera è pubblicata, col titolo di Pranzo di Natale, per le edizioni milanesi Henry Beyle, nel 2014.

Invitata da Cuarón a prendere parte a un progetto di corti per Disney+, Alice Rohrwacher ha scelto questa storia. Ma con un radicale cambiamento: ha trasformato i ragazzi in ragazzine, in "pupille", piccole orfane ospitate dalle suore. L’intransigente priora è interpretata dalla sorella della regista, Alba Rohrwacher. A portare la torta in convento è una eccentrica nobildonna che chiede – in cambio del dono – di pregare per l’uomo che la ha tradita e abbandonata.

È la prima volta, invece, che la regista riceve una nomination agli Oscar, e lo fa con una fiaba anarchica, un Canto di Natale "in rosa", rivoluzionario e al femminile.

L
  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
l risultato dell’esame sul Dna chiuderà formalmente la storia di Cloe Bianco: la piccola casa con le ruote, come a lei piaceva chiamarla, con il suo corpo carbonizzato dentro è stata trovata nel bosco tra Auronzo e Misurina. Anche se la procura di Belluno ha disposto l’esame del Dna, non ci sono dubbi che si tratti della professoressa transgender che si è uccisa. Ma l’ex docente transgender la propria fine, con il fuoco appiccato al camper in cui viveva, l’aveva scritta e progettata da tempo. Lasciando addirittura in un blog le proprie volontà testamentarie, e descrivendo, come in una poesia triste, i momenti che l’avrebbero portata al suicidio. Il suo cadavere carbonizzato - manca solo l’esito del test genetico - è stato ritrovato sabato scorso in un furgone incendiato a lato della strada regionale tra Auronzo e Misurina (Belluno). Secondo quanto è stato possibile ricostruire, è stata la stessa
Non è stato un incidente la morte di Cloe Bianco, 58 anni, originaria di Marcon, trovata carbonizzata all’interno del suo camper

Non è stato un incidente la morte di Cloe Bianco, 58 anni, originaria di Marcon, trovata carbonizzata all’interno del suo camper

La piccola casa sulle ruote

Cloe a dar fuoco al veicolo che usava come abitazione, per togliersi la vita. Il finale di un’esistenza fatta di sofferenza, di pregiudizi, che l’avevano allontanata mano a mano dalle relazioni sociali, dal lavoro, da tutto. L’intenzione del suicidio l’aveva anticipata nel suo blog il 10 giugno.

Quel messaggio sul suo blog

"Subito dopo la pubblicazione di questo comunicato - si legge nel sito web - porrò in essere la mia autochiria, ancor più definibile come la mia libera morte. In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò. Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto".. le parole scritte da Cloe Bianco Nel sito aveva riprodotto le immagini del testamento e delle proprie disposizioni anticipate di trattamento. La Procura della Repubblica di Belluno ha disposto ora l’esame del Dna per accertare ufficialmente che si tratta di lei, ma dubbi, sostanzialmente, non ve ne sono. La donna sfogava da tempo sulla rete le sue inquietudini, denunciando i "tentativi di annientamento" della sua persona, la sofferenza che le causava chi le stava intorno.

Il cambio di vita, da Luca a Cloe

Nel 2015, all’anagrafe ancora con il nome di Luca Bianco, 50 anni, Cloe era un insegnante tecnico all’istituto di Agraria 'Scarpa-Mattei' di San Donà di Piave
Nel 2015, all’anagrafe ancora con il nome di Luca Bianco, 50 anni, Cloe era un insegnante tecnico all’istituto di Agraria 'Scarpa-Mattei' di San Donà di Piave
Nel 2015, all’anagrafe ancora con il nome di Luca Bianco, 50 anni, Cloe era un insegnante tecnico all’istituto di Agraria 'Scarpa-Mattei' di San Donà di Piave. Un giorno entrò in classe vestita in abiti femminili, mostrandosi ai suoi allievi per come veramente si sentiva. "Cari ragazzi da oggi mi chiamerete Cloe" aveva esordito. Si era presentata in minigonna, unghie laccate, caschetto biondo-cenere ,ombretto alle palpebre, facendo sobbalzare gli studenti. Fu una ragazza in particolare a dirsi choccata da quella rilevazione: uscì piangendo dall’aula e una volta a casa riferì tutto al padre, che scrisse direttamente all’assessore regionale all’istruzione Elena Donazzan - la quale in seguito fu solidale col genitore - raccontando di quella "carnevalata". "Ma davvero - aggiunse - la scuola si è ridotta così?".

La sconfitta

Cloe uscì sconfitta anche in quell’occasione. Il presidente del tribunale del lavoro di Venezia, pur "senza voler criticare una »legittima scelta identitaria", sognata da Bianco dall’età di 5 anni", stabilì che la sospensione di tre giorni inflitta dalla scuola al prof "era stata giusta" perché l’outing in così breve tempo, senza preparare adeguatamente le scolaresche, non era stato "responsabile e corretto".
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