Ebbene sì, i democraticissimi Stati Uniti hanno bloccato TikTok. O meglio, avevano bloccato. E non per modo di dire. Per un giorno intero gli utenti di TikTok che si trovano negli USA si sono ritrovati davanti a un messaggio inequivocabile: “Spiacenti, TikTok non è disponibile in questo momento. Una legge che prevede il bando di TikTok è entrata in vigore negli Stati Uniti. Questo significa che non potete usare TikTok per ora. Per fortuna, il presidente Trump ha detto che troverà con noi una soluzione per rendere nuovamente disponibile TikTok appena si insedierà”.
TikTok torna a funzionare
Da qualche ora, tuttavia, i media internazionali segnalano un ripresa del funzionamento dell’app ‘dei balletti’ (in perfetto stile boomer), di nuovo online proprio per il via libera legato all’insediamento, lunedì 20 gennaio, del nuovo presidente alla Casa Bianca.
Ma ciò non cancella quanto accaduto fino a poche ore fa. Un oscuramento in piena regola che non solo impedisce agli americani di scaricare l’app, ma anche di utilizzarla. Inizialmente, cliccando su “Annulla”, gli utenti potevano continuare ad accedere, ma intorno alle 4.30 italiane il blackout è diventato totale. Anche CapCut e Lemon8, app collegate alla stessa proprietà, sono state rese indisponibili.
Cosa è successo
Tutto è partito da una legge approvata dal Congresso e convalidata dalla Corte Suprema, che ha imposto a ByteDance, l’azienda cinese proprietaria di TikTok, di cedere le operazioni statunitensi a un’impresa americana, pena il bando. Sia Biden che Trump sembravano favorevoli a concedere una proroga, ma qualcosa è andato storto nella fase di transizione tra le due amministrazioni, rendendo impossibile intervenire. Eppure, alcune fonti, tra cui il sito The Information, sostengono che i responsabili di Oracle, azienda che gestisce i server di TikTok negli USA, fossero stati avvisati dell’oscuramento già nella notte tra sabato e domenica. Questo lascia intendere che la decisione fosse già pianificata. Al centro del dibattito ci sarebbe il controllo delle informazioni e la sicurezza nazionale. Non a caso, è risaputo che Trump, pur promettendo di ripristinare TikTok, vorrebbe che gli USA possedessero almeno il 50% delle operazioni americane della piattaforma. Il punto è che l’attuale blocco ha aperto un fronte ancora più controverso: molti utenti si sono riversati su RedNote, una piattaforma cinese che non prevede nemmeno la lingua inglese e che, nelle sue policy, si riserva il diritto di appropriarsi di ogni contenuto postato, alla faccia della sicurezza nazionale. Ironia della sorte: un’esplicita allusione al "Libretto Rosso" di Mao, che richiama inevitabilmente alla storia politica cinese.
Da social di intrattenimento a mezzo di propaganda
TikTok, tra l’altro, è stato uno strumento cruciale per Trump durante la sua campagna elettorale: la piattaforma ha amplificato messaggi, slogan e contenuti virali, trasformandosi in un mezzo di propaganda straordinariamente efficace soprattutto nei confronti dei giovani. Il bando, dunque, appare ancora più emblematico, rivelando le contraddizioni dell’attuale scenario geopolitico.
I rischi
Il fatto è che il problema va ben oltre la notizia. Se un Paese come gli USA, spesso auto-proclamatosi leader del “mondo libero”, sceglie di oscurare un social network, la questione non può essere liquidata con qualche sorriso ironico. Quando lo fanno Stati come Cina, Turchia o Corea del Nord, li accusiamo di autoritarismo. Perché, invece, quando accade in una democrazia, ci limitiamo a qualche battuta sugli amici americani? Il dibattito dovrebbe essere urgente e riguardare, tra le altre cose, il ruolo di internet nelle nostre vite. È giusto, lecito e possibile che uno strumento di comunicazione globale come un social network venga “spento” per questioni geopolitiche? E soprattutto, cosa succede se a spegnerlo è la “democrazia guida” del mondo occidentale? Forse, più che TikTok, a essere sotto assedio è l’idea stessa di democrazia. Ne riparleremo su qualche social. Sempre che continuerà a essere possibile.