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Home » Attualità » Disabilità: via libera ai permessi per i familiari “acquisiti” anche per gli uniti civilmente

Disabilità: via libera ai permessi per i familiari “acquisiti” anche per gli uniti civilmente

Con la circolare n.36 del 7 marzo 2022 l’INPS ha finalmente concesso ai cittadini diversamente abili i permessi per l'assistenza ai familiari del partner e viceversa. Nessuna novità invece per le convivenze di fatto

Domenico Guarino
16 Marzo 2022
disabilità

disabilità

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Le unioni civili si, le convivenze no. Ma almeno un primo, significativo, passo avanti è stato fatto. Con la Circolare n. 36 del 7 marzo 2022 l’INPS ha finalmente messo fine alla discriminazione tra i cittadini con disabilità sposati e quelli uniti civilmente. In caso di questa seconda ipotesi, d’ora in avanti, il lavoratore potrà richiedere, oltre alle tre giornate mensili o la riduzione di orario lavorativo, anche i permessi per assistere i familiari del partner; al contrario, in caso di convivenza, le agevolazioni saranno riconosciute solo per l’assistenza al compagno o alla compagna.

L’Inps aggiorna i permessi per le persone con disabilità unite civilmente: ora i lavoratori potranno assistere anche i parenti del partner

La battaglia fra leggi: la 104 contro la “Cirinnà”

Si tratta di un’importante novità, che segna un progresso nel campo dei diritti civili. Un passo in avanti che arriva dopo una dura battaglia condotta da OMAR-Osservatorio Malattie rare che aveva raccontato la mobilitazione di diverse associazioni (Avvocatura per i diritti Lgbtq – Rete Lenford, Fish, Ledha e altre) unite nel chiedere l’adozione di una nuova circolare da parte dell’INPS, in grado di garantire il diritto delle parti di un’unione civile ad avere gli stessi benefici. A seguito dell’emanazione della legge n. 76 del 20 maggio 2016 (cd. Legge Cirinnà), che istituisce e regola le unioni civili e le convivenze di fatto, l’INPS, con una sua circolare (n. 38 del 27 febbraio 2017) aveva chiarito che “la parte di un’unione civile che presti assistenza all’altra parte può usufruire di permessi di cui alla legge n.104/92 e del congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, D. Lgs. 151/2001″. Non era stato  però riconosciuta la possibilità per gli uniti civilmente di poter prestare assistenza nei confronti dei parenti dell’altra parte.

Un vulnus che, per le associazioni che si battono per i diritti delle persone diversamente abili, ha rappresentato una vera e propria “discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e della disabilità, non indicando per gli uniti civilmente gli stessi diritti che hanno invece i coniugi per l’assistenza ad una persona con disabilità”. Tra le altre cose, non veniva riconosciuta la possibilità di ottenere particolari permessi per i congiunti che assistono persone con disabilità grave e per i lavoratori a cui è stato riconosciuto lo stato di disabile in situazione di gravità. Quindi, a differenza di quanto stabilito per i coniugi, secondo l’Istituto, la parte di un’unione civile poteva usufruire delle agevolazioni  di cui alla legge n. 104/1992 solo nel caso di assistenza diretta all’altra parte dell’unione e non nel caso di assistenza rivolta ad un parente dell’unito civilmente.

La svolta per l’assistenza nelle unioni civili

Finalmente, su parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, lo scorso 7 marzo, l’INPS ha emanato la  Circolare n. 36 che ha messo fine alla discriminazione in atto riconoscendo, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito. Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione. Ciò, si legge nel testo della circolare, “al fine di evitare comportamenti discriminatori nei riguardi di due situazioni giuridiche comunque comparabili (uniti civilmente e coniugi), seppure l’articolo 78 del codice civile non venga espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, ai fini del riconoscimento dei benefici in parola, va riconosciuto sussistente il rapporto di affinità anche tra l’unito civilmente e i parenti dell’altra parte”.

Nessuna novità per le convivenze

Per quanto riguarda i conviventi di fatto, invece, la circolare non ha apportato alcuna novità. Il rapporto di affinità non è infatti riconoscibile tra il convivente e i parenti dell’altro partner, perché la convivenza non è un istituto giuridico (come l’unione civile), ma una situazione di fatto tra due persone. Dunque, a differenza di quanto avviene per i coniugi e gli uniti civilmente, il “convivente di fatto” può usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 solo nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza ad un parente del convivente.

I benefici previsti dalla circolare

Per l’unito civilmente (lavoratore del settore privato):

  1. ha diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992, oltre che nel caso in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito. Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione;
  2. ha diritto al congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, D. Lgs. 151/2001.

Per il convivente di fatto (lavoratore del settore privato):

  1. ha diritto ai permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza all’altro convivente (e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente).
  2. Non ha quindi diritto al congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, D. Lgs. 151/2001.

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  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

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Le unioni civili si, le convivenze no. Ma almeno un primo, significativo, passo avanti è stato fatto. Con la Circolare n. 36 del 7 marzo 2022 l’INPS ha finalmente messo fine alla discriminazione tra i cittadini con disabilità sposati e quelli uniti civilmente. In caso di questa seconda ipotesi, d’ora in avanti, il lavoratore potrà richiedere, oltre alle tre giornate mensili o la riduzione di orario lavorativo, anche i permessi per assistere i familiari del partner; al contrario, in caso di convivenza, le agevolazioni saranno riconosciute solo per l’assistenza al compagno o alla compagna.

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Un vulnus che, per le associazioni che si battono per i diritti delle persone diversamente abili, ha rappresentato una vera e propria “discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e della disabilità, non indicando per gli uniti civilmente gli stessi diritti che hanno invece i coniugi per l’assistenza ad una persona con disabilità”. Tra le altre cose, non veniva riconosciuta la possibilità di ottenere particolari permessi per i congiunti che assistono persone con disabilità grave e per i lavoratori a cui è stato riconosciuto lo stato di disabile in situazione di gravità. Quindi, a differenza di quanto stabilito per i coniugi, secondo l’Istituto, la parte di un’unione civile poteva usufruire delle agevolazioni  di cui alla legge n. 104/1992 solo nel caso di assistenza diretta all’altra parte dell’unione e non nel caso di assistenza rivolta ad un parente dell’unito civilmente.

La svolta per l'assistenza nelle unioni civili

Finalmente, su parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, lo scorso 7 marzo, l’INPS ha emanato la  Circolare n. 36 che ha messo fine alla discriminazione in atto riconoscendo, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito. Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione. Ciò, si legge nel testo della circolare, “al fine di evitare comportamenti discriminatori nei riguardi di due situazioni giuridiche comunque comparabili (uniti civilmente e coniugi), seppure l’articolo 78 del codice civile non venga espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, ai fini del riconoscimento dei benefici in parola, va riconosciuto sussistente il rapporto di affinità anche tra l’unito civilmente e i parenti dell’altra parte”.

Nessuna novità per le convivenze

Per quanto riguarda i conviventi di fatto, invece, la circolare non ha apportato alcuna novità. Il rapporto di affinità non è infatti riconoscibile tra il convivente e i parenti dell’altro partner, perché la convivenza non è un istituto giuridico (come l’unione civile), ma una situazione di fatto tra due persone. Dunque, a differenza di quanto avviene per i coniugi e gli uniti civilmente, il “convivente di fatto” può usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 solo nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza ad un parente del convivente.

I benefici previsti dalla circolare

Per l’unito civilmente (lavoratore del settore privato):

  1. ha diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992, oltre che nel caso in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente dell’unito. Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione;
  2. ha diritto al congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, D. Lgs. 151/2001.
Per il convivente di fatto (lavoratore del settore privato):
  1. ha diritto ai permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza all’altro convivente (e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente).
  2. Non ha quindi diritto al congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, D. Lgs. 151/2001.
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