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Discriminazione elettorale: Cathy La Torre denuncia la divisione maschi e femmine, diffamata

Domenica 25 settembre, durante le elezioni politiche, l'avvocata e attivista ha denunciato la persistente discriminazione alle urne per le persone trans. Allarme lanciata anche da Monica Cirinnà

di MARIANNA GRAZI -
26 settembre 2022
Cathy La Torre

Cathy La Torre

I risultati (pur se mancano ancora quelli definitivi, ma le percentuali sono ben scandite) sono ormai chiari: da questa tornata elettorale emerge una vincitrice, Giorgia Meloni, molti sconfitti e soprattutto un dato da tenere ben presente. Si parla dell'affluenza alle urne, che si è fermata al 63,91%, minimo storico nell'era repubblicana.

I registri elettorali maschi/femmine e la denuncia di Cathy La Torre

Ma da al di là delle considerazioni statistiche e ideologiche, dalla giornata di domenica 25 settembre 2022 sale anche il preoccupante allarme lanciato da alcune personalità sia politiche sia della società civile: la persistenza di una discriminazione al seggio, con i registi elettorali divisi tra maschi e femmine. A denunciare (e farne per prima le spese) questa pratica tradizionale quanto anacronistica è stata l'avvocata e attivista Cathy La Torre, che si è sfogata sui social dopo aver votato:
"Sono appena uscita dal seggio (numero 16, Bologna, ndr) e sono davvero molto scossa: dopo aver chiesto che venisse messo a verbale che la suddivisione in liste uomini/donne è lesiva della privacy e della dignità delle persone transgender perché le costringe a fare un coming out, a raccontare a tutti quelli che sono al seggio che sono persone in transizione di genere, uno scrutatore ha chiamato le forze dell'ordine. Queste sono state impeccabili: hanno garantito che io potessi mettere a verbale tutto quanto così come sono state impeccabili la presidente del seggio e gli altri scrutatori. Ma quello scrutatore mi ha diffamata davanti a tutti urlandomi "Pazza". E questo perché? Perché io volevo esercitare il mio diritto di mettere a verbale quanto previsto dalla legge, cioè una ingiustizia".
 
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Queste le parole della 42enne siciliana sulle sue storie, seguite poi da vari post dove racconta l'accaduto e continua a battere sul ferro della discriminazione subita da tutte quelle persone che, per esprimere un proprio diritto, sono costrette a scegliere di esporsi, sono costrette ad affrontare una platea di sconosciuti tra i quali, magari, c'è anche qualcuno/a che non accetta la loro scelta. "La presidente mi dice che <strong>lo chiedo ogni anno ma non cambia mai nulla</strong> - scrive La Torre -, io rispondo che se sono a votare è perché credo ancora che serva e così la penso per ogni singola battaglia. Uno scrutatore sentendomi insistere di mettere al verbale quanto detto chiama le forze dell'ordine. Non contento mi diffama<strong> chiamandomi ad altissima voce pazza</strong>", prosegue.&nbsp;"Lo scrutatore è appena stato <strong>querelato</strong>, ma che a un seggio si abusi così di potere e legge è un fatto che non possiamo accettare - conclude l'avvocata -. Le file uomini e donne sono lesive della privacy di chi sta facendo una transizione di genere e io non sono pazza se chiedo di metterlo a verbale". Ma a rendere anacronistico e discriminatorio il momento del voto che, ricordiamo, è uno dei diritti che rende reale e libera una democrazia, è anche il fatto che le donne vengano elencate nei registri elettorali <strong>non solo con il loro cognome, ma anche con quello del marito</strong>, se sposate. E questo in base a una legge che risale al 1947 mai abrogata, che stabilisce che questo avvenga anche in caso di divorzio. <h3>Partito Gay e Monica Cirinnà chiedono la revisione della legge</h3> <div class="wp-caption aligncenter" style="width: 750px" id="attachment_62502"> <img height="500" width="750" alt="" src="https://luce.lanazione.it/wp-content/uploads/2022/09/monica_cirinna.jpg" class="wp-image-62502 size-full"> <p class="caption">La senatrice dem Monica Cirinnà ha presentato anch'essa un esposto scritto, messo a verbale al seggio in cui ha votato, in cui chiede che la divisione per genere dei registri (e quindi delle file) venga superata, adottando invece quella per cognome</p> </div> "Come si può vedere dalla foto<strong> i libretti per le registrazioni</strong>, fatti dal Ministero degli Interni, sono divisi in uomini e donne, a differenza delle elezioni di giugno in cui abbiamo evidenziato che erano anche in rosa e blu, questa volta li hanno fatti bianchi, ma le liste sono sempre<strong> divise per genere</strong>". A evidenziare questa anacronistica divisione è anche Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay. "Pertanto, l'attuale accesso ai seggi elettorali non tiene conto della <strong>complessità delle persone <a href="https://luce.lanazione.it/attualita/bari-la-scuola-media-massari-galilei-approva-la-carriera-alias-per-uno-studente-transgender/">transgender</a></strong>. Migliaia di persone aventi diritto al voto in questo momento in Italia non sono in possesso di documenti conformi alla propria identità - spiega -. La pubblicazione degli elenchi e dei registri divisi per sesso, oltre essere anacronistici, pongono l'attenzione su un grande tema che avevamo sollevato anche per le scorse elezioni. Costringere le persone trans e non binarie a fare coming out in ambienti non idonei, esponendole di fatto alla possibilità di diventare <strong>un facile bersaglio di violenza e discriminazione</strong> (per la propria identità di genere)". Quindi l'appello: "Chiediamo al Ministro Luciana Lamorgese che sia emanata una circolare che ponga fine ai libretti divisi per sesso, e che <strong>le file siano solo in ordine alfabetico</strong> e non divise per genere (maschio femmina), per poter regolamentare le file ai seggi in forma più rispettosa e permettere a tutti e tutte le persone trans di esprimere il proprio voto, parliamo di una popolazione tra le 100 e le 200 mila persone coinvolte, che anche a queste elezioni non parteciperanno in gran parte". "Ho votato! E ho portato con me una <strong>dichiarazione scritta</strong> con la quale ho chiesto di mettere a verbale che <strong>la divisione dei registri elettorali</strong> per maschi e femmine <strong>va superata</strong>. È un ostacolo all'esercizio del voto delle persone trans e non binarie che, in questo modo, sono costrette a fare coming out". Così in un post su Facebook anche la senatrice dem Monica Cirinnà, candidata al Senato nel collegio Lazio 1 - U04 per il centrosinistra. "Si potrebbero, invece, dividere elettrici ed elettori in ordine alfabetico in base al cognome. Come succede altrove. <strong>Nessuno dovrebbe sentirsi discriminato, mai</strong>. Soprattutto quando esercita un diritto fondamentale come votare. Potete farlo anche voi, se volete. Buon voto a tutte e tutti", conclude il post. Denunce lecite, depositate correttamente a verbale delle elezioni. Che però sappiamo come siano andate a finire, e di conseguenza sorge spontanea una riflessione. Visto come la pensano, diciamo così, gli esponenti dei partiti che presumibilmente saranno chiamati a formare un governo, sulle "questioni" di genere, sulle richieste della comunità Lgbtq+ di maggiori riconoscimenti e tutele, probabilmente questa richiesta di superamento della divisione canonica dei registi e delle file al seggio <strong>è destinata a rimanere tale</strong>. Simbolo di un modello di società professato a piena voce dal <a href="https://luce.lanazione.it/politica/diritti-civili-programmi-a-confronto-al-pd-almeno-su-questo-punto-piace-vincere-facile/">centrodestra</a>, dove tutto ciò che non sia eteronormativo, tradizionale, non è preso in considerazione. <div id="interlude"></div><div id="taboola"></div>