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Disturbi alimentari, il Governo azzera i fondi. La testimonianza di Paola Turani: "Una follia"

Nella legge di bilancio non ci sono più i fondi per la lotta ai disturbi alimentari, in un Paese in cui si contano 3 milioni di persone affette da Dca. L'influencer racconta sui social la sua esperienza

di CATERINA CECCUTI -
10 gennaio 2024
Paola Turani

Paola Turani

Stop ai fondi per la lotta ai disturbi alimentari. Il Governo, guidato da Giorgia Meloni, non rinnoverà lo stanziamento dei 25mila euro per il biennio 2024/2025. Una notizia che sconvolge molti, dalle Associazioni impegnate nella lotta ai disturbi alimentari ai genitori di adulti, adolescenti, persino bambini, che manifestano stati anche gravi di DCA; persino i vip hanno voluto dire la loro, soprattutto se nel passato recente hanno attraversato fasi più o meno lunghe di un disturbo che rischia seriamente di mettere a repentaglio la vita di chi ne soffre.

Dca: quali sono i disturbi alimentari

Stiamo parlando di bulimia, anoressia, binge eating, disturbo di ruminazione, alimentazione incontrollata, disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con specificazione, disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione. Stiamo parlando di cose serie. Senza una diagnosi tempestiva e senza un adeguato trattamento disturbi come quelli elencati poco sopra possono degenerare fino a diventare anche letali.

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In aumento i disturbi alimentari tra i giovani

I fondi previsti da Draghi

La cifra messa a bilancio nel 2021 dal Governo Draghi aveva permesso di garantire livelli minimi di cura in ciascuna Regione o provincia autonoma del nostro Paese, investendo nella prevenzione e nella formazione e, soprattutto, nell’assunzione di personale specializzato.

Il fondo mirava infatti al raggiungimento di alcuni punti fondamentali come l’intercettazione precoce degli esordi; il mantenimento dei pazienti il più vicino possibile al territorio di residenza (per favorire sia l’intensità che la continuità delle cure); la costruzione di una rete dei servizi con progetti di prevenzione e promozione della salute; la realizzazione di eventi di formazione rivolti a tutti gli operatori implicati a vario titolo nella gestione dei DCA; il coinvolgimento della famiglia dei pazienti nel percorso diagnostico-terapeutico; l’applicazione di un percorso terapeutico specialistico integrato in condizione di urgenza metabolica alle persone che accedono in Pronto Soccorso.

A conti fatti, nel biennio precedente, il finanziamento di quei 25mila – su cui non potremo contare per il biennio prossimo - aveva permesso di assumere 780 professionisti (in tutto in Italia ne abbiamo 1491) e di aumentare il numero di strutture dedicate alla cura dei disturbi alimentari, fino ad arrivare alle 126 di cui possiamo disporre attualmente.

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Si calcola che in Italia ci siano circa tre milioni di persone affette da Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione

A rischio strutture e posti di lavoro

Ma ora è tutto a rischio: educatori professionali, medici nutrizionisti, specialisti di Medicina interna e Pediatria, tecnici della riabilitazione psichiatrica, assistenti sociali, fisioterapisti e operatori della riabilitazione motoria. C’è anche da tenere conto che il divario territoriale nei livelli di assistenza, già notevole, tra Sud e Nord del Paese potrà solo andare peggiorando.

Secondo la Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare, nel 2021 anoressia, bulimia, binge eating, alimentazione notturna ecc., sono aumentati in modo preoccupante. Con l'arrivo della pandemia i casi sono saliti del 30% e le richieste di prima visita hanno subito un balzo del 50% circa. A farne le spese sarebbero soprattutto i giovanissimi: ragazzi – chiamiamoli pure bambini – di 12 anni.

Nel 2020 sono morte 3mila persone per Dca

Solo nel 2020, in Italia, per colpa dei DCA sono morte oltre 3mila persone…cifra giocata decisamente al ribasso perché nel 40% dei casi i disturbi da comportamento alimentare non sono neanche diagnosticati. A causa della pandemia, poi, il Sistema Sanitario Nazionale ha dovuto concentrare tutte le forze sulla lotta al Covid, e molti ospedali hanno interrotto le proprie attività di assistenza in questo ambito.

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Una scena di "Fino all’osso", il film sui disturbi alimentari, interpretato da Lily Collins

Casi in aumento tra donne e bambini

Intanto però, purtroppo, il fenomeno dei DCA non si è arrestato, caso mai è andato aumentando: si stima che nel nostro Paese almeno 3 milioni di persone convivano con un disturbo di questo tipo e solo nel 2023 si sono registrati 1.680.456 nuovi casi. Il 2020 ha visto un abbassamento dell’età di chi si ammala, che oggi inizia intorno agli 8-9 anniLe donne sono le prime vittime - nove volte più esposte degli uomini – e, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), i DCA rappresentano la seconda causa di morte per le giovani tra i 12 e i 15 anni.

Insomma, con i disturbi alimentari non si scherza. La persona che ne soffre comincia a preoccuparsi eccessivamente per il proprio peso e ad avere una percezione deviata della propria immagine. Due tra le patologie più diffuse - anoressia nervosa e bulimia nervosa - se non trattate, causano un crollo delle capacità di alcuni organi e possono compromettere gli apparati vitali. 

Queste conseguenze le ho viste, una volta di alcuni anni fa, quando mi trovai a condividere quindici giorni con pazienti ricoverati nel reparto di neuropsichiatria infantile degli Spedali Civili di Brescia. Ragazze di 14-15 anni ridotte pelle e ossa, stanche di muoversi e di vivere. I volti delicati e bellissimi di adolescenti segnati dalla mancanza di nutrimento, di amore per se stesse e per il mondo. L’unica preoccupazione era quella di cancellare il proprio corpo, ridurre al minimo lo spazio occupato, sparire.

E sparivano davvero, dietro agli angoli dei corridoi grigi, trascinandosi appresso il trespolo metallico con la sacca nutrizionale attaccata dai medici ad un sondino che, passando dal naso, raggiungeva con la forza il loro apparato digerente. Ho visto i volti disperati dei genitori che potevano venire in visita solo una volta ogni tot giorni (a seconda del periodo di trattamento che le ragazze stavano attraversando).

L'importanza di cure e strutture adeguate

Una madre, una volta, perdendosi nello sguardo vuoto della figlia, aveva detto: “Perché fai questo? Non capisci che se non mangi non puoi tornare a casa?” E la ragazzina – avrà avuto 14 anni – aveva risposto soltanto “Scusami”. Come se davvero, per lei, bastasse pigiare un pulsante e smettere di avere un comportamento distruttivo verso se stessa. Come se dovesse sentirsi in colpa per qualcosa di cui ormai aveva perso completamente il controllo.

La verità è che non è semplice. Disturbi comportamentali così gravi hanno bisogno di essere trattati a dovere, di avere strutture dedicate, personale qualificato. Fondi destinati. In ballo c’è la vita dei nostri ragazzi.

Le testimonianze dei vip

Anche dal mondo dei vip arrivano parole di protesta. Sui suoi social Paola Turani scrive: “Che con la nuova legge di Bilancio si sia azzerato il fondo per il contrasto dei Disturbi dell’alimentazione è follia. È inammissibile se si pensa che i DCA sono la prima causa di morte tra i giovani (escludendo gli incidenti stradali). Di conseguenza verranno chiusi reparti, licenziati professionisti, molti pazienti e le loro famiglie si ritroveranno da soli ad affrontare situazioni difficili senza supporto perché i DCA necessitano di una terapia psicologica e fisica complessa che troppe volte si tende a sminuire o, peggio ancora, a ignorare(...)

Avevo vent’anni quando, in seguito a una forte pressione psicologica e un meccanismo malato per cui le taglie erano sempre più piccole, iniziai a mangiare meno, a saltare i pasti, poi a non allenarmi più per paura di “ingrossare” e infine a mangiare solo una mela al giorno. Vivevo a Parigi, fare la modella non era semplice: molta competizione e standard altissimi. Ero finita intrappolata in un circolo vizioso pericolosissimo innescato nella mia testa, ma io amavo troppo il mio lavoro. Mi ero isolata da tutti, perché la malattia questo fa. Ti toglie tutto.

 
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Ricordo che più dimagrivo e più i miei agenti erano soddisfatti, io lavoravo di più. “Non sei mai abbastanza magra per Parigi” dicevano. Un’ambiente tossico, un circolo vizioso dalla quale sono riuscita a staccarmi solo qualche anno dopo capendo che la mia vita contava molto di più di una stupida taglia e che se avessero voluto, mi avrebbero scelta anche con qualche kg in più. Ma soprattutto, che stare con amici e famiglia aveva un valore troppo alto per perderlo.

Così tornai a casa. Continuai a lavorare, ma alle mie regole. E andò pure meglio! Ripresi ad uscire, a divertirmi. Così iniziò un lungo percorso, un lavoro di auto-accettazione che non sempre andava di pari passo con i canoni estetici imposti dalla moda a quel tempo, raggiungendo il mio prezioso equilibrio esteriore ma soprattutto interiore. Non so se queste parole potranno aiutare qualcuno, ma è giusto parlarne. In un momento in cui invece di andare avanti, sembra si stia tornando indietro. Purtroppo.

Ricorderemo anche che, alcuni giorni dopo la morte di Giulia Scaffidi per anoressia – aveva appena 17 anni -, il fratello maggiore Tony aveva lanciato un appello a tutte le ragazze: Attenzione ai falsi messaggi che arrivano dal mondo delle fashion blogger e dai social. Se aspirate ad apparire più belle, non è rinunciando al cibo che lo raggiungerete”. Poche ore prima era stato al funerale di sua sorella.