"Per molte ragioni, sono tante le persone che emigrano in cerca di lavoro, mentre altre sono costrette a farlo per fuggire dai loro Paesi di provenienza, spesso dilaniati dalla violenza e dalla povertà”. Lo ha ricordato Papa Francesco durante l’udienza generale di oggi in Vaticano, di fronte a giovani imprenditori e lavoratori, accompagnati dal cardinale prefetto Michael Czerny, partecipanti alla consultazione «La cura è lavoro, il lavoro è cura» del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale.
"Queste persone - ha sottolineato il Pontefice -, anche a causa di pregiudizi e di una informazione imprecisa o ideologica, sono spesso viste come un problema e un aggravio per i costi di una Nazione, mentre essi in realtà, lavorando, contribuiscono allo sviluppo economico e sociale del Paese che li accoglie e di quello da cui provengono”.
Sono persone, aggiungiamo noi, che spesso fanno quei lavori che nessuno ormai vuole fare e che rischiano di andar perduti, a condizioni lavorative poco dignitose. E non solo in termini economici, ma anche di vita, salute e sicurezza.
“E su questo vorrei sottolineare la poca natalità - ha proseguito il pontefice -. Questi Paesi ricchi non fanno figli. La denatalità è un problema, e la migrazione viene ad aiutare la crisi che provoca la denatalità”. Un’affermazione decisamente contrapposta a quello che è il pensiero, più volte espresso, di una parte del nostro governo che – con il ministro Lollobrigida in prima linea – teme la sostituzione etnica. Da qui la fatica per mantenerli a distanza, “nei loro paesi”, per evitare che vengano da noi a rubare il lavoro e, soprattutto, le mogli.
“Tuttavia – conclude il Papa – molti migranti e lavoratori vulnerabili non sono ancora pienamente integrati nella pienezza dei diritti, sono cittadini di seconda, restando esclusi dall'accesso ai servizi sanitari, alle cure, all'assistenza, ai piani di protezione finanziaria e ai servizi psicosociali”.