E’ morto Jan-Paul Pouliquen. Lo storico militante del movimento gay francese, principale artefice dei “patti civili di solidarietà” (Pacs), introdotti per la prima volta in Francia nel 1999, è scomparso nella città di Trappes (Yvelines) venerdì 28 aprile all'età di 69 anni. La notizia della scomparsa è stata pubblicata dai quotidiani parigini “Libération” e “Le Monde”. E' stato fondatore dell'associazione Homosexualité et Socialisme negli anni Ottanta e ardente difensore dei diritti degli omosessuali. Pouliquen ha poi creato il Collectif pour le contrat d'union civile et sociale (Collettivo per il contratto d'unione civile e sociale), che mirava a dare un'esistenza legale alle coppie omosessuali o eterosessuali non sposate.
Questo fu uno dei primi passi verso i Pacs. All'epoca Jan-Paul Pouliquen, ex comunista diventato socialista, convinse solo una manciata di deputati socialisti: nel novembre 1992 appena otto di loro firmarono la proposta di legge sul contratto di unione civile. Solo nel 1999 la maggioranza di sinistra ha introdotto i Pacs nel sistema francese: con sette letture successive nell'Assemblea Nazionale e al Senato e circa 120 ore di dibattito, i “Patti civili di solidarietà” fu la proposta più contestata in Parlamento quell'anno. I “Patti civili di solidarietà” sono contratti di diritto privato conclusi tra due individui maggiorenni che decidono di organizzare la loro vita in comune in piena libertà. Per tali contratti possono essere previste norme fiscali, ipotesi di successione patrimoniale e nell'alloggio in caso di morte di uno dei due, congedi per l'assistenza del partner o dei figli, e infine una disciplina dello scioglimento dell'unione. “La legge sui Pacs è stata un passo avanti, perché ha permesso a tutta la Francia di parlare di omosessualità” dichiarò Pouliquen a “Le Monde” qualche tempo fa. Nel 2018 la casa in cui viveva con il marito nella periferia parigina era stata vittima di un incendio. Raccontò Pouliquen: “Una delle mie vicine mi ha confessato, anche se non ha osato dirmelo subito, che la notte dell'incendio la gente si era fermata davanti alla casa e aveva detto: 'Ah beh, non è bruciata, peccato'. L'omofobia purtroppo non è finita”.