In Uganda stop alla legge anti-gay. Il presidente del paese africano, Yoweri Museveni, ha bloccato l’entrata in vigore della severissima legge contro gli omosessuali, come riferisce la rivista “Nigrizia”.
Non è stata una sua scelta libera visto che lo stesso Museveni, poco tempo fa, aveva definito “deviati” i membri della comunità Lgbt. Ma il presidente ha dovuto cedere ai richiami della comunità internazionale, delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani e di gruppi di pressione che si sono moltiplicati nelle ultime settimane.
Invece di controfirmare le nuove norme, considerate tra le più omofobe in Africa e nel mondo, Museveni ha rinviato al Parlamento la legge chiedendo una serie di modifiche che attenuano la stretta contro la comunità queer.
In una lettera di accompagnamento del decreto inviata all’assemblea nazionale, il presidente invita a tornare su uno dei punti più controversi del provvedimento. Chiede cioè di precisare che il semplice essere omosessuale non sia considerato come un reato, come anche di distinguere la differenza tra chi professa uno stile di vita omosessuale e chi commette effettivamente atti omosessuali.
“La proposta di legge dovrebbe essere chiara in modo che ciò che si ritiene essere criminalizzato non sia lo stato di chi ha una propensione deviante, ma piuttosto le azioni di chi agisce in base a quella devianza” ha scritto Museveni nella lettera.
E sempre nella missiva si legge: “Il disegno di legge dovrebbe essere rivisto e includere una disposizione che affermi chiaramente: una persona che si crede o si presume o si sospetta sia omosessuale che non ha commesso un atto sessuale con un’altra persona dello stesso sesso non commette un reato”.
Museveni, secondo quanto riporta “Nigrizia”, chiede anche di rimuovere le disposizioni che impongono ai cittadini l’obbligo di denunciare atti di omosessualità. Questo perché, scrive, la circostanza creerebbe “sfide costituzionali” e sarebbe anche fonte di conflitto all’interno della società.
Oltre a ciò, secondo il presidente, è necessario “esaminare la questione della riabilitazione” degli omosessuali che rinunciano volontariamente alla pratica.
Omosessualità già illegale in Uganda
Il sentimento anti Lgbtq+ è profondamente radicato nella nazione dell’Africa orientale, altamente conservatrice e religiosa.
E, infatti, l’omosessualità è già illegale nel paese africano in base a una norma dell’era coloniale che criminalizza gli atti sessuali “contro l’ordine della natura”.
La pena per tale reato è l’ergastolo. Ma nella nuova normativa viene introdotta la pena di morte per i casi di “omosessualità aggravata”, una fattispecie giuridica che riguarderebbe attività sessuali compiute con persone sotto i 18 anni.
Su questo è intervenuto nei giorni scorsi il vice procuratore generale del paese, consigliando di rimuovere l’obbligatorietà della pena capitale.
Le richieste di modifica sono ora al vaglio della commissione per gli affari legali del Parlamento che elaborerà un nuovo testo da sottoporre al voto della Camera e, in seguito, alla ratifica presidenziale.
Il Kenya omofobo
In Africa non è solo l’Uganda a intensificare la ‘caccia alle streghe’. In 34 stati su 54 del continente africano chi non rispetta il canone eterosessuale è considerato un criminale, per lo più in base a norme dell’era coloniale.
L’omofobia è in aumento anche nel vicino Kenya dove, sulla scia di simili provvedimenti presi di recente in Tanzania, il ministro dell’istruzione Ezekiel Machogu ha richiesto l’intervento della chiesa.
Denunciando un’infiltrazione di una non meglio definita agenda Lgbtq+ nelle scuole, il ministro Machogu ha annunciato l’istituzione di un comitato, presieduto da un arcivescovo della Chiesa anglicana, per affrontare la questione delle identità sessuali.
In Kenya il sesso omosessuale rimane illegale con condanne che possono arrivare a 14 anni di reclusione, ma un parlamentare, Peter Kaluma, sta spingendo un disegno di legge per aumentare la pena massima fino all’ergastolo.
La situazione non è migliore in Burundi dove è in atto un giro di vite sui diritti Lgbtq+ criticato anche dall’Alto commissario Onu per i diritti umani, Volker Türk.