Ecoansia, il 95% dei bambini italiani è preoccupato per il futuro dell'ambiente

Il dato emerge dai risultati di un recente studio condotto nel nostro Paese. Ma c'è un'altra minaccia che incombe sul Pianeta: lo spreco alimentare

di EDOARDO MARTINI
13 giugno 2024
L'ecoansia nei bambini

L'ecoansia nei bambini

Se pensiamo alla gioventù pensiamo a quel periodo della vita associato alla spensieratezza, alla gioia, alla felicità e perché no anche ad un senso di invincibilità. Eppure qualcosa al giorno d'oggi sta cambiando. La spensieratezza e la gioia stanno infatti lasciando il posto ad una preoccupazione, ad una rabbia e ad una profonda preoccupazione dei giovani per il futuro del Pianeta, la cosiddetta Ecoansia.

È quanto emerge dai risultati di un recente studio italiano, unico nel panorama scientifico internazionale, nato nel contesto del progetto educativo di Scuolattiva Onlus “A Scuola di Acqua”, sostenuto da nove anni dal Gruppo Sanpellegrino e dedicato alla sensibilizzazione dei più giovani sui temi dell'idratazione e della sostenibilità ambientale.

Cosa emerge dalla ricerca

Cambiamenti climatici
Cambiamenti climatici

La survey della ricerca ha coinvolto un campione di circa 1000 piccoli intervistati, tra i 5 e gli 11 anni. E i dati emersi sono spaventosi: il 95% tra bambine e bambini intervistati si dichiara preoccupato per il futuro dell'ambiente e più di uno su 3 (40%) riferisce di aver fatto un brutto sogno sul cambiamento climatico o sull'ambiente in pericolo e di aver fatto fatica a dormire o mangiare a causa di questo pensiero.

I cambiamenti climatici influenzano la salute mentale

Ma come fanno i cambiamenti climatici a influenzare così tanto la salute mentale? Per rispondere, dobbiamo fare riferimento alle diverse ricerche internazionali che hanno suggerito una suddivisione in tre categorie: impatti diretti, indiretti e vicari. Finora, gran parte della ricerca scientifica si è focalizzata sugli impatti diretti, quelli che si manifestano dopo eventi climatici estremi come alluvioni, terremoti o uragani.

Tuttavia, sempre più persone stanno vivendo un senso di angoscia legato alla crisi climatica globale anche senza essere direttamente o indirettamente colpite. Questo emerge chiaramente anche nello studio di ScuolAttiva: l'ecoansia nei bambini non è necessariamente correlata a esperienze realmente vissute, ma piuttosto è frutto della comunicazione e informazione sui temi del climate change che influenzano la loro percezione del problema. In altre parole, solo conoscere le conseguenze dei cambiamenti climatici attraverso i media può influenzare la salute mentale.

Il senso di responsabilità dei giovani 

Ed è proprio in questo quadro drammatico che emerge il senso di responsabilità da parte dei bambini. Questi ultimi infatti si sentono strettamente connessi all'ambiente (nel 78% dei casi) e il loro approccio al fenomeno non è passivo ma, al contrario, connotato da un forte spirito di protagonismo e di motivazione ad agire: la quasi totalità del campione si percepisce infatti direttamente responsabile della situazione (95.6%) e pensa che il proprio contributo possa fare la differenza (97.2%). Non solo, agli occhi dei bambini, la soluzione sta nella partecipazione di tutti: anche gli adulti, nei quali è riposta la fiducia del 72% dei più piccoli, devono contribuire attivamente alla salute del Pianeta.

Una delle manifestazioni organizzate da Fridays for Future
Una delle manifestazioni organizzate da Fridays for Future

“Investire su iniziative formative per aiutare le nuove generazioni”

Sull'argomento è intervenuta la professoressa e direttrice del laboratorio di Psicologia della salute del dipartimento di Scienze del sistema nervoso e del comportamento dell’università di Pavia, Serena Barello, che ha messo in evidenza come sia di fondamentale importanza investire sulle nuove generazioni: "Assistere alle conseguenze del cambiamento climatico può generare sofferenza e preoccupazioni per il futuro, insieme a senso di impotenza e frustrazione per l'incapacità di arrestare questo fenomeno o di fare la differenza.

Per questo – spiega – diventa sempre più necessario investire su iniziative formative e di sensibilizzazione che favoriscano l'empowerment dei cittadini e, soprattutto delle nuove generazioni, in merito al valore dei comportamenti di ciascuno di noi nel contrasto agli effetti del cambiamento climatico. Ciò può proteggere le persone dall'esperienza di eco-ansia, che non è ovviamente una patologia ma rappresenta tuttavia un fattore di rischio per disturbi della salute mentale. È infatti un fattore di stress – aggiunge –, che può spingere gli individui a reagire all'ansia cambiando non solo il loro comportamento quotidiano, ma anche la loro prospettiva sul mondo e le aspettative per il futuro".

Come la pensano gli insegnanti 

Ma oltre ai ragazzi, la ricerca ha preso in considerazione anche il pensiero degli insegnanti. Sembrerà strano, ma la fotografia scattata su cinquecento docenti ricalca specularmente i dati forniti dai giovani, seppur con qualche nota di maggiore pessimismo. Ad esempio, il senso di efficacia nell'affrontare in prima persona le sfide ambientali risulta forte solo in una persona su 10. Inoltre, a differenza di un'ampia maggioranza di bambini che dichiara di riporre fiducia negli adulti per la gestione della sfida climatica e ambientale, solo 2 docenti su 10 si dichiarano fiduciosi nelle istituzioni in tal senso. La maggioranza crede però convintamente nel valore delle iniziative educative tese ad aumentare la sensibilità delle persone sul valore del proprio contributo individuale per combattere le sfide ambientali.

Spreco alimentare: un'altra minaccia per il nostro pianeta

Spreco alimentare
Spreco alimentare

Un altro fattore di grande preoccupazione, in particolare nel nostro Paese, è lo spreco alimentare. Secondo il recente sondaggio condotto da Too Good To Go in collaborazione con ISIC – la Carta d'Identità Internazionale degli Studenti – su oltre 5200 studenti, oltre 2 intervistati su 3 identificano quest'ultimo come ciò che ha maggiore impatto negativo sull’ambiente. Si tratta di un dato significativo in quanto è considerato secondo solo alla plastica (74%) e allo spreco di acqua (60%) e primo nella categoria di spreco di risorse ambientali.

E ancora: il 63% degli studenti si dice più attento a non sprecare il cibo mentre l'83% afferma di fare più affidamento a sconti e promozioni; la quasi totalità degli intervistati (98%) ha dichiarato di aver ridotto il numero di volte in cui esce a cena e il 53% di aver ridotto i pasti ordinati a domicilio. Ma c'è anche una maggiore attenzione alla sostenibilità: 9 studenti su 10 sprecano meno del 10% del cibo che acquistano, con il 59% di loro che ne spreca meno del 5%.

“Il sondaggio dimostra come i giovani siano sempre più consapevoli dei rischi dovuti ai cambiamenti ambientali e al contempo determinati ad agire concretamente, adottando abitudini più attente e sostenibili per migliorare il futuro del pianeta, a partire proprio dalla riduzione degli sprechi alimentari", conclude Mirco Cerisola, Country Director Italia di Too Good To Go. Insomma, se le preoccupazioni chiamano i giovani rispondono presente. E questo è sicuramente un bene visto che loro saranno il futuro del domani.