Torna a Firenze “Creiamo un futuro di uguaglianza”, il Festival di Oxfam Italia alla sua terza edizione. Il 25 e 26 ottobre, riflettori di nuovo accesi sulla disuguaglianza che nelle sue molte e radicate forme permea la nostra contemporaneità. In programma nelle tre diverse location cittadine – l’Istituto degli Innocenti, il Teatro della Compagnia e la libreria Giunti Odeon – la due giorni ospiterà studiosi, politici, scrittori, giornalisti, artisti, rappresentanti della società civile, per un confronto a più voci sulle disparità sempre più profonde nella sfera economica o sociale, tra generi e in tema di migrazioni.
Comunità locali e rifugiati
Tra i tanti appuntamenti in programma, la mattinata del 26 dalle ore 12 all’Istituto degli Innocenti propone il panel ‘Community Matching: comunità e rifugiati insieme per un futuro possibile’. Un talk che metterà al centro le azioni e le politiche necessarie a promuovere l’incontro virtuoso tra rifugiati e comunità locali, avendo a cuore società più inclusive e integrazione. Ospiti dell’incontro, moderato da Piero Fachin, condirettore di Quotidiano Nazionale, saranno Serena Spinelli, assessora alle politiche sociali della Regione Toscana, Andrea Mayer, coordinatore area accoglienza di Oxfam Italia, Nicola Paulesu, assessore al welfare, accoglienza e integrazione del Comune di Firenze, Giorgio Baracco, responsabile progettazione di Refugees Welcome, Viviana Valastro, project manager di Never Alone e Giulia Dagliana, presidente Associazione toscana tutori volontari.
Cos’è e come nasce il Community Matching
Premessa: da dove nasce il Community Matching? L’inclusione nella comunità è un elemento sempre più nevralgico e decisivo del percorso di integrazione delle persone straniere. Sono, infatti, le relazioni che una persona stabilisce che fanno di un individuo un membro di una comunità. In quest’ottica, oltre alle azioni di pressione sui decisori politici per la tutela dei diritti dei rifugiati e sulla possibilità concreta di esercitarli, Oxfam ritiene perciò sempre più rilevante sviluppare attività incentrate sul coinvolgimento attivo dei cittadini nei percorsi di inclusione delle persone rifugiate.
Andrea Mayer, la terza edizione dell’Oxfam Festival ospita questo incontro su una sperimentazione che vuole mettere in campo un nuovo modello di buona integrazione sul nostro territorio: il Community Matching. Di cosa si tratta?
“Parleremo di cos’è il Community Matching, ossia l’incontro a tu per tu tra cittadini volontari e rifugiati accolti nei centri di accoglienza e condivideremo con il pubblico la loro testimonianza. Incontri di natura informale, conviviale e di socializzazione che nascono in un’ottica di mutuo aiuto reciproco, anche con l’obiettivo di abbattere quelli che sono pregiudizi, diffidenze, stereotipi rispetto all’accoglienza dei migranti. Sono delle attività che già in maniera del tutto spontanea nascono sui diversi territori della Toscana, e non da adesso, ma già da molti anni.
L’inclusione nella comunità è elemento nevralgico e decisivo del percorso di integrazione delle persone straniere. In quest’ottica, oltre alle azioni di advocacy sulla tutela dei diritti e sulla possibilità concreta di esercitarli, è sempre più rilevante sviluppare attività incentrate sul coinvolgimento attivo dei cittadini nei percorsi di inclusione delle persone rifugiate. Il progetto che stiamo provando a promuovere con i vari soggetti del terzo settore vuole modellizzare l’interazione tra comunità locali e rifugiati, garantendo supporto ai cittadini che intendono impegnarsi in queste attività. Ci adopereremo per promuovere più incontri possibili nei tanti territori della regione, perché la nostra esperienza ci dice che da questi incontri possono nascere amicizie e opportunità di inclusione per i rifugiati. Dal conoscersi possono nascere occasioni formative, di socializzazione, di volontariato, di inserimento al lavoro, di ricerca alloggiativa, di opportunità per apprendere la lingua italiana. Tutte attività che vanno a completare i servizi di accoglienza che vengono erogati dallo Stato”.
Qual è il valore aggiunto che questo può portare nell’attuale sistema dell’accoglienza e integrazione dei rifugiati in Toscana?
“Nell’incontro allargheremo lo sguardo a quelle che sono buone prassi e attività di innovazione di altre regioni, con l’obiettivo di innescare in Toscana il lancio di una campagna regionale del Community Matching, che si concretizzerà in vari Comuni dove organizzeremo iniziative per far incontrare comunità locali e rifugiati. Tra i relatori ci sarà Giorgio Baracco, responsabile progettazione di Refugees Welcome, che racconterà esperienze in città come Milano, Palermo, Napoli, Torino, Bari. Da sottolineare inoltre che il coinvolgimento di volontari in attività di community matching può anche rappresentare un’occasione per sensibilizzare i cittadini coinvolti ad un possibile impegno come tutori volontari di minori stranieri non accompagnati, di cui il nostro territorio regionale ha forte necessità”.
All’incontro saranno presenti anche rappresentanti di Regione e Comune di Firenze. Quale ruolo possono giocare le istituzioni toscane per favorire questo processo?
“La Regione Toscana e il Comune di Firenze in questi anni, e non da ultimo da quando il nostro territorio è diventato regione di sbarchi, si sono spesi fortemente da un punto di vista istituzionale in supporto a quello che è il sistema dell’accoglienza. Sistema che purtroppo, a seconda dei vari governi che si sono susseguiti, è stato fortemente deficitario: penso ad esempio al percorso partecipativo promosso anni fa dalla Regione Toscana sulla formulazione del libro bianco dell’accoglienza, che voleva mettere a fuoco tutta una serie di principi guida per i soggetti che nella regione volevano promuovere l’accoglienza o a come negli anni scorsi il nostro territorio si sia fatto portavoce dell’accoglienza diffusa in contrasto ad un approccio securitario che nei fatti favoriva la creazione di grandi centri di accoglienza.
Senz’altro questo è un momento storico molto delicato in cui c’è una forte pressione dell’opinione pubblica e dei mass media sul tema dell’accoglienza migranti, dando anche in alcuni casi informazioni distorte. Quello che chiediamo a Regione e Comune è l’impegno, insieme a noi, in una campagna di sensibilizzazione della cittadinanza sulla corretta informazione rispetto al circuito dell’accoglienza dei rifugiati. E rivolgiamo anche alle associazioni e al mondo del volontariato un invito a prendere ancora di più contatto con i centri di accoglienza e le cooperative che sono impegnate sul nostro territorio”.
Come organizzazione quali sono oggi le principali criticità che state incontrando?
“Sono diverse. In particolare penso alla legge che regola e governa i centri di accoglienza straordinari, da quasi due anni a questa parte, in pratica dalla catastrofe di Cutro. Gli attuali capitolati prefettizi hanno rimosso una serie di servizi essenziali all’accoglienza, ad esempio il supporto psicologico o l’insegnamento dall’italiano. Tutti fronti che a questo punto gli enti gestori dei centri non sono più in condizioni di svolgere e di erogare, che hanno una ricaduta importante in termini di limiti di inclusione delle persone, e di adeguato supporto e presa in carico anche dal punto di vista di vulnerabilità psicologiche. Questo, ad esempio, ha un impatto su larga scala e l’iniziativa di Community Matching punta anche a rafforzare ciò che la società civile e le associazioni possono fare nel percorso di inclusione. Una cosa è certa: ci sono limiti legati alle attuali normative e alla risposta istituzionale all’accoglienza. Ma il terzo settore e in generale tutti i singoli cittadini possono giocare un ruolo importante in questo contesto”.
Il ruolo dell’accoglienza è un tema scottante quanto quello della sicurezza per l’opinione pubblica. Quale strada sarebbe da percorrere per tenere insieme questi due poli?
“Il tema della sicurezza ha una sua radice di realtà, ma che purtroppo viene strumentalizzato e abusato dalle diverse politiche. È un tema da affrontare con serietà e pragmatismo, perché l’accoglienza di migranti porta con se una serie di complessità rispetto ai percorsi di inclusione, emarginazione sociale, devianza e dunque sicurezza. Il tema esiste al di là della strumentalizzazione. Il nostro approccio è fondato sulla coesione sociale, come maggior fattore che può garantire una sicurezza dei territori.
E per raggiungere un maggior grado di coesione sociale il primo passo è quello di incontrarsi e conoscersi, essere inseriti in una serie di relazioni e reti di relazioni col territorio, in cui non si è un numero ma una persona con un nome, un cognome e una storia. Il Community Matching vuole fare esattamente questo, cioè mettere in contatto persone che altrimenti difficilmente si troverebbero ad interagire tra loro. Dal nostro punto di vista, ripeto, il tema della sicurezza lo si affronta rafforzando meccanismi di coesione sociale”.