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Home » Attualità » “Buona strada”. L’inedito che rilancia Emanuele Dabbono, collaboratore di Tiziano Ferro

“Buona strada”. L’inedito che rilancia Emanuele Dabbono, collaboratore di Tiziano Ferro

Cantautore, autore e polistrumentista: l'identikit di chi ha contribuito a scrivere i successi del cantante di Latina diventato star internazionale

Margherita Ambrogetti Damiani
28 Novembre 2022
Da otto anni Emanuele collabora come autore con Tiziano Ferro, con il quale ha scritto diversi successi tra cui "Incanto", "Il conforto", "Lento / veloce", "Valore assoluto" e "Buona (cattiva) sorte”

Da otto anni Emanuele collabora come autore con Tiziano Ferro, con il quale ha scritto diversi successi tra cui "Incanto", "Il conforto", "Lento / veloce", "Valore assoluto" e "Buona (cattiva) sorte”

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Lo scorso 11 novembre è uscito “Il mondo è nostro”, album che segna il ritorno di Tiziano Ferro. Ne hanno parlato in tante e tanti, tra radio, tv e social. Non lo rifaremo qua, se non per dire che si tratta di una somma di tracce pure, rinnovate, capaci di raccontare l’evoluzione di una persona e, con lui, di ciascuna e ciascuno di noi. Da “Xdono” (perdono) in quel giugno del 2001 in cui, immediatamente, ci si rese conto che il ragazzo era bravino (!), sono cambiate molte cose, per lui e per noi. A non essere mutato affatto, però, è quel graffio tipico di Tiziano che resta lì, sin dal primo ascolto. In “Il mondo è nostro” Tiziano canta molto della sua paternità, quella in cui non avrebbe mai sperato e che, invece, oggi lo vede alle prese con la parola “padre”. Un traguardo, un orgoglio, un’emozione. Un miracolo, direbbe lui. Ne canta anche in “Mi rimani tu“, un pezzo che arriva dritto al cuore, che fa scendere una lacrima pure ai più scudati e che ha scritto con un cantautore che di racconti di vita quotidiana in prospettiva futura ne sa più di qualcosa: Emanuele Dabbono. 

 

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Un post condiviso da Emanuele Dabbono (@dabbono)

Cantautore, autore e polistrumentista, Emanuele nasce a Genova (per la precisione a Campomorone) nel 1977. Inizia il suo percorso musicale suonando la chitarra e il basso; nel 1997, arriva terzo al Festival di Castrocaro, con tanto di premio della critica per la migliore canzone originale; nel 1998, vince il concorso Voci giovani a La Spezia; tra il 2002 e il 2006, apre i concerti dei Nomadi, si esibisce come ospite a Top of the pops e vince il Cornetto Free Music Festival con il brano “Scritto sulla pelle” che nell’estate del 2006 esce come singolo prodotto dai Planet Funk. Se non conoscete la sua musica ma il suo nome vi suona familiare è perché, nel 2008, è stato protagonista della prima edizione di X Factor Italia, salendo sul terzo gradino del podio. Dopo quell’esperienza, sono arrivati il suo primo EP con i Terrarossa e l’album “Trecentoventi”, il tour negli Stati uniti, l’album “La velocità del buio”, l’avventura da solista con “Totem” e nel 2018 l’album live “Leonesse”. Da otto anni Emanuele collabora come autore con Tiziano Ferro, con il quale ha scritto diversi successi tra cui “Incanto” certificata due volte platino, “Il conforto” (tre volte platino), “Lento / veloce” (due volte platino), “Valore assoluto” (platino), “Buona (cattiva) sorte” (oro). L’ultima collaborazione è “Mi rimani tu”, un pezzo che parla – citando Emanuele e Tiziano – di un valore assoluto che rende le esistenze piene di significato, a prescindere da cosa ci sia là fuori. 

In tutto questo, dopo una pausa di quattro anni dalla sua ultima fatica, Emanuele è tornato con un nuovo album di inediti dal titolo “Buona strada”, uscito lo scorso 21 ottobre. Di tutto, ne abbiamo parlato con lui in un’intervista.

Emanuele Dabbono, nato a Genova nel 1977, è un cantautore, autore e polistrumentista

Emanuele, la tua storia parte da lontano e parla di biografie personali e collettive. La nuova collaborazione con Tiziano Ferro ne è la conferma. “Mi rimani tu” è un pezzo forte e potente e, allo stesso tempo, intimo e delicato. Che indubbiamente vi racconta. Adesso è di tutti. Come era quando era solo vostra? Come nasce “Mi rimani tu?”
“Abbiamo scritto diversi pezzi insieme, il cui minimo comune denominatore credo sia la tenerezza. Stavolta si parla di figli. Tiziano è da poco papà di Margherita e Andres, io di Anna e Claudia. Abbiamo sensibilità che risuonano vicine. La ballad è nata al pianoforte e Timbaland aveva provato un arrangiamento, ma quello finale (di Tiziano e Marco Sonzini) credo sia più affine all’intimità delle parole che sono una carezza dopo una lezione che la vita sembra averci messo davanti: puoi sempre rialzarti e inseguire quei sogni che sembravano imprendibili, se solo ti armi di folle coraggio e non ti nascondi dietro inutili alibi”.

Parliamo della tua musica. “Buona strada” è un album con lo sguardo rivolto al futuro e i piedi ben piantati in terra. Dovessi pensare a un’immagine, sceglierei un albero con radici possenti e la chioma al vento. Quanto c’è dell’epoca storica che stiamo vivendo nei tuoi ultimi pezzi?
“In ‘Resta forte’ dico “di quegli alberi eravamo io radici, tu foglie”. Viviamo un tempo in cui avere ben chiara la memoria del nostro Paese aiuterebbe a non commettere gli stessi errori. Non bisognerebbe insegnare a essere solidali con chi ha avuto meno, dovrebbe essere la regola. Invece, credo che l’individualismo imperante abbia trasformato l’educazione civica in cinica. In questo senso, penso a “Buona strada” come a una maratona di New York, chilometri dove magari devi fermarti perché salgono i crampi e allora un coro gospel di Harlem ti regala la spinta per non crollare e tenere duro i restanti chilometri. Vanno sciolti quei nodi che non sono legami e ci impediscono di staccarci da un palo e metterci a correre. Solo allora ti accorgi che vicino a te è meglio tenere quelle persone che ti vedevano quando eri invisibile. Sono le stesse che ti corrono a fianco, senza cercare di superarti”.

Chi ti sta intervistando ha scritte sulla pelle alcune parole di un tuo pezzo: “Io e te possiamo scegliere”. Oggi, ventidue anni dopo il duemila, possiamo ancora dirci convinti di credere a quelle parole?
“Possiamo scegliere sempre. Partendo da dettagli insignificanti, quotidiani. Ti aiuto, non mi volto. Questo non lo ammetto, non posso accettarlo. La bellezza comincia quando inizi a dire dei no, gentili, ma pur sempre fermi. Mi preoccupa l’indifferenza di oggi. Si lascia lì la circostanza di un sorriso e non si interviene. Sembra ci siamo abituati a qualsiasi cosa. Non ci sciocca più nulla. Ma senza indignazione non esiste dignità. Ci sono crisi che diventano opportunità per cambiare e scoprirsi che stavamo diventando peggiori versioni di noi. Si può arrivare sul ciglio del burrone e capire di voler tornare indietro. Basterebbe leggere, ascoltare meglio chi abbiamo davanti e chi è venuto prima. Basterebbe rallentare per capire almeno un decimo di qualcosa che abbiamo vissuto”.

Emanuele non è soltanto un celebre autore di canzoni ma anche uno scrittore. Nel 2012 ha pubblicato il romanzo di formazione “Genova di spalle” e, nello stesso anno, la raccolta di poesie “Musica per lottatori”. Le poesie sono state premiate da Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel per la letteratura Salvatore. 

Ascoltatelo, leggetelo, trovatelo (anche) nella musica di Tiziano Ferro, vi farà bene. 



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  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Lo scorso 11 novembre è uscito "Il mondo è nostro", album che segna il ritorno di Tiziano Ferro. Ne hanno parlato in tante e tanti, tra radio, tv e social. Non lo rifaremo qua, se non per dire che si tratta di una somma di tracce pure, rinnovate, capaci di raccontare l’evoluzione di una persona e, con lui, di ciascuna e ciascuno di noi. Da “Xdono” (perdono) in quel giugno del 2001 in cui, immediatamente, ci si rese conto che il ragazzo era bravino (!), sono cambiate molte cose, per lui e per noi. A non essere mutato affatto, però, è quel graffio tipico di Tiziano che resta lì, sin dal primo ascolto. In "Il mondo è nostro" Tiziano canta molto della sua paternità, quella in cui non avrebbe mai sperato e che, invece, oggi lo vede alle prese con la parola “padre”. Un traguardo, un orgoglio, un’emozione. Un miracolo, direbbe lui. Ne canta anche in "Mi rimani tu", un pezzo che arriva dritto al cuore, che fa scendere una lacrima pure ai più scudati e che ha scritto con un cantautore che di racconti di vita quotidiana in prospettiva futura ne sa più di qualcosa: Emanuele Dabbono. 
 
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Un post condiviso da Emanuele Dabbono (@dabbono)

Cantautore, autore e polistrumentista, Emanuele nasce a Genova (per la precisione a Campomorone) nel 1977. Inizia il suo percorso musicale suonando la chitarra e il basso; nel 1997, arriva terzo al Festival di Castrocaro, con tanto di premio della critica per la migliore canzone originale; nel 1998, vince il concorso Voci giovani a La Spezia; tra il 2002 e il 2006, apre i concerti dei Nomadi, si esibisce come ospite a Top of the pops e vince il Cornetto Free Music Festival con il brano "Scritto sulla pelle" che nell’estate del 2006 esce come singolo prodotto dai Planet Funk. Se non conoscete la sua musica ma il suo nome vi suona familiare è perché, nel 2008, è stato protagonista della prima edizione di X Factor Italia, salendo sul terzo gradino del podio. Dopo quell’esperienza, sono arrivati il suo primo EP con i Terrarossa e l’album "Trecentoventi", il tour negli Stati uniti, l’album "La velocità del buio", l’avventura da solista con "Totem" e nel 2018 l’album live "Leonesse". Da otto anni Emanuele collabora come autore con Tiziano Ferro, con il quale ha scritto diversi successi tra cui "Incanto" certificata due volte platino, "Il conforto" (tre volte platino), "Lento / veloce" (due volte platino), "Valore assoluto" (platino), "Buona (cattiva) sorte” (oro). L’ultima collaborazione è "Mi rimani tu", un pezzo che parla - citando Emanuele e Tiziano - di un valore assoluto che rende le esistenze piene di significato, a prescindere da cosa ci sia là fuori.  In tutto questo, dopo una pausa di quattro anni dalla sua ultima fatica, Emanuele è tornato con un nuovo album di inediti dal titolo “Buona strada”, uscito lo scorso 21 ottobre. Di tutto, ne abbiamo parlato con lui in un’intervista.
Emanuele Dabbono, nato a Genova nel 1977, è un cantautore, autore e polistrumentista
Emanuele, la tua storia parte da lontano e parla di biografie personali e collettive. La nuova collaborazione con Tiziano Ferro ne è la conferma. "Mi rimani tu" è un pezzo forte e potente e, allo stesso tempo, intimo e delicato. Che indubbiamente vi racconta. Adesso è di tutti. Come era quando era solo vostra? Come nasce "Mi rimani tu?" "Abbiamo scritto diversi pezzi insieme, il cui minimo comune denominatore credo sia la tenerezza. Stavolta si parla di figli. Tiziano è da poco papà di Margherita e Andres, io di Anna e Claudia. Abbiamo sensibilità che risuonano vicine. La ballad è nata al pianoforte e Timbaland aveva provato un arrangiamento, ma quello finale (di Tiziano e Marco Sonzini) credo sia più affine all’intimità delle parole che sono una carezza dopo una lezione che la vita sembra averci messo davanti: puoi sempre rialzarti e inseguire quei sogni che sembravano imprendibili, se solo ti armi di folle coraggio e non ti nascondi dietro inutili alibi". Parliamo della tua musica. "Buona strada" è un album con lo sguardo rivolto al futuro e i piedi ben piantati in terra. Dovessi pensare a un'immagine, sceglierei un albero con radici possenti e la chioma al vento. Quanto c'è dell'epoca storica che stiamo vivendo nei tuoi ultimi pezzi? "In 'Resta forte' dico "di quegli alberi eravamo io radici, tu foglie". Viviamo un tempo in cui avere ben chiara la memoria del nostro Paese aiuterebbe a non commettere gli stessi errori. Non bisognerebbe insegnare a essere solidali con chi ha avuto meno, dovrebbe essere la regola. Invece, credo che l’individualismo imperante abbia trasformato l’educazione civica in cinica. In questo senso, penso a "Buona strada" come a una maratona di New York, chilometri dove magari devi fermarti perché salgono i crampi e allora un coro gospel di Harlem ti regala la spinta per non crollare e tenere duro i restanti chilometri. Vanno sciolti quei nodi che non sono legami e ci impediscono di staccarci da un palo e metterci a correre. Solo allora ti accorgi che vicino a te è meglio tenere quelle persone che ti vedevano quando eri invisibile. Sono le stesse che ti corrono a fianco, senza cercare di superarti". Chi ti sta intervistando ha scritte sulla pelle alcune parole di un tuo pezzo: "Io e te possiamo scegliere". Oggi, ventidue anni dopo il duemila, possiamo ancora dirci convinti di credere a quelle parole? "Possiamo scegliere sempre. Partendo da dettagli insignificanti, quotidiani. Ti aiuto, non mi volto. Questo non lo ammetto, non posso accettarlo. La bellezza comincia quando inizi a dire dei no, gentili, ma pur sempre fermi. Mi preoccupa l’indifferenza di oggi. Si lascia lì la circostanza di un sorriso e non si interviene. Sembra ci siamo abituati a qualsiasi cosa. Non ci sciocca più nulla. Ma senza indignazione non esiste dignità. Ci sono crisi che diventano opportunità per cambiare e scoprirsi che stavamo diventando peggiori versioni di noi. Si può arrivare sul ciglio del burrone e capire di voler tornare indietro. Basterebbe leggere, ascoltare meglio chi abbiamo davanti e chi è venuto prima. Basterebbe rallentare per capire almeno un decimo di qualcosa che abbiamo vissuto". Emanuele non è soltanto un celebre autore di canzoni ma anche uno scrittore. Nel 2012 ha pubblicato il romanzo di formazione "Genova di spalle" e, nello stesso anno, la raccolta di poesie "Musica per lottatori". Le poesie sono state premiate da Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel per la letteratura Salvatore.  Ascoltatelo, leggetelo, trovatelo (anche) nella musica di Tiziano Ferro, vi farà bene. 

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