Gaza, un anno dopo: cosa succede all’Università di Siena? “Ci censurano”

Dalla revoca dell’autorizzazione per la conferenza a tema Palestina alle dichiarazioni di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite: “Negare agli studenti la possibilità di confrontarsi su questioni così importanti mina la libertà di espressione”

di ELEONORA ROSI
26 settembre 2024

“Il 7 ottobre è vietato parlare di Palestina e Israele all'Università” è la grave accusa di censura lanciata dell’associazione studentesca Cravos all’Università di Siena, in seguito alla decisione del Senato accademico di revocare l’autorizzazione all’associazione per tenere una conferenza il 7 ottobre.

A quasi un anno dall’attentato terroristico che ha dato via all’ultima escalation del conflitto israelo-palestinese, alla questione degli ostaggi e che ha portato ad un'aggressione israeliana contro la Striscia di Gaza che ha causato decine di migliaia di vittime, la situazione nelle università sembra tornare a scaldarsi. Lungo tutto il corso dell’anno accademico in tutto il mondo gli studenti hanno occupato gli atenei e chiesto ai rettori di prendere posizione contro le aggressioni israeliane, il dibattito a Siena è tornato ad infuocarsi subito dopo la pausa estiva.

“Il Senato che ha revocato l'autorizzazione per lo svolgimento di una conferenza prevista per il 7 ottobre – ha spiegato l’associazione in una lunga nota -, con ospiti internazionali illustri come Ilan Pappé, storico israeliano di fama internazionale, Francesca Albanese, Relatrice speciale ONU per il territorio palestinese occupato, Karem Rohana, attivista italo palestinese e Giuseppe Flavio Pagano, divulgatore di geopolitica”.

Siena, studenti e studentesse in presidio all'università
Siena, studenti e studentesse in presidio all'università

La cronistoria: dai finanziamenti alla revoca

La genesi della conferenza ha radici lontane: il progetto sarebbe stato infatti presentato dall’associazione a marzo 2024 nell’ambito del bando universitario "Infondoècultura", con indicata la data del 7 ottobre. La commissione accademica avrebbe approvato il progetto a maggio e il 10 settembre sarebbe arrivata l’autorizzazione formale dal rettore per lo svolgimento dell'evento al Polo Mattioli dell’Università di Siena. Settimana scorsa, però, lo scossone: il Senato accademico ha revocato l’autorizzazione.

“Nonostante il rispetto di tutte le procedure, il 17 settembre durante la seduta del Senato, tre docenti hanno presentato un’interrogazione per ostacolare il nostro evento – ha denunciato Cravos -. Senza avviso o possibilità di appello, ci è stata comunicata la revoca dell’autorizzazione”.

Gli studenti si sono opposti fermamente alla richiesta di cambiare data che porterebbe, secondo loro, al rischio di un’ulteriore polarizzazione della discussione sul tema. “Impedire agli studenti di confrontarsi su temi così rilevanti, in un momento così delicato per Palestinesi ed Israeliani tutti, compromette la libertà di espressione e i principi stessi della libertà accademica che le università dovrebbero custodire – hanno dichiarato i membri di Cravos -. Svolgere questo evento in un anniversario significativo come il 7 ottobre è fondamentale per sottolineare come gli eventi di quella data abbiano rappresentato una tragedia per ogni parte coinvolta, per contestualizzarli e permettere un dialogo su questi temi. Denunciamo con fermezza questo atto vergognoso che riteniamo una chiara forma di censura politica”.

Siena, studenti e studentesse in piazza
Siena, studenti e studentesse in piazza

L’Università: “Rinvio necessario per evitare strumentalizzazioni”

Dall’università di Siena è arrivata rapida e coincisa una lettera di risposta, che si pone in dialogo con gli studenti e spinge a considerare l’opzione di rimandare la data. “Mi preme precisare – ha commentato il rettore Roberto Di Pietra - anche a nome del Senato Accademico che si è espresso in larghissima maggioranza su questo tema, che l'iniziativa presentata dall'Associazione studentesca Cravos non è stata cancellata. La qualità scientifica di due tra i relatori e l'impostazione della conferenza non sono state messe in discussione. Semmai è stata valutata la ‘non opportunità’ di svolgere questa iniziativa proprio ad un anno esatto dai tragici eventi del 7 ottobre 2023, considerando anche i rischi che una tale conferenza avrebbe comportato dal punto di vista della sua strumentalizzazione politica e mediatica”.

Il rettore ha colto l’occasione per rimarcare che: “l'Università di Siena ha già e in più occasioni manifestato le sue prese di posizione a favore della pace, del cessate il fuoco, della vicinanza alle popolazioni civili colpite, dell'esigenza di arrivare al riconoscimento dello Stato Palestinese. Quando detto in termini di censura e divieto non corrisponde alla richiesta di spostare ad altra data e, soprattutto, alla posizione più volte espressa dall'Ateneo e non rende giustizia rispetto a quanto affermato nelle dichiarazioni sulla questione palestinese ed a quanto concretamente stiamo facendo in favore di studentesse rifugiate e rifugiati provenienti da quelle e altre aree di crisi nel mondo”.

“Nelle scorse ore ho scritto ai due relatori che mi hanno inviato una loro lettera con la loro opinione rispettabilissima – ha rivelato il rettore -. Come ho scritto ai professori Pappé e Albanese auspichiamo la loro presenza alla conferenza in una data diversa da quella inizialmente definita, affinché possa prevalere il senso del loro contributo e non quello della strumentalizzazione”.

Siena, studenti e studentesse in piazza
Siena, studenti e studentesse in piazza

L’intervento dei relatori, non c’è accordo sul rinvio

Nella loro lettera, lo storico Ilan Pappé, storico israeliano di fama mondiale, e Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, hanno espresso la loro visione della questione, sostenendo la necessità di tenere la conferenza nella data inizialmente fissata dagli studenti.

“Sebbene comprendiamo le preoccupazioni relative alla data prevista, sosteniamo con convinzione la volontà degli studenti di mantenere il programma originario – scrivono i due studiosi -. Il 7 ottobre rappresenta un tragico anniversario sia per gli israeliani che per i palestinesi, ed eventi di questo tipo sono indispensabili per promuovere un dialogo sul reciproco dolore e trauma, sfidando le false dicotomie e le banalizzazioni faziose che ostacolano un dibattito serio. Vi invitiamo a riconsiderare la vostra decisione, poiché negare agli studenti la possibilità di confrontarsi su questioni così importanti mina la libertà di espressione e rischia di erodere i principi stessi della libertà accademica che le università dovrebbero custodire”.

A seguito della risposta cordiale, ma di diniego arrivata da Di Pietra, delle dichiarazioni di Albanese sui social fanno intendere che non è stata detta l’ultima parola: “È proprio questo grave momento storico, che dal 7 ottobre ha ricevuto un impeto violentissimo, che ci obbliga alla discussione onesta e al confronto, con compassione e umanità, profondamente non curanti della "paura di essere strumentalizzati". Perché la vita di milioni di persone vale più di tutte le nostre paure e dei nostri interessi personali. Che l'Ateneo si ravveda o no, io e Ilan ci siamo, e ci saremo sempre. Per la giustizia, a mani nude, con tutta la nostra coscienza e umanità, le sole armi che possediamo”.

Le spaccature interne all’Università

Nel dibattito è entrato anche Pierluigi Pellini direttore del Dipartimento di filologia e critica delle letterature antiche e moderne Università di Siena, l’unico professore ad aver deliberato voto contrario alla decisione del senato di rimandare la conferenza, che è andato nel dettaglio di quelli che sono stati gli aspetti della conferenza esaminati e ritenuti problematici dal senato accademico: “Ritengo che la parte finale del programma proposto da Cravos, che prevede l'esibizione di ballerini in danze tipiche palestinesi, sia assolutamente inopportuna. Anche in un giorno di lutto, tuttavia, è legittimo e anzi opportuno svolgere riflessioni storiche, culturali e politiche - anche da un punto di vista schierato e militante. Negli ambienti universitari, le conferenze di alto livello culturale e i dibattiti liberi devono essere sempre e in ogni caso benvenuti. Ritengo perciò che impedire la manifestazione, o anche imporre uno spostamento di data, si configurerebbe oggettivamente come una forma di censura, peraltro in linea con le politiche illiberali del Governo nazionale”.

La mobilitazione continua, Cravos parla di censura politica

Difficile dire se la conferenza si farà e quando in questo momento, certo dall’associazione studentesca Cravos non sono arrivati segnali di resa. “Impedire a studenti e studiosi di intervenire il 7 ottobre costituisce, a nostro avviso, una chiara forma di censura politica – hanno ribadito gli studenti -. Svolgere l'evento il 7 ottobre ha per noi un valore simbolico importante, poiché permette di contestualizzare la tragedia di quella data all’interno di un quadro più ampio, favorendo un dialogo empatico e costruttivo, piuttosto che un silenzio forzato. Pertanto, continuiamo a chiedere al Rettore e al Senato Accademico di rivedere la decisione presa e di non limitare gli spazi di agibilità democratica all’interno dell’Ateneo”.