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Home » Attualità » Gino Strada, medico, filantropo, carisma da rockstar: dai luoghi di guerra ai cortei nelle metropoli, ha salvato vite, dato speranze, infiammato animi

Gino Strada, medico, filantropo, carisma da rockstar: dai luoghi di guerra ai cortei nelle metropoli, ha salvato vite, dato speranze, infiammato animi

Credeva nella medicina. Nel suo potere anche politico. Nella salute come diritto universale, risultato dell’affermazione di altri diritti, misura del benessere, anzitutto economico e sociale. Se ne va mentre i talebani (che lo rispettarono) si riprendono l'Afghanistan che fu culla della sua parabola di chirurgo e di uomo. Ha seminato ospedali, suturato ferite, fatto partorire donne e resituito il sorriso a bimbi dagli occhi spenti

Domenico Guarino
13 Agosto 2021
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Credeva nella medicina. Nel suo potere anche politico. Nella salute come diritto universale. Nella salute come risultato dell’affermazione di altri diritti. Come sistema complessivo di benessere. Innanzitutto economico e sociale. Era la sua impostazione culturale e l’ha sempre seguita. Col cuore aperto ai venti più pericolosi. Quelli della guerra, che ci vuole coraggio da vendere, delle battaglie da fare, delle granate che ti piovono sulla testa, e non solo metaforicamente.

Ha creduto nella medicina e nella vita. Ma anche lui ha dovuto fare i conti con l’imponderabile. Quello che l’uomo non può controllare. Nonostante tutto.

Gino Strada (leggi la biografia) ha vissuto  con la rapidità e il carisma di una rockstar. Ha infiammato piazze e movimenti, comandato cortei, dato speranza e vita a milioni di persone.

Ha portato la medicina d’eccellenza sul fronte delle guerre ovunque nel mondo. Ed anche sul fronte della povertà, in Italia, nelle periferie abbandonate.

Pioniere di una medicina sociale che vede nella rivincita della salute uno degli strumenti fondamentali per il riscatto del popolo.

Medicina politica, anzi partigiana. E così da medico che cura tutti, diventa bersaglio: era un radical chic, un comunista, uno che lascia le cose a metà, un narciso, un egocentrico, un caratteraccio.

Inviso alla destra, visto col fumo negli occhi anche da quella sinistra incline più ai compromessi che ai principi, Gino Strada ha saputo coalizzare intorno alla ‘guerra medica’ milioni di persone.

Con Emergency ha fatto nascere  un modo partecipato di produrre e distribuire le cure con migliaia di gruppi di supporto locale per la sua Emergency, che sono diventati nel tempo a loro volta motori inesauribili di iniziative sui territori. Con una capillarità ed una dedizione che poche ong possono vantare.

Leader di quel  movimento pacifista transnazionale  che il NY Times nel 2002, all’epoca delle  guerre in Afghanistan ed in Iraq definì la Terza potenza mondiale, deve pian piano fare i conti con la storia, quella con la S maiuscola che tutto macina. Al punto che quando si tratta di contrastare l’intervento in Libia contro Gheddafi,  in piazza con lui ci sono ormai poche migliaia di persone.  Tenta anche l’avventura editoriale con il mensile E-il mondo che vogliamo, scoprendo però che anche per le persone geniali sconfinare troppo dal proprio ambito è un rischio eccessivo.

Era il 2011. Dieci anni fa.

Da quel momento la sua parabola pubblica diventa discendente. Poche presenze in TV e ai dibattiti,  sempre meno partecipazioni ad eventi. Si concentra sulla ‘sua’ medicina, sulla ‘sua’ associazione, e forse comincia a fare i conti con un mondo che sta cambiando. Forse anche con quelle stesse energie che lo avevano esaltato e che piano piano lo abbandonavano.

Ironia della sorte se ne va proprio mentre i Talebani che lui aveva contrastato con tutte le forze (pur essendo da loro tollerato perché unico in grado di fornire cure su standard elevatissimi in un territorio dove manca spesso tutto e più di tutto) si stanno riprendendo quell’Afghanistan che era stata la culla della sua parabola medico-politica.

Simbolo di simboli, suo malgrado, Strada si porta dietro una forza straordinaria, ma anche, a guardarlo negli occhi, una amarezza profonda. Tipica della persona che non ama i compromessi, i sotterfugi e che deve fare i conti con un mondo in cui tanto gli uni quanto gli altri sono non solo tollerati ma anche esaltati.

Nella sua vita ha seminato ospedali e speranze, ha riportato alla vita persone acciuffate da morte certa, suturato ferite profondissime che nessuno poteva curare. Ha fatto partorire in sicurezza mamme che altrimenti sarebbero morte, regalato un sorriso a bambini dagli occhi spenti.

Questa è la sua eredità più importante.

Ciao Gino, la terra ti sia lieve. Come tu l’hai resa lieve per tanti.

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  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
Credeva nella medicina. Nel suo potere anche politico. Nella salute come diritto universale. Nella salute come risultato dell’affermazione di altri diritti. Come sistema complessivo di benessere. Innanzitutto economico e sociale. Era la sua impostazione culturale e l’ha sempre seguita. Col cuore aperto ai venti più pericolosi. Quelli della guerra, che ci vuole coraggio da vendere, delle battaglie da fare, delle granate che ti piovono sulla testa, e non solo metaforicamente. Ha creduto nella medicina e nella vita. Ma anche lui ha dovuto fare i conti con l’imponderabile. Quello che l’uomo non può controllare. Nonostante tutto. Gino Strada (leggi la biografia) ha vissuto  con la rapidità e il carisma di una rockstar. Ha infiammato piazze e movimenti, comandato cortei, dato speranza e vita a milioni di persone. Ha portato la medicina d’eccellenza sul fronte delle guerre ovunque nel mondo. Ed anche sul fronte della povertà, in Italia, nelle periferie abbandonate. Pioniere di una medicina sociale che vede nella rivincita della salute uno degli strumenti fondamentali per il riscatto del popolo. Medicina politica, anzi partigiana. E così da medico che cura tutti, diventa bersaglio: era un radical chic, un comunista, uno che lascia le cose a metà, un narciso, un egocentrico, un caratteraccio. Inviso alla destra, visto col fumo negli occhi anche da quella sinistra incline più ai compromessi che ai principi, Gino Strada ha saputo coalizzare intorno alla ‘guerra medica’ milioni di persone. Con Emergency ha fatto nascere  un modo partecipato di produrre e distribuire le cure con migliaia di gruppi di supporto locale per la sua Emergency, che sono diventati nel tempo a loro volta motori inesauribili di iniziative sui territori. Con una capillarità ed una dedizione che poche ong possono vantare. Leader di quel  movimento pacifista transnazionale  che il NY Times nel 2002, all'epoca delle  guerre in Afghanistan ed in Iraq definì la Terza potenza mondiale, deve pian piano fare i conti con la storia, quella con la S maiuscola che tutto macina. Al punto che quando si tratta di contrastare l'intervento in Libia contro Gheddafi,  in piazza con lui ci sono ormai poche migliaia di persone.  Tenta anche l’avventura editoriale con il mensile E-il mondo che vogliamo, scoprendo però che anche per le persone geniali sconfinare troppo dal proprio ambito è un rischio eccessivo. Era il 2011. Dieci anni fa. Da quel momento la sua parabola pubblica diventa discendente. Poche presenze in TV e ai dibattiti,  sempre meno partecipazioni ad eventi. Si concentra sulla ‘sua’ medicina, sulla ‘sua’ associazione, e forse comincia a fare i conti con un mondo che sta cambiando. Forse anche con quelle stesse energie che lo avevano esaltato e che piano piano lo abbandonavano. Ironia della sorte se ne va proprio mentre i Talebani che lui aveva contrastato con tutte le forze (pur essendo da loro tollerato perché unico in grado di fornire cure su standard elevatissimi in un territorio dove manca spesso tutto e più di tutto) si stanno riprendendo quell’Afghanistan che era stata la culla della sua parabola medico-politica. Simbolo di simboli, suo malgrado, Strada si porta dietro una forza straordinaria, ma anche, a guardarlo negli occhi, una amarezza profonda. Tipica della persona che non ama i compromessi, i sotterfugi e che deve fare i conti con un mondo in cui tanto gli uni quanto gli altri sono non solo tollerati ma anche esaltati. Nella sua vita ha seminato ospedali e speranze, ha riportato alla vita persone acciuffate da morte certa, suturato ferite profondissime che nessuno poteva curare. Ha fatto partorire in sicurezza mamme che altrimenti sarebbero morte, regalato un sorriso a bambini dagli occhi spenti. Questa è la sua eredità più importante. Ciao Gino, la terra ti sia lieve. Come tu l’hai resa lieve per tanti.
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