
Il fiume Po è il principale fiume d'Italia, essenziale per l'agricoltura, l'industria e l'approvvigionamento idrico di milioni di persone
C’è un filo d’acqua che scorre attraverso la storia dell’umanità. Di questa risorsa fondamentale ne conosciamo il volto distruttivo, quando sfonda gli argini dei fiumi invadendo le nostre case, oppure quando la sua assenza mette in ginocchio il sostentamento di intere regioni, eppure essa rappresenta il respiro liquido del pianeta, senza il quali non esisterebbe la vita. La Giornata mondiale dell’acqua, che si celebra il 22 marzo, è un’occasione per riflettere sulla sua importanza e sulle sfide globali legate alla sua gestione nel tempo della crisi climatica: soprattutto in un paese come l’Italia dove la crisi idrica si presenta sotto almeno cinque forme: alluvioni, siccità, scioglimento dei ghiacciai, spreco e necessità di mitigazione.

L’acqua e la crisi climatica
Il cambiamento climatico sta influenzando profondamente il ciclo dell’acqua, alterando precipitazioni, temperature e disponibilità delle risorse idriche. Il riscaldamento globale accelera l’evaporazione e lo scioglimento di ghiacciai e calotte polari modificando sensibilmente le precipitazioni, con effetti che variano a seconda delle regioni: in alcune aree si registra un aumento delle piogge, in altre una crescente aridità. Queste variazioni hanno conseguenze dirette su ecosistemi, agricoltura e disponibilità di acqua potabile.
Eventi estremi
L’Italia è una delle “zone calde” mondiali per quanto riguarda gli effetti della crisi climatica. Qui, molto più che in larghe parti del resto del pianeta, si è assistito a un’impennata degli eventi meteorologici estremi: nell’arco di un decennio sono aumentati del 480 per cento, passando dai 51 del 2015 ai 351 del 2024.
E la maggior parte di questi cataclismi riguarda proprio l’acqua: secondo i dati del rapporto “ClimaCittà” di Legambiente nell’ultimo anno si sono registrati 134 allagamenti da piogge intense, 46 esondazioni fluviali, 34 siccità prolungate, 19 grosse frane da piogge intense e 8 mareggiate.
Da una parte, l’Italia ha subito numerosi eventi estremi legati a inondazioni e nubifragi con danni economici elevatissimi e non poche vittime. Dall’altra, le scarse precipitazioni e le alte temperature in vaste aree del Paese riducono la portata dei fiumi e abbassano i livelli delle falde acquifere, mettendo a rischio la produzione agricola e l'approvvigionamento idrico delle città.
Per questo il controllo dell’acqua e uno dei pilastri delle politiche di mitigazione della crisi climatica, ovvero quell’insieme di strategie, azioni e pratiche che si possono mettere in atto per ridurre, minimizzare o prevenire i danni ambientali e i rischi associati alle attività umane o a eventi naturali.
La perdita dei ghiacciai
Uno dei volti più evidenti e preoccupanti della crisi climatica è lo scioglimento dei ghiacciai. In Italia, questa realtà è particolarmente tangibile, con i ghiacciai alpini che mostrano segnali allarmanti di regressione. Secondo il Catasto dei ghiacciai italiani del 2015, realizzato dall’Ispra, si è registrato un restringimento della superficie glaciale di circa il 30 per cento rispetto ai primi anni ‘90, accompagnato da una significativa diminuzione dello spessore medio del ghiaccio.

Più recentemente, la “Carovana dei Ghiacciai 2024” di Legambiente, in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano, ha evidenziato ulteriori perdite: il ghiacciaio del Grand Murailles ha perso 1,3 chilometri di lunghezza rispetto al 2005, quello di Tza de Tzan ha registrato una riduzione di 1,2 chilometri dal 2002 e, infine, quello del Rutor: ha perso 4 chilometri quadrati in estensione dal 1865, di cui 1,5 solo negli ultimi 50 anni.
La riduzione dei ghiacciai comporta una diminuzione delle riserve idriche disponibili durante i mesi estivi, influenzando l’agricoltura, la produzione di energia idroelettrica (fondamentale in Italia) e l’approvvigionamento idrico delle comunità montane. Inoltre, la scomparsa dei ghiacciai altera gli ecosistemi alpini, mettendo a rischio la biodiversità locale.
Consumo e spreco d’acqua in Italia
L'Italia è uno dei paesi europei con il più alto consumo di acqua pro capite. Secondo i dati dell’Istat, il consumo medio giornaliero per abitante supera i 215 litri, un valore significativamente superiore alla media europea. Gran parte dell'acqua viene utilizzata per l’agricoltura (54 per cento), le industrie (21 per cento) e l’uso civile (20 per cento), ma il problema principale è rappresentato dalle perdite lungo rete idrica: si stima che oltre il 40 per cento dell’acqua immessa negli acquedotti venga disperso a causa di infrastrutture obsolete e scarsa manutenzione.
In Italia, è fondamentale migliorare l’efficienza delle reti idriche, promuovere un uso responsabile dell’acqua e sviluppare strategie per affrontare le sfide climatiche. La protezione dell’acqua è una responsabilità collettiva che riguarda governi, imprese e cittadini: solo attraverso un impegno comune è possibile garantire un futuro sostenibile per le prossime generazioni.