Per la prima volta,
non ci sono ragazze incarcerate nello Stato delle
Hawaii e il numero di ragazzi è diminuito significativamente negli ultimi dieci anni, ha dichiarato Mark Patterson, amministratore dell'Hawaii Youth Correctional Facility. Questo traguardo fa parte di una tendenza nazionale di sforzi per ridurre i tassi di incarcerazione giovanile e
chiudere le carceri giovanili in tutto il Paese. "Quello che sto cercando di fare è porre fine al
modello punitivo che abbiamo usato per tanto tempo per i nostri figli, e sostituirlo con un
modello terapeutico", ha detto Patter. "Dobbiamo davvero mettere una bambina in prigione perché è scappata da una casa dove non si sentiva sicura?". "Un altro mondo è possibile", ha twittato la deputata statunitense
Alexandria Ocasio-Cortez il mese scorso, quando la Commissione statale delle Hawaii sullo status delle donne ha diffuso la notizia.
Lo Stato delle Hawaii apripista nei diritti delle donne
Lo stato delle Hawaii non ha più ragazze detenute in carcere
"Credo che siamo l'unico Stato del Paese ad aver raggiunto questo notevole obiettivo", ha dichiarato alla trasmissione Late Night Live la criminologa e professoressa emerita dell'Università delle Hawaii, Meda Chesney-Lind. Ora e Hawaii diventano un modello anche dal punto di vista della detenzione delle minorenni e questo risultato segue una lista impressionante di
conquiste per le donne hawaiane: lo Stato insulare è stato il
primo a offrire un aborto sicuro e legale nel
1970 e, nel
1972, il primo a ratificare l'emendamento per
la parità dei diritti, continua l'esperta.Certo, con una popolazione totale di
1,4 milioni di abitanti, i numeri delle carcerazioni sembrano piccoli, ma in realtà il traguardo raggiunto è davvero significativo: secondo un censimento del 2020, oltre il
21% della popolazione(circa 300mila persone) delle Hawaii è composto da
persone di età inferiore ai 18 anni. All'incirca 12 anni fa, lo Stato ha raggiunto l'apice nella carcerazione delle ragazze, con circa
30-40 adolescenti e bambine detenute in strutture per minori. Ma i piccoli numeri non equivalgono necessariamente a piccoli problemi, afferma la dottoressa Chesney-Lind.
Quando scappare dagli abusi in famiglia ti porta in carcere
Mark Kawika Patterson (Ka Wai Ola/Partners in Development Foundation/Jason Lees)
Le strutture giovanili "non sono state spazi sicuri per i ragazzi ma soprattutto per le ragazze", afferma la criminologa. "Abbiamo avuto uno scandalo dopo l'altro, soprattutto per quanto riguarda le femmine, [come]
le violenze sessuali nei loro confronti". Per alcune giovani, però, anche il
ritorno a casa non è un'opzione sicura. "Dobbiamo trovare un altro posto per loro. Ma non è necessario che sia un ambiente chiuso", prosegue Chesney-Lind. Storicamente, la maggior parte delle minori detenute alle Hawaii sono state incarcerate "
per essere scappate di casa", spesso dopo essere
sfuggite ad abusi. In alcuni Stati USA, tra cui le Hawaii, la fuga dall'abitazione di famiglia è considerata un "
reato di stato", che diventa una violazione della legge quando è commesso da un minore. La mancanza di un tetto sulla testa a sua volta può portare a "
commettere reati minori come il taccheggio", per avere cibo da mangiare, o a "entrare in circostanze pericolose [come]
la prostituzione minorile per ottenere il denaro necessario alla sopravvivenza".
Niente porte di metallo, niente serrature
Secondo Meda Chesney-Lind le modifiche legislative promosse dal giudice Mark Browning "hanno davvero reinventato la giustizia minorile" nelle Hawaii, rendendo più difficile la reclusione dei giovani per reati minori. Il giudice, inoltre, "ha fatto intervenire
esperti nazionali per aiutare lo Stato a capire quanto fosse
costosa questa forma detentiva", cosa che la professoressa descrive come una "mossa politica intelligente". L'esperta, infine, attribuisce gran parte del successo a
Mark Kawika Patterson, amministratore dell'Hawaii Youth Correctional Facility, centro di correzione a lunga permanenza per i minori. Patterson ha lavorato "incredibilmente sodo" per abbassare il numero di detenuti minorenni nelle carceri e negli ultimi 20 anni della sua carriera il suo principio guida è stato
un approccio terapeutico, piuttosto che punitivo. In questo periodo è stato spesso invitato dai giudici a mettere in prigione le ragazze "per la loro sicurezza". Ma lui si è sempre opposto: "Direi che siamo stati progettati (come centro) per la sicurezza pubblica, non per la loro sicurezza", dice. Il fatto di essere
un nativo hawaiano lo motiva; da tempo desidera "avere
un'influenza positiva" sulla sua comunità e ha cercato di "entrare nel sistema e diventarne un leader a beneficio della nostra gente qui". Si è adoperato per dirottare i giovani verso alternative basate sulla
comunità invece che sulla detenzione.