Italo Bocchino, la vicina sex worker e le disavventure legate al cognome

In un’intervista al Corriere, l’ex parlamentare ha raccontato di quando viveva in un monolocale adiacente a quello di una sex worker e i clienti citofonavano a lui

di MARCO PILI
3 ottobre 2024
Italo Bocchino, ex parlamentare e opinionista (Adnkronos)

Italo Bocchino, ex parlamentare e opinionista (Adnkronos)

“AAA, Ruby, sensualissima transessuale, riceve in viale Vaticano”. Era questo l’annuncio che, nelle ultime pagine dei giornali locali, consentiva a molte persone di trascorrere del tempo in compagnia di una ragazza transessuale che abitava lungo il centralissimo viale Vaticano, situato nel cuore della capitale. Una vicenda apparentemente comune, legata ai molteplici casi di prostituzione che, in tutte le città del mondo, costituiscono un vero e proprio substrato sociale fatto di sfruttamento e criminalità.

Ma nelle notti romane dei primi anni ’90, il destino di Ruby si è inaspettatamente intrecciato con quello di Italo Bocchino, al tempo giornalista per Il Secolo d’Italia, tutt’oggi cassa di risonanza dell’estrema destra e del conservatorismo nostrano. Il parlamentare, infatti, ha recentemente raccontato al Corriere un aneddoto relativo al suo primo periodo lavorativo presso la redazione romana del quotidiano.

“Vivevo in un monolocale seminterrato a viale Vaticano. Un letto, un cucinino, un bagno piccolo, stop. Poi i letti diventarono due perché con me venne ad abitare Pietrangelo Buttafuoco. Nell’appartamento accanto al nostro viveva una trans. Nome d’arte, guardi i segni del destino, Ruby”, ha raccontato Bocchino. Un riferimento, quello al nome della ragazza, relativo a uno dei casi di cronaca più famosi del ventunesimo secolo, il processo Ruby.

Per Bocchino, però, i “problemi” erano appena iniziati. Come rivelato dall’ex parlamentare, infatti, a causa del doppiosenso insito nel suo cognome, molte persone si recavano all’indirizzo e finivano per citofonargli, anche nel cuore della notte: “All’epoca, Ruby e tutte le persone che avevano optato per quel determinato tipo di vita si facevano una clientela quasi esclusivamente grazie agli annunci sui giornali locali”.

Tutte inserzioni che, come rivelato, mancavano di un dettaglio fondamentale: il cognome sul citofono. “Il cliente prendeva appuntamento, segnava l’indirizzo, arrivava sotto casa. Il problema era che, un po’ perché pervaso da spiriti evidentemente bollentissimi e un po’ perché nell’annuncio c’erano solo l’indirizzo e il telefono, una volta giunto a destinazione questo benedetto futuro amico di Ruby molto spesso non sapeva dove citofonare. In tantissimi, in piena notte, in mezzo a quella confusione di ormoni, cognomi, lettere di scale e numeri di interni, trovavano naturale citofonare “Bocchino”. Di fatto, per parecchie notti, Pietrangelo e io abbiamo svolto funzioni di receptionist per Ruby, indirizzando i clienti alla porta giusta”, ha concluso.

Una vicenda che, sicuramente, è costata a Bocchino e al collega e scrittore Buttafuoco ben più di una notte insonne.