"Mi sembra di essere in uno di quei film in cui la protagonista si sveglia e
ogni giorno riparte sempre tutto da capo". Un loop da cui
Luce Scheggi, di cui vi avevamo raccontato la storia qualche mese fa qui su Luce!, non vede via d'uscita. In un video denuncia sulla sua pagina Instagram
l'attivista e divulgatore queer racconta in particolare due episodi in cui si è imbattutə negli ultimi giorni, alle soglie del mese del Pride.
Due episodi di violenza, omofobici, soprattutto passati in sordina, come se nulla fosse, come se non meritassero condanna ma semplicemente fossero gesti goliardici, tra amici... Gesti che, ogni giorno, nascondono una realtà che è sotto gli occhi – troppo spesso rivolti altrove o chiusi – di tuttə:
l'Italia è un Paese dove la violenza contro le donne e la comunità Lgbtq+ è normale, dove la
discriminazione è all'ordine del giorno. Lo dicono i numeri, non lo diciamo noi, lo raccontano i dati, anche quelli che non ci sono.
La molestia alla coppia lesbica
Luce Scheggi denuncia l'aggressione subita da una coppia lesbica a Bologna riportando lo screenshot delle stories di una delle vittime
"Mi rendo conto che questa cosa potrebbe sembrare brutta da dirsi ma purtroppo io negli anni ho sviluppato un certo distacco da notizie di questo tipo", dice Scheggi riferendosi a un vicenda di cui è venuto a conoscenza domenica mattina, 22 maggio. La notizia è la
molestia subita da due ragazze lesbiche la sera precedente, ad opera di un gruppo di uomini, che prima le hanno filmate, poi, alla loro richiesta di cancellare il video, hanno iniziato ad insultarle e a palpeggiarle. Una delle
vittime ha lanciato un appello, attraverso i social, per rintracciare almeno uno degli aggressori a cui è riuscita a scattare una foto, riponendo però ben
poche speranze sia nel suo 'ritrovamento' sia nella denuncia che lei e la fidanzata stavano andando a fare. Luce, anch'essa lesbica, ammette di doversi però schermare da certe notizie, non perché non la tocchino, bensì "Non me lo posso permettere. Perché purtroppo devo fare una cernita. Perché
di notizie come queste ne leggo ogni giorno, perché intorno a me succedono altrettanto spesso, perché le vedo succedere a persone a me care e perché io stessa mi porto dietro un carico di traumi e abusi niente male. Perché anche se magari non sembra, – continua nel video – la mia vita non è fatta solo del mio
essere lesbica".
Un muro emotivo per proteggersi
"Ho imparato a mettere su questo muro" spiega l'attivista queer che poi parla della città che l'ha adottatə ormai da diversi anni,
Bologna, dove vive e lavora. "Una città che
è considerata 'queer friendly', no? L'avanguardia" sottolinea ironicamente, per poi puntualizzare: "Questa aggressione (alla coppia lesbica,
ndr) è successa a Bologna". E come se non bastasse, giustamente, fa riferimento a quello che è accaduto, poco meno di un anno fa, in Parlamento, con
l'affossamento del Ddl Zan e l'
esultanza da stadio, scandalosa, dei senatori. "So che se voglio avere un dialogo devo stare calma, sempre, e ritenermi fortunata perché non vengo aggredita da sei mesi – prosegue amareggiatə – e ringraziare perché ieri non ho
subito molestie; che ho un tetto, un lavoro e del cibo. E ringraziare che la mia famiglia non mi ha buttato fuori di casa e che nessuno al mio paese ha provato a uccidermi. E ringrazia, ringrazia che respiri – dichiara Luce nel video, riportando frasi che si è sentito dire, che ha sentito pronunciare verso coloro che non rientrano nei 'canoni' della presunta 'eteronormatività'– perché
ricordati sempre che la tua vita, la tua esistenza è precaria".
L'addio al celibato e l'incitamento ai femminicidi
La maglietta indossata da un gruppo di uomini per un addio al celibato
Ma gli episodi scatenanti lo sfogo di Luce sono due e del secondo è stata testimone direttə. Fuori con le amiche per un sabato sera in compagnia hanno incontrato un gruppo di uomini che stavano festeggiando un addio al celibato e indossavano tutti una maglietta con stampati i cosiddetti "
10 comandamenti dello sposo". "Punto numero 2 – afferma Scheggi –:
'una donna morta non può dire di no'. Quindi, mentre io corro la mia vita sul filo del rasoio ringraziando di essere ancora in piedi, e dovendomi vergognare della mia esistenza, loro vanno in giro per strada con quelle magliette [...] con una frase di
incitamento al femminicidio, fieri". Tralasciando gli altri 'comandamenti' – anch'essi a dir poco maschilisti ed offensivi – l'attenzione si concentra su una frase gravissima, la seconda. In un Paese, come l'Italia, dove ogni anno muoiono centinaia di donne vittime di uomini che spesso sono i loro mariti, compagni, ex partner, un futuro sposo e i suoi amici vanno in giro esibendo la frase: "una donna morta' non può dire di no". Orgogliosamente, tanto da contendersi lo spazio nella foto che l'attivista chiede di poter scattare loro. "In tutto ciò la domanda rimane sempre la stessa:
ma di che vi lamentate?" puntualizza il divulgatore queer che sa bene cosa voglia dire vivere ogni giorno con la paura, con il terrore di uscire di casa ed essere
molestatə, aggreditə, insultatə. Poi conclude il video, cinicamente augurando e augurandosi
"buon Pride!".