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Home » Attualità » La forza di sei mamme che hanno perso i figli: “Cari ragazzi, vi scriviamo queste Lettere perché non possiamo più parlarvi”

La forza di sei mamme che hanno perso i figli: “Cari ragazzi, vi scriviamo queste Lettere perché non possiamo più parlarvi”

Gaia Simonetti, Laura Cozzi, Stefania Ciriello, Stefania Lorenzini, Paola Alberti e Giovanna Carboni sono le autrici del libro 'Lettere senza confini. Dal cuore di 6 mamme'. Le madri raccontano a Luce! cosa vuol dire perdere il proprio bambino: "La vita continua, ma meno piena e con un senso in meno"

Caterina Ceccuti
23 Marzo 2022
“Lettere senza confini. Dal cuore di 6 mamme”

“Lettere senza confini. Dal cuore di 6 mamme”

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Quella che stiamo per raccontare è una storia magica, di quelle che prima di leggerle bisogna fare un bel respiro, chiudere gli occhi e lasciare che le parole ci attraversino, come fasci di luce calda che dalle orecchie vanno dritto al cuore. È la storia di sei mamme di Firenze, Mantova e Rieti, ognuna con un difficilissimo percorso alle spalle fatto di perdita, dolore, accettazione. Ad accomunarle, sfortunatamente, è la morte di un figlio. “Non sappiamo come sia accaduto. Ma ci siamo incontrate”. E dopo essersi incontrate, queste mamme coraggiose che non hanno avuto paura di vivere nonostante il destino avesse loro riservato lo scherzo più crudele, hanno deciso di condividere la propria storia con il resto del mondo, per aiutare altre donne in difficoltà, soprattutto madri in zone afflitte dalla guerra. Ma non solo. Dopo aver letto la loro testimonianza, raccolta nel volume “Lettere senza confini. Dal cuore di 6 mamme” (Adv Edizioni), qualsiasi lettore avrà la sensazione di essersi passato un balsamo sul cuore, e con naturalezza e commozione sentirà l’animo farsi leggero fino quasi a spiccare il volo.

Le sei madri autrici del libro “Lettere senza confini. Dal cuore di 6 mamme”

Le mamme: “Abbiamo scritto le Lettere per onorare il ricordo dei nostri figli”

“Abbiamo perso i nostri figli in circostanze diverse – spiega Gaia Simonetti, curatrice del libro, lei stessa orfana di un bimbo mai nato –. Abbiamo immaginato di scrivere loro una lettera per raccontargli tutto quello che ciascuna di noi ha fatto per onorarne il ricordo. Per esempio Paola, la cui figlia è stata vittima di femminicidio, oggi va nelle scuole a parlare ai ragazzi dell’orrore della violenza. Stefania, la mamma di Amatrice, che ha perso suo figlio per colpa terremoto, incontra i giovani per sensibilizzarli sulla bellezza della vita. A Giovanna, invece, un incidente stradale ha strappato per sempre il suo Mauro, e nonostante il dolore sul momento ebbe la prontezza di donarne gli organi salvando tante vite. Ciascuna di noi onora la memoria del proprio figlio tendendo una mano ad altre mamme che hanno vita dura, in particolar modo le madri che in questo periodo stanno vivendo l’inferno della guerra in Ucraina. Le parole dedicate a Ela, Mauro, Michela, Filippo, Lore e un bimbo mai nato hanno “incontrato” tante madri e padri in Italia e in altri Paesi, arrivando persino in Francia, Belgio e Australia”. 

Dai ricavi del libro due borse di studio ai ragazzi di Amatrice e Accumoli

Pubblicato per la prima volta tre anni fa, il libro in questi giorni è in ristampa e ha ottenuto un enorme successo. Si parla persino di realizzarne una fiction televisiva. Con i proventi delle vendite, lo scorso gennaio le mamme autrici hanno donato due borse di studio a ragazzi di Amatrice e Accumoli. Grazie al loro gesto, pochi giorni fa il giovane Massimiliano, di Amatrice, si è laureato. La consegna è avvenuta a Rieti nel corso della cerimonia del Premio letterario intitolato a Filippo Sanna, il figlio di Stefania. “Filippo ne sarebbe stato felice – sono le parole di mamma Stefania-. Aiutare gli altri era il suo motto. Mi fa piacere pensare che lui, assieme gli altri ragazzi e ragazze a cui sono dedicate le nostre lettere, abbia contribuito a realizzare il sogno di studenti”. 

La copertina del libro “Lettere senza confini. Dal cuore di 6 mamme”

La copertina del libro “Lettere senza confini” riporta i colori preferiti da ciascuno dei giovani scomparsi, e non è un caso se il risultato sia stato un bellissimo arcobaleno. Sfogliandone le pagine possiamo leggere le firme delle madri autrici Gaia Simonetti, Laura Cozzi, Stefania Ciriello, Stefania Lorenzini, Paola Alberti e Giovanna Carboni, che vincono il dolore del ricordo per raccontarsi a Luce!

“Quella sera mio figlio Mauro era uscito con gli amici per festeggiare il suo compleanno – racconta mamma Giovanna-. Alle 4 del mattino suonarono alla porta, pensai che fosse lui, il solito sbadato, che avesse dimenticato le chiavi. Invece erano i carabinieri “Suo figlio ha avuto un incidente”, mi dissero. Chiesi: “È grave?”, mi risposero “Sì Signora. Non è morto ma è molto grave”. Poi la corsa disperata per arrivare in tempo all’ospedale, il medico scuoteva la testa e si parava la fronte con la mano. Chiesi solo di poterlo vedere. Era steso in un letto, tutto intubato. Gli misi una mano sul petto ed ebbi la certezza che mio figlio già non c’era più. Poi la voce del dottore “Cosa vuole fare signora? Suo figlio è giovane e sano, ha mai pensato di donare gli organi? Potrebbe salvare delle vite”. Cercai un posto isolato dove mettermi a pensare, in silenzio. Chiesi aiuto a Mauro, perché mi consigliasse quale decisione prendere. Poi gli diedi l’ultimo saluto. Quella notte mio figlio, il mio super eroe, ha salvato dieci vite“. Di Mauro sono stati donati organi ed epitelio, che è ha permesso di salvare anche persone gravemente ustionate.

Mamma Giovanna e il figlio Mauro, morto in un incidente stradale

Signora Giovanna, non è possibile conoscere i beneficiari delle donazioni di organi, vero?

“Purtroppo è vero. Ma a me successe una cosa straordinaria: la notte in cui Mauro era in ospedale, in sala d’attesa conobbi la mamma di una ragazza di Salerno, che si trovava in ospedale per fare la dialisi. Stava aspettando un donatore di reni. Con me c’era mia sorella che, parlando con questa signora, si sentì dire ‘Tuo nipote sta salvando la vita a mia figlia’. Quindici giorni dopo venni contattata da una ragazza su Facebook, era lei. Voleva conoscermi, ringraziarmi. Ancora oggi, una volta l’anno arriva da Salerno a Cerreto Guidi per fare i controlli, dorme da me, è persino venuta al matrimonio di mia figlia. Ormai è una persona di famiglia. Prima di ricevere il rene di Mauro aveva fatto cinque anni di dialisi, ora invece ha una vita normale, cresce il suo bambino e va a lavorare”.

Gaia, anche lei ha avuto un’esperienza difficile da superare: la perdita di un bambino in gestazione.

“Sì. Nelle mie lettere racconto al mio bimbo mai nato cosa accadde quella domenica in cui, io che adoro il calcio, mi stavo preparando per andare allo stadio a vedere la Fiorentina. Mi sentivo strana, feci il test di gravidanza e risultò positivo. Io che ormai ero in là con l’età non non ci speravo più. L’emozione fu immensa. Nella lettera che ho scritto al mio bambino gli racconto di come cominciai ad immaginarmelo. Il nasino magari sarebbe stato come il mio, i riccioli li avrebbe presi dal babbo. Lo chiamo ‘Amore’, semplicemente, perché non ne ho conosciuto il sesso, e comincio a descrivergli come sarebbe stata la nostra vita. Quello che avremmo fatto e quanto amore avrebbe avuto da me. Gli dico ‘Non ti ho potuto conoscere, né prenderti tra le braccia, allora ti scrivo. Ti scrivo che il tempo è passato ma non sono guarita dal dolore della tua perdita. Ci sarebbe stata una festa in casa per annunciarti, non sarei più andata in motorino per non metterti a repentaglio, avrei fatto tante piccole cose per te, mentre ti aspettavo e dopo. Invece un giorno successe che sentirmi il gel sulla pancia per l’ecografia fu meno freddo della sentenza del ginecologo: ‘Non sento più il battito, signora’. Fine di tutto. Allora chiudo la lettere a mio figlio dicendo ‘La realtà  mi porta davanti agli occhi scene di guerre e di bambini coinvolti in tragedie umanitarie. Tristezza e impotenza corrono assieme e si uniscono a una tremenda verità. Non si vela, non si nasconde, non si rende meno amara. Nessuno mi chiamerà mai mamma. E la vita continua, come dicono molti, meno piena e con un senso in meno. Dico io”. 

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Quella che stiamo per raccontare è una storia magica, di quelle che prima di leggerle bisogna fare un bel respiro, chiudere gli occhi e lasciare che le parole ci attraversino, come fasci di luce calda che dalle orecchie vanno dritto al cuore. È la storia di sei mamme di Firenze, Mantova e Rieti, ognuna con un difficilissimo percorso alle spalle fatto di perdita, dolore, accettazione. Ad accomunarle, sfortunatamente, è la morte di un figlio. “Non sappiamo come sia accaduto. Ma ci siamo incontrate”. E dopo essersi incontrate, queste mamme coraggiose che non hanno avuto paura di vivere nonostante il destino avesse loro riservato lo scherzo più crudele, hanno deciso di condividere la propria storia con il resto del mondo, per aiutare altre donne in difficoltà, soprattutto madri in zone afflitte dalla guerra. Ma non solo. Dopo aver letto la loro testimonianza, raccolta nel volume “Lettere senza confini. Dal cuore di 6 mamme” (Adv Edizioni), qualsiasi lettore avrà la sensazione di essersi passato un balsamo sul cuore, e con naturalezza e commozione sentirà l'animo farsi leggero fino quasi a spiccare il volo.
Le sei madri autrici del libro “Lettere senza confini. Dal cuore di 6 mamme”

Le mamme: "Abbiamo scritto le Lettere per onorare il ricordo dei nostri figli"

"Abbiamo perso i nostri figli in circostanze diverse - spiega Gaia Simonetti, curatrice del libro, lei stessa orfana di un bimbo mai nato -. Abbiamo immaginato di scrivere loro una lettera per raccontargli tutto quello che ciascuna di noi ha fatto per onorarne il ricordo. Per esempio Paola, la cui figlia è stata vittima di femminicidio, oggi va nelle scuole a parlare ai ragazzi dell'orrore della violenza. Stefania, la mamma di Amatrice, che ha perso suo figlio per colpa terremoto, incontra i giovani per sensibilizzarli sulla bellezza della vita. A Giovanna, invece, un incidente stradale ha strappato per sempre il suo Mauro, e nonostante il dolore sul momento ebbe la prontezza di donarne gli organi salvando tante vite. Ciascuna di noi onora la memoria del proprio figlio tendendo una mano ad altre mamme che hanno vita dura, in particolar modo le madri che in questo periodo stanno vivendo l'inferno della guerra in Ucraina. Le parole dedicate a Ela, Mauro, Michela, Filippo, Lore e un bimbo mai nato hanno “incontrato” tante madri e padri in Italia e in altri Paesi, arrivando persino in Francia, Belgio e Australia". 

Dai ricavi del libro due borse di studio ai ragazzi di Amatrice e Accumoli

Pubblicato per la prima volta tre anni fa, il libro in questi giorni è in ristampa e ha ottenuto un enorme successo. Si parla persino di realizzarne una fiction televisiva. Con i proventi delle vendite, lo scorso gennaio le mamme autrici hanno donato due borse di studio a ragazzi di Amatrice e Accumoli. Grazie al loro gesto, pochi giorni fa il giovane Massimiliano, di Amatrice, si è laureato. La consegna è avvenuta a Rieti nel corso della cerimonia del Premio letterario intitolato a Filippo Sanna, il figlio di Stefania. "Filippo ne sarebbe stato felice - sono le parole di mamma Stefania-. Aiutare gli altri era il suo motto. Mi fa piacere pensare che lui, assieme gli altri ragazzi e ragazze a cui sono dedicate le nostre lettere, abbia contribuito a realizzare il sogno di studenti". 
La copertina del libro “Lettere senza confini. Dal cuore di 6 mamme”
La copertina del libro “Lettere senza confini” riporta i colori preferiti da ciascuno dei giovani scomparsi, e non è un caso se il risultato sia stato un bellissimo arcobaleno. Sfogliandone le pagine possiamo leggere le firme delle madri autrici Gaia Simonetti, Laura Cozzi, Stefania Ciriello, Stefania Lorenzini, Paola Alberti e Giovanna Carboni, che vincono il dolore del ricordo per raccontarsi a Luce! "Quella sera mio figlio Mauro era uscito con gli amici per festeggiare il suo compleanno - racconta mamma Giovanna-. Alle 4 del mattino suonarono alla porta, pensai che fosse lui, il solito sbadato, che avesse dimenticato le chiavi. Invece erano i carabinieri “Suo figlio ha avuto un incidente”, mi dissero. Chiesi: “È grave?”, mi risposero “Sì Signora. Non è morto ma è molto grave”. Poi la corsa disperata per arrivare in tempo all'ospedale, il medico scuoteva la testa e si parava la fronte con la mano. Chiesi solo di poterlo vedere. Era steso in un letto, tutto intubato. Gli misi una mano sul petto ed ebbi la certezza che mio figlio già non c'era più. Poi la voce del dottore “Cosa vuole fare signora? Suo figlio è giovane e sano, ha mai pensato di donare gli organi? Potrebbe salvare delle vite”. Cercai un posto isolato dove mettermi a pensare, in silenzio. Chiesi aiuto a Mauro, perché mi consigliasse quale decisione prendere. Poi gli diedi l'ultimo saluto. Quella notte mio figlio, il mio super eroe, ha salvato dieci vite". Di Mauro sono stati donati organi ed epitelio, che è ha permesso di salvare anche persone gravemente ustionate.
Mamma Giovanna e il figlio Mauro, morto in un incidente stradale
Signora Giovanna, non è possibile conoscere i beneficiari delle donazioni di organi, vero? "Purtroppo è vero. Ma a me successe una cosa straordinaria: la notte in cui Mauro era in ospedale, in sala d'attesa conobbi la mamma di una ragazza di Salerno, che si trovava in ospedale per fare la dialisi. Stava aspettando un donatore di reni. Con me c'era mia sorella che, parlando con questa signora, si sentì dire 'Tuo nipote sta salvando la vita a mia figlia'. Quindici giorni dopo venni contattata da una ragazza su Facebook, era lei. Voleva conoscermi, ringraziarmi. Ancora oggi, una volta l'anno arriva da Salerno a Cerreto Guidi per fare i controlli, dorme da me, è persino venuta al matrimonio di mia figlia. Ormai è una persona di famiglia. Prima di ricevere il rene di Mauro aveva fatto cinque anni di dialisi, ora invece ha una vita normale, cresce il suo bambino e va a lavorare". Gaia, anche lei ha avuto un'esperienza difficile da superare: la perdita di un bambino in gestazione. "Sì. Nelle mie lettere racconto al mio bimbo mai nato cosa accadde quella domenica in cui, io che adoro il calcio, mi stavo preparando per andare allo stadio a vedere la Fiorentina. Mi sentivo strana, feci il test di gravidanza e risultò positivo. Io che ormai ero in là con l'età non non ci speravo più. L'emozione fu immensa. Nella lettera che ho scritto al mio bambino gli racconto di come cominciai ad immaginarmelo. Il nasino magari sarebbe stato come il mio, i riccioli li avrebbe presi dal babbo. Lo chiamo 'Amore', semplicemente, perché non ne ho conosciuto il sesso, e comincio a descrivergli come sarebbe stata la nostra vita. Quello che avremmo fatto e quanto amore avrebbe avuto da me. Gli dico 'Non ti ho potuto conoscere, né prenderti tra le braccia, allora ti scrivo. Ti scrivo che il tempo è passato ma non sono guarita dal dolore della tua perdita. Ci sarebbe stata una festa in casa per annunciarti, non sarei più andata in motorino per non metterti a repentaglio, avrei fatto tante piccole cose per te, mentre ti aspettavo e dopo. Invece un giorno successe che sentirmi il gel sulla pancia per l'ecografia fu meno freddo della sentenza del ginecologo: 'Non sento più il battito, signora'. Fine di tutto. Allora chiudo la lettere a mio figlio dicendo 'La realtà  mi porta davanti agli occhi scene di guerre e di bambini coinvolti in tragedie umanitarie. Tristezza e impotenza corrono assieme e si uniscono a una tremenda verità. Non si vela, non si nasconde, non si rende meno amara. Nessuno mi chiamerà mai mamma. E la vita continua, come dicono molti, meno piena e con un senso in meno. Dico io". 
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