Lavoro, le donne hanno un tasso occupazionale ancora troppo basso

La dottoressa Banti: "Bisogna creare i presupposti per colmare questo divario per contrastare fenomeni di violenza di genere". E i dati parlano chiaro: l'Italia è scesa di 13 posizioni nella classifica europea

di EDOARDO MARTINI -
3 gennaio 2024
Le donne in Italia hanno ancora un tasso occupazionale estremamente basso (Instagram)

Le donne in Italia hanno ancora un tasso occupazionale estremamente basso (Instagram)

Un tasso occupazione femminile estremamente basso. E' quello che inquadra perfettamente la drammatica situazione italiana e che, per forza di cose, deve essere invertito per competere con gli altri paesi europei.
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La Commissione Pari Opportunità della Provincia di Lucca

La soluzione per contrastare il divario di genere

Sull'argomento è intervenuta la presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Lucca, dottoressa Piera Banti, che ha dichiarato: "Il tasso occupazionale femminile è ancora preoccupantemente basso, tanto da venire individuato a livello europeo, come uno dei fattori a causa dei quali l'economia italiana ha difficoltà a decollare. Ovviamente, non è il solo fattore, ma è uno dei più rilevanti. D'altronde, va anche rilevato il fatto che i lavori che vedono le donne protagoniste, statisticamente, sono di livello mediamente basso sia come tipologia, sia come retribuzione, in linea di massima più bassa rispetto a quella riservata ai colleghi maschi". Poi ha aggiunto: "Creare i presupposti per riempire il divario tra lavoro maschile e femminile è basilare per riuscire a realizzare un sostanziale cambiamento nella stessa società. E' questa una delle strade da percorrere per contrastare tutti i fenomeni che contrappongono uomini e donne, a partire dalla violenza di genere".

I dati drammatici della situazione italiana

Per comprendere meglio il quadro generale prendiamo in esempio i dati del Global Gender Gap. Secondo quest'ultimi, l'Italia, nel corso dell'ultimo anno, è scivolata verso il basso di 13 posizioni, da 63esimo a 79esimo posto. Ad essere peggiorata drasticamente è anche la rappresentanza delle donne in politica che ha visto cadere l'Italia da un rispettabile 40esimo posto al 64esimo. Se prendiamo in considerazione invece la partecipazione e le opportunità economiche che le donne hanno, notiamo un lieve miglioramento che ci vede passare dal 110° al 104esimo posto, che, comunque ci relega nella parte bassa della classifica. Rimane invariata la collocazione nel ranking relativo all'accesso all'educazione, dove guadagniamo una posizione (dalla 60esima alla 59esima), mentre sebbene resti nella parte bassa della classifica, va meglio per quanto concerne il segmento salute e prospettive di vita (dal 108° al 95esimo posto). Per quanto riguarda la disoccupazione, si evidenzia come nel nostro Paese la quota maggiore di persone fuori dal mercato del lavoro sia femminile, così come la disoccupazione è prevalentemente donna. Anche in questo specifico caso, si assiste a un forte divario tra genere maschile e femminile. Passando invece al titolo di studio vediamo che le giovani laureate al di sotto dei 25 anni hanno un tasso di occupazione ben più elevato dei coetanei, ma il dato si riduce drasticamente nelle fasce d'età fino ai 44 anni, momento che vede la donna potenzialmente divenire madre e, quindi, dover accudire i figli. Per quanto concerne la tipologia di lavoro al femminile, questa si colloca principalmente nel settore dei servizi, all'interno dei quali il 22% riguarda il commercio, alberghi e ristoranti. Le professioni che assorbono la maggior parte delle donne sono, come da immaginario collettivo, commessa, impiegata, insegnante, estetista, parrucchiera e cameriera. Scarseggiano donne, invece, nelle forze armate, operatori di macchinari, conduttori di veicoli, operai in settori manifatturieri che non siano la moda e nelle costruzioni, ma anche tra gli imprenditori, gli amministratori e i direttori di medie e grandi aziende. In questi ultimi campi, la presenza femminile è dell'83% più bassa rispetto a quella maschile.
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La presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Lucca, Piera Banti (Facebook)

Il passaggio dalla politica della conciliazione a quella della condivisione

"Un tema fondamentale - afferma ancora Banti - è quello della conciliazione: le donne, spesso, non accedono al mercato del lavoro o, quando occupate, lavorano e guadagnano meno degli uomini, poiché, ad oggi, restano le principali depositarie del lavoro di assistenza e cura non retribuito all'interno della famiglia, fatto questo che ha un forte impatto sulle prospettive occupazionali delle donne. Ritengo necessario il passaggio da una politica della conciliazione a una politica della condivisione, anche grazie a una diversa organizzazione dei tempi e degli orari di lavoro retribuito di uomini e donne, da rivedere in un'ottica di una società realmente improntata alla parità di genere". Secondo la dottoressa Banti, infatti, in questo modo si può pensare veramente a quel cambio culturale della società che si può riflettere in tutti gli ambiti: "Fondamentale può essere in tal senso il ruolo della Commissione Pari Opportunità della Provincia che raccoglie rappresentanti di molti Comuni del territorio e degli Ordini professionali. In tale ambito, infatti, si può aprire una discussione fattiva, che programmi iniziative concrete perché il divario che tuttora esiste tra donne e uomini in ambito lavorativo sia colmato. Solo in questo modo si può arrivare a una reale parità di genere, cosa che, ad esempio, comporta una sicurezza economica della donna anche al di fuori dal nucleo familiare e, di conseguenza, una maggiore sicurezza personale e un modo per contrastare anche la violenza di genere".
Infine conclude con un invito: "E' fondamentale fare rete tra tutti gli enti e i rappresentanti del mondo del lavoro poiché in questo modo possiamo incidere in modo forte e mettere in atto delle politiche che possano cambiare il contesto generale, arrivando a dare un senso concreto alla parola 'parità'. Questo è il motivo per il quale ritengo importante che vi sia una sempre maggiore adesione da parte delle amministrazioni comunali e non solo. L'invito è di aderire alla Commissione, in modo da poter cambiare una situazione che, attualmente, vede le donne fortemente svantaggiate".
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Antonella Giachetti, presidente nazionale di Aidda, l'Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda (Instagram)

"Una neomamma su cinque lascia il proprio posto di lavoro"

L'ultima parola è spettata ad Antonella Giachetti, presidente nazionale di Aidda, l'Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda, che ha commentato l'ultimo dossier del Servizio studi della Camera sull'occupazione femminile: "I numeri continuano a mostrare un problema reale della nostra società. Una neomamma su cinque lascia il proprio posto di lavoro. Un dato da aggiungere a quello, già importante, del basso tasso di occupazione femminile in Italia, in questo fanalino di coda nella Ue. Occorre un impegno primario per cancellare questo bivio tra lavoro e famiglia, che arreca un danno economico e sociale a tutto il Paese".
E continua: "L'Italia ha già il tasso di occupazione femminile più basso d'Europa. Se non si avvia un percorso di trasformazione dell'organizzazione della nostra società questo problema continuerà a riproporsi ogni anno. Oggi abbiamo un servizio di prossimità e di cura che è prevalentemente a carico delle madri e queste si trovano quindi costrette a dover lasciare il lavoro. Occorre una defiscalizzazione degli oneri connessi alla maternità, almeno per il reddito materno. Se non ci sono asili nido disponibili, almeno devono rendersi interamente deducibili dal reddito i costi sostenuti per le babysitter o per le persone addette alla cura della casa". Poi, in conclusione, lancia un appello: "C'è infine un tema, più astratto, eppure centrale che è il ritmo dell'attuale sistema economico che è significativamente lontano da quello della vita naturale. Forse, se vogliamo ritrovare un equilibrio che promuova il valore del lavoro e al tempo stesso lo sviluppo della vita delle persone, serve più elasticità e flessibilità negli orari e nell'organizzazione del nostro sistema avendo attenzione ai ritmi naturali. Questa è forse anche una strada per iniziare anche a ristabilire un equilibrio con il pianeta, unendo una svolta sociale ed economica alla necessaria transizione ecologica per riparare i molti danni inferti all'eco sistema negli ultimi decenni".