Lina Attalah, la giornalista-attivista per la libertà d'espressione e i diritti delle donne

La co-fondatrice e direttrice dell'unico giornale egiziano fuori dal controllo della autorità governative alla rassegna "Piazze inquiete" in corso alla Fondazione Feltrinelli di Milano

di FRANCESCO LOMMI
20 settembre 2023
Lina Attalah

Lina Attalah

Lina Attalah ha lo sguardo gentile e deciso di chi non teme niente: due grandi occhi marroni, capelli neri cortissimi e piercing al naso. In volto le si leggono tutte le battaglie affrontate: Lina è una giornalista e attivista egiziana, co-fondatrice e direttrice di Mada Masr, una delle uniche fonti di informazione indipendente in Egitto. L'abbiamo incontrata durante la rassegna "Piazze inquiete" in corso alla Fondazione Feltrinelli di Milano.
 
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"Mi piace sempre trovare delle opportunità nelle situazioni più difficili. Fare giornalismo dove il giornalismo libero non è praticamente ammesso ne mostra il valore più chiaro": è così che Attalah inizia a raccontarci cosa significhi fare informazione e inchieste in un Paese in cui il governo del presidente al-Sisi reprime la stampa indipendente. "È fondamentalmente un'opportunità per vedere il valore del giornalismo libero e un'opportunità per insistere su di esso nonostante tutti gli ostacoli".
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Attallah ha partecipato alla rassegna "Piazze inquiete" in corso alla Fondazione Feltrinelli di Milano

Chi è Lina Attalah

E di ostacoli, la 40enne, ne ha affrontati parecchi durante il suo percorso. Dopo gli studi tra Duino, Comune in provincia di Trieste, e l'università americana del Cairo, Attalah finisce subito in prima linea a raccontare il conflitto del Darfur per conto della BBC.

Nel 2011 segue le proteste scoppiate durante il periodo della Primavera araba in Siria e in Egitto, dove è fra i giornalisti picchiati dalle forze di sicurezza durante gli scontri con i manifestanti. La sua attività giornalistica resistente all'oppressione e alla censura l'ha portata all'arresto per ben due volte per poi essere rilasciata dopo poche ore.

Un destino comune a Patrick Zaki

Un destino che, seppur in parte, la accomuna a Patrick Zaki, l'attivista egiziano finito in carcere per alcuni post Facebook considerati contro il suo Paese. L'ex studente dell'università di Bologna lo scorso 18 luglio è stato condannato a tre anni di reclusione (dopo essere stato già detenuto in Egitto dal febbraio 2020 al dicembre 2021) con l'accusa di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo.
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Patrick Zaki è stato graziato dal presidente egiziano Al-Sisi a luglio 2023

Il giorno seguente alla condanna, il presidente Al-Sisi ha concesso la grazia a Zaki, sollevandolo di fatto dalla pena da scontare. Secondo Lina, però, la liberazione di Zaki non rappresenterebbe un passo avanti nella libertà di espressione quanto più "una concessione dovuta al momento di difficoltà delle autorità egiziane. Quella più semplice e immediata è di liberare le persone illegalmente e ingiustamente incarcerate. Patrick è tra loro. Trovo positivo che sia stato liberato ma dobbiamo ragionare sul fatto che sfortunatamente viviamo in un contesto in cui il suo rilascio è frutto di una concessione e non del suo diritto di essere libero di dire tutto ciò che vuole”.

Una direttrice donna

Nel mondo non ci sono molti giornali che possano vantare un direttore donna, figurarsi nel mondo arabo, per di più in un Paese dove le autorità controllano gran parte dei media. “Non ho mai pensato a cosa significhi aver raggiunto questa posizione in quanto donna. Credo però che l’essere donna mi abbia aiutato a costruire Mada Masr: penso che ci sia un valore femminista alla base delle collaborazioni vere e profonde. Quindi non credo che si tratti di me. Si tratta della capacità di operare in un collettivo che mi ha permesso di essere oggi in questa posizione”.
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Le donne in Iran hanno iniziato a protestare contro il regime dopo la morte della 22enne Mahsa Amini

Da sempre in prima fila per le battaglie sui diritti umani, impossibile non chiedere a Lina un’opinione sulla condizione delle donne in Iran e in Egitto a poco più di un anno dalla morte di Mahsa Amini, la 22enne arrestata prima e uccisa poi dalle autorità iraniane per aver indossato l’hijab in modo sbagliato (considerato troppo allentato). “Il tema della condizione delle donne sta assumendo sempre più rilevanza e grazie alle proteste in Iran per i diritti di Amini e alle molte donne che si sono sollevate anche in Egitto stiamo ottenendo una maggiore consapevolezza e persino un miglioramento, seppur parziale, delle condizioni delle donne negli ultimi anni”.