Turetta come Impagnatiello: l’ergastolo rende giustizia? Per i familiari delle vittime ‘No’

Può esserci veramente giustizia davanti a una vita spezzata? A questa domanda risponde oggi Gino Cecchettin e ha risposto giorni fa Chiara Tramontano. “La verità è che abbiamo perso come società”

di TERESA SCARCELLA
3 dicembre 2024
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Gino Checchettin e Chiara Tramontano durante i due processi a Filippo Turetta e Alessandro Impagnatiello

“La mia sensazione è che abbiamo perso tutti come società, nessuno mi darà indietro mia figlia, non sono più sollevato o più triste di ieri” sono le parole a caldo di Gino Cecchettin, a pochi minuti dalla sentenza che ha condannato Filippo Turetta all'ergastolo per aver ucciso Giulia Cecchettin. Visibilmente provato, non si è sottratto alle telecamere e alle domande dei giornalisti all’uscita dall’aula e con grande umiltà ha impartito l’ennesima lezione di civiltà, che non tutti riusciranno a cogliere. 

“Pensavo di rimanere impassibile, è stata fatta giustizia, ma dobbiamo fare di più come esseri umani – ha continuato nel rispondere alle domande – . Non si combatte con le pene, ma con la prevenzione. Come essere umano mi sento sconfitto, come papà non è cambiato nulla. La battaglia contro la violenza continua ed è un percorso che dovremmo fare come società, quindi mi dedicherò alla Fondazione e andrò avanti cercando di salvare altre vite. Prima ero impassibile perché avrei accettato qualsiasi verdetto, quando è arrivato ho capito che l'essere qui è una sconfitta come cittadino”.

Parole che riportano alla memoria quelle pronunciate pochi giorni fa da Chiara Tramontano, dopo la sentenza di ergastolo nei confronti di Alessandro Impagnatiello per il femminicidio di Giulia Tramontano. Due storie parallele che si incrociano in modo del tutto casuale per una questione di tempismo e di contenuto. Due donne uccise da chi diceva di amarle e invece voleva solo possederle. Due vite spezzate e due ergastoli. Ma cos’è esattamente la giustizia?

“Quello che per voi significa 'giustizia è stata fatta’ – aveva detto Chiara ai cronisti - non è nel nostro cuore. Una famiglia non dovrebbe lottare per avere questo, non si dovrebbe arrivare in tribunale con la paura che la giustizia non venga fatta. C'è stato un verdetto che è giusto in termini di legge. Ma per una famiglia che ha perso una figlia, niente di quello che in quest'aula è stato discusso è giusto. Nessuna donna ha vinto, perché noi donne potremo vincere solo quando cammineremo per le strade di questo Paese e ci sentiremo sicure o quando ci sentiremo soddisfatte della nostra vita, di quello che possiamo raggiungere e di quella che è la nostra posizione”.

La parola ‘giustizia’ molto “banalmente” indica la virtù sociale, il riconoscimento e il rispetto dei diritti altrui. Ed è certo che i diritti delle due giovani donne non solo non sono stati riconosciuti, ma sono stati letteralmente calpestati. Se la giustizia del tribunale fa, più o meno, il suo corso; per quella sociale che percorso è previsto? Se per la prima ci sono le pene, per la seconda che armi ci sono?