"Prendo atto dell'indagine e ho assolutamente fiducia nella procura federale che l'ha svolta.
Scopro che c'è un nuovo reato, l'eccesso di affetto, di cui non avevo mai sentito parlare ma evidentemente c'è. E non lo dico io". No, non lo dice
Jury Chechi, che sentiamo per un parere sulla sentenza in merito al
processo all'allenatrice della nazionale di ginnastica ritmica Emanuela Maccarani e alla sua vice, Olga Tishina, nato dall'inchiesta dopo le denunce delle ex Farfalle Anna Basta e Nina Corradini. Lo dice il collegio del tribunale federale, presieduto da Marco Leoni, che ieri ha emesso il verdetto sportivo, in attesa che invece la giustizia ordinaria faccia il suo corso.
La perplessità sulla sentenza
Maccarani e Tishina erano a processo sportivo per "aver adottato metodi di allenamento non conformi ai doveri di correttezza e professionalità ponendo in essere pressioni psicologiche e provando in alcune ginnaste l'insorgere di disturbi alimentari e psicologici"
Il campione olimpico negli anelli ad Atlanta 1996 continua: "
Rispetto le sentenze ma a uomo libero e pensante rimango molto
perplesso dalle conclusioni del processo". Parole che ricalcano quello dette dal ministro dello Sport e dei Giovani Andrea Abodi. Il quale, intervenendo sul
pronunciamento del procuratore federale della Federginnastica, Michele Rossetti, ha commentato: "Ho sempre rispettato ogni pronunciamento degli organi di giustizia, naturalmente compresa quella sportiva, tanto più nel ruolo di Governo che mi è stato affidato[...] Non posso non rilevare una mia perplessità su alcuni passaggi del dispositivo nel quale si giustifica quanto accaduto e denunciato, per quanto ritenuto non provato, collegando eventuali abusi con il troppo amore nei confronti delle ragazze. Non c'è amore che possa spiegare e giustificare un abuso, anche verbale, nella vita come nello sport". La sola 'ammonizione' alla tecnica,
che si configura come "una nota di sollecito scritto ad essere più attenta in futuro", non convince nessuno, insomma. "Un'amicizia di lungo corso mi lega al ministro Abodi: ho letto le sue parole questa mattina, e indipendentemente dal rispetto per il lavoro della giustizia sportiva, sono molto in linea con quello che ha detto lui".
Jury chechi: "Non rendiamo le vittime i carnefici"
"L'altra cosa che mi disturberebbe se fosse così, e magari non lo è... ho l'impressione che vogliano far passare da vittime a carnefici le ragazze che hanno denunciato – continua il campione –. È un'opinione assolutamente personale e magari sbagliata, ma se mai fosse questo l'obiettivo della Federazione che ha avviato le indagini, sarebbe assolutamente sbagliato. Perché se anche non c'è colpa nelle azioni di Maccarani e della sua assistente, che è appurato, un disagio delle ragazze c'è".
Anna Basta e Nina Corradini a Verissimo. Le due ginnaste hanno denunciato per prime l'allenatrice della nazionale di ginnastica ritmica all'accademia di Desio Emanuela Maccarani
È la procura stessa a riconoscere nella Maccarani la colpa di aver caricato eccessivamente di aspettative la Basta per prepararla alle Olimpiadi, procurandole "un disagio che non mettiamo in dubbio". Tuttavia, degli atteggiamenti vessatori non ci sarebbero "prove sufficienti". "Ma allora invece di dire che hanno mentito, magari andare un po' più a fondo e aiutarle sarebbe stato più utile per tutte".
Denunce fatte anni dopo: "Non c'è prescrizione"
C'è stato, in questo senso, anche chi ha sottolineato quanto il quadro probatorio sia stato ridimensionato a causa del "ritardo" nelle denunce delle due ex ginnaste. All'inizio dell’udienza finale, infatti, la procuratrice federale Livia Rossi – aggiunta dal Coni allo staff della Federginnastica – ha dichiarato: "Le atlete che hanno denunciato la Maccarani
l'hanno fatto parecchio tempo dopo aver lasciato la loro attività e di questo ne dobbiamo tenere conto. Corradini non è mai stata allenata da Maccarani e non ricorda particolari vessazioni a parte alcune frasi e all’atto concreto non è stata capace di raccontare di atti vessatori limitandosi a citare 'un clima pesante' senza evidenziare comportamenti concreti". "Non credo ci sia una prescrizione per certi reati, no? – prosegue Chechi –. Ognuno giustamente ha i suoi tempi e i suoi modi, se puntano su questo vuol dire che c'è una grande distanza tra l'organo giudicante (il tribunale federale,
ndr) e gli atleti in questa Federazione".
La distanza tra atlete e federazione
Nina Corradini durante una gara di ginnastica ritmica qualche anno fa (Instagram)
Anche Corradini dopo aver appreso il dispositivo dei giudici non nasconde la propria rabbia: "Purtroppo non mi sorprende. Scoprire che gli abusi subìti da me, Anna Basta e le altre vengono giustificati come 'eccesso d'affetto', mostra in maniera inequivocabile la distanza tra le atlete e l'organo che dovrebbe garantire la loro tutela", ha detto la ventenne romana. "Le sentenze si rispettano, ma da persona libera nessuno può negarmi di avere grosse perplessità sull'esito e sulle relazioni finali del procuratore. Parlare di eccesso di affetto dopo tutto quello che è successo mi sembra una forzatura", conclude Jury Chechi.