
L'obiettivo principale di Sos bambini è aiutare i bambini in situazioni di disagio
“Piccole cose fatte bene” è il motto di Silvia Scialpi, presidente di Sos Bambini, un’associazione che in vent'anni di esistenza di cose ne ha portate a buon fine molte e non piccole, ma importanti. Azioni che hanno “fatto la differenza”, trasformando l'emarginazione in integrazione e nella possibilità di una vita migliore per centinaia di bambini in Italia e in Romania.
Com'è nata Sos Bambini?
“Fin da giovanissima ho fatto volontariato, ma poi l'impegno professionale come manager nel settore risorse umane di grandi aziende non mi ha lasciato tempo libero. A 42 anni ho avuto mia figlia e al rientro dai 5 mesi di maternità obbligatoria ho scoperto di essere stata esautorata dalle mie funzioni. A quel punto ho fatto causa e l'ho vinta, ma ho deciso che volevo avere più tempo da dedicare a mia figlia, a una migliore qualità della vita e al volontariato. Ho continuato a lavorare come consulente. In quel periodo, nel 2004, ho conosciuto un'educatrice romena che mi ha parlato di una casa famiglia statale per orfani e bambini abbandonati a Sighet, località romena al confine con l'Ucraina. Sono andata a visitarla e sono rimasta sconvolta: a quei bimbi mancava anche l'essenziale. Affidati a pochi educatori non formati, non avevano latte e pannolini, erano malnutriti e trascurati, i piccoli disabili non avevano neanche una cartella clinica, tantomeno una terapia. Alcuni venivano legati al letto. Tornata in Italia ne ho parlato con alcuni amici: Sos Bambini è nata così, alla fine del 2005. Grazie anche a un'azienda di trasporti che ci aiuta gratuitamente, abbiamo fatto avere alla casa famiglia tonnellate di materiali e creato un rapporto costante con i piccoli ospiti. La disponibilità di famiglie milanesi ha permesso anche di ospitare decine di orfani d'estate e durante le vacanze di Natale. Una di loro è diventata come una seconda figlia per me e la mia famiglia. Un altro lavora nella società di mio marito: vuole diventare cuoco e gli stiamo offrendo un'opportunità di dimostrare il suo talento e la sua determinazione. Il nostro intento è sempre stato quello: accompagnare i ragazzi verso l'autonomia. Non solo in termini economici. Questi ragazzi non hanno mai avuto genitori che insegnassero loro a destreggiarsi tra le mille incombenze di una vita indipendente, e sono molto fragili dal punto di vista psicologico. Noi forniamo loro anche questo tipo di supporto. In trent'anni in Romania si è passati dagli orfanotrofi alle case famiglia e poi all'affido a coppie che si prestano, senza però essere formate o preparate per questo compito. Nel 2013 è nata Sos Bambini Romania, ma 12 anni dopo c'è ancora un legame forte con l'associazione italiana, che fornisce il 60-70% delle risorse materiali e professionali. Con l'inizio della guerra di Ucraina, poi, Sighet è diventata meta di moltissime famiglie in fuga, cui abbiamo cercato di dare sostegno”.

Un lavoro impegnativo, quindi, ma non vi siete fermati alla Romania...
“Dieci anni fa un'amica dell'Unione volontari per l'infanzia mi ha fatto conoscere la situazione della scuola primaria milanese di via Paravia, in zona Sansiro a Milano, nota perché il 97% degli alunni è di origine straniera. In realtà molti di questi bambini sono nati o sono da anni in Italia, ma soprattutto i più piccoli, quelli che non hanno ancora iniziato le elementari, dal momento che la materna non è obbligatoria restano sempre a casa con la mamma e non conoscono l'italiano né socializzano. Uvi e Sos Bambini hanno quindi deciso di offrire anche a questi bimbi l'opportunità di frequentare l'asilo, la dirigente della primaria ci ha offerto un'aula dove abbiamo iniziato ad accogliere gratuitamente ogni mattina i bambini tra i 3 e i 6 anni. Il progetto “L'albero dai mille colori” si è rivelato molto positivo e Sos Bambini ha deciso di replicarlo con “Aspettando la scuola” in zona Mac Mahon, dove siamo ospiti di una parrocchia, e alla primaria di via Polesine al Corvetto. Grazie a questa esperienza i bambini, che provengono da tutto il mondo, imparano a parlare l'italiano e a socializzare e iniziano anche a conoscere la scuola che frequenteranno una volta compiuti i sei anni”.
L'integrazione non coinvolge solo i bambini...
“Attraverso i figli le mamme si e ci conoscono, imparano a fidarsi. E noi le sosteniamo in tutti i modi, in particolare le molte rimaste sole con i loro bambini piccoli. Donne che hanno conosciuto soprusi e abusi di ogni tipo e che, abbandonate a se stesse, rischiano di andare alla deriva con i loro figli. Le aiutiamo a orientarsi, a frequentare corsi di italiano e di formazione per trovare un lavoro o sfruttare le loro competenze (troppo spesso non riconosciute a causa della burocrazia dei titoli di studio), a superare le difficoltà pratiche legate ai diritti negati e all'educazione dei figli. Ma soprattutto cerchiamo di trovare un tetto a queste famiglie monoparentali, per superare situazioni drammatiche di sovraffollamento e occupazione abusiva. Un'mpresa davvero ardua. Siamo riusciti ad avere in gestione nove miniappartamenti nelle case Aler di zona 4 e 7. Qui abbiamo avviato il progetto 'Verso la rinascita': per ciascuna madre sola con bambini studiamo un progetto socioeducativo verso l'autonomia. Le mamme accolte contribuiscono per quel che possono alle spese ma non pagano l'affitto. In teoria l'ospitalità non dovrebbe superare i 24 mesi, ma in pratica spesso queste persone, anche se lavorano, non possono comunque permettersi i canoni del mercato libero (se anche trovassero qualcuno disponibile ad affittar casa a stranieri). E le case Aler assegnate sono una goccia nell'oceano del bisogno”.
L'emergenza abitativa a Milano è drammatica.
“È una bomba sociale a orologeria. È urgente cercare strategie per disinnescarla. Il patrimonio pubblico è gravemente insufficiente, e molti privati preferiscono lasciare le case sfitte per paura della morosità. Spero che Aler ed enti locali ci affidino altri alloggi per poter moltiplicare le famigliole accolte, ma lancio anche un appello ai milanesi che hanno un piccolo appartamento: Sos Bambini grazie alle sue risorse si fa garante per l'affitto. E i privati possono essere sicuri di fare una buona azione sociale che può cambiare la vita a questi bambini e alle loro mamme, donne forti e coraggiose che però si dibattono tra mille difficoltà e meritano un po' di aiuto”.
Ci sono altri modi di sostenere Sos Bambini?
“Certo. Oltre alle donazioni, interamente destinate ai nostri progetti, in quest'epoca di dichiarazioni dei redditi c'è la possibilità di destinarci il 5 per mille. E poi naturalmente abbiamo sempre bisogno di volontari”.
Com'è strutturata l'associazione?
“Abbiamo un consiglio direttivo composto da sette donne, tutte manager o ex dirigenti, il che ci dà un'impronta di forte pragmaticità: procediamo per obiettivi e risultati. C'è un comitato scientifico presieduto dal neuropsichiatra infantile Giorgio Seragni. Poi ci sono educatori professionali, i soli a percepire un compenso. Un'ottantina i volontari stabili, suddivisi in gruppi: progettazione, comunicazione, contabilità, raccolta fondi, sostenibilità. La coordinatrice dei volontari è una preside in pensione. La sede è virtuale, per ridurre al minimo le spese”.
Un desiderio per il ventesimo compleanno dell'associazione?
“Poter moltiplicare le donne e i bambini che siamo in grado di aiutare. Veder fiorire vite che rischiavano di appassire prima ancora di poter sbocciare è una soddisfazione senza paragoni”.