
La scrittrice e attivista Porpora Marcasciano
“Una grossa responsabilità di fronte a tutta una Comunità e la voglia di difendere i diritti civili e di genere contro un patriarcato sempre più forte nella nostra società”. Porpora Marcasciano, 67 anni, nata in provincia di Benevento ma ormai bolognese a tutti gli effetti, già presidente, e ora onoraria, del Movimento identità trans, è fra le proposte di candidatura al Premio Nobel per la Pace che sono al vaglio delle commissioni di Stoccolma e Oslo. Entro qualche settimana si saprà se sarà nella rosa finale, ma la fiducia è molta anche perché l’appoggio viene da importanti istituzioni accademiche internazionali, con a capofila l’università Paris Cité, e da tutti i movimenti per la difesa dei diritti civili e di genere. In Italia la comunità Lgbtqia+ è impegnata a condividere questo percorso.
Porpora, che pensa di tutto ciò?
“Che sia qualcosa più grande di me e che mi ha colto all’improvviso: ci ho messo tre giorni per elaborare la cosa e rispondere alla commissione dell’università di Parigi. Dovevo trovare le parole giuste”.
Qual è la portata di questa candidatura?
“Dopo il momento emozionale ho compreso che cosa muoveva e avrebbe mosso una candidatura di questo genere. Ho ancora momenti d’ansia dovuti ai troppi impegni, alle scadenze e soprattutto alle responsabilità che questo comporta: non è una passeggiata perché devo rispondere a tutta una comunità”.
Come vive l’attesa per la decisione finale?
“Con sana gioia e soddisfazione. Da settembre si sta preparando la rete di sostegno alla proposta. Per legge la documentazione deve provenire in primo luogo da un ente straniero”.
Nutre fiducia?
“Da quello che ho capito sono molto tranquilla, sulla candidatura ufficiale non dovrebbero esserci problemi perché sono molte le università italiane, europee e americane che mi sostengono e i tanti docenti e istituzioni con i quali ho avuto rapporti molto buoni di lavoro e collaborazione. Tanto che presto riparto per due settimane in America nelle quali terrò lezioni in vari atenei del Nordest”.
Quali reazioni ha avuto in Italia?
“Mi hanno supportato in molti a partire dal Consiglio comunale di Bologna nel quale sono a capo della Commissione per le pari opportunità. E poi messaggi di università, Pd, Avs e altri personaggi personaggi con cui ho un rapporto buono e in linea di massima tutta la comunità Lgbt e femminista”.
Ce ne sono negative?
“Sì, ma ho preferito non leggerle per non rovinarmi il momento anche se so benissimo quali sono le motivazioni. Qualche contrarietà viene da una parte molto residuale del movimento femminista”.
A chi dà noia la sua candidatura?
“Più che noia infastidisce perché va a mettere in discussione i modelli su cui poggia la cultura della struttura patriarcale in cui viviamo. Noi lottiamo per diritti che non tolgono nulla a nessuno, ma sono solo acquisizioni per una cultura più aperta”.
Chi contesta dice di voler difendere minori e scuole. Che ne pensa?
“Si ostinano a contrastare una propaganda gender che nei fatti non è mai esistita, la strategia gender non c’è: rappresentiamo le persone trans e hanno paura che il loro modello di famiglia uomo-donna venga messo in discussione. Ma io dico che la famiglia classica è già messa in discussione dall’economia e da tutta una serie di fattori da 50 anni a ora. Non è la teoria gender a minarla né le persone che devono faticare a trovare un posto nella società, nel lavoro, nella scuola”.
Parlano di violenza...
“Esiste la violenza omo-lesbo-transfobica, questo non si discute. Le persone trans non minacciano, a me sembra il contrario”.
Lei parte per gli Stati Uniti: che cosa pensa della politica di Donald Trump e dell’asse con Giorgia Meloni?
“Nulla di buono anche se c’è questo gioco della sorpresa che però non fa sperare al meglio dal punto di vista economico per gli stessi americani. Ma il piglio molto veloce di Trump ed Elon Musk, il cui ruolo mi sembra assai importante, non promette faville. E le brutture sui diritti vengono fatte con troppa leggerezza”.
Questo la preoccupa?
“Sì, perché è una delle questioni sulle quali hanno messo subito le mani, per esempio ritirando documenti nuovi alle persone trans, come hanno fatto a una famosa attrice e attivista, Hunter Schafer, e mettono in dubbio le persone trans come forza lavoro. E poi la questione degli immigrati deportati e non ultimo i saluti romani e gli altri simboli che usano sono discutibili e pericolosi”.
Come si combatte questa discriminazione?
“Ci rimane in Occidente come baluardo nella difesa dei diritti la tanto vituperata e attaccata Europa che ha fatto di questo uno dei suoi elementi fondativi. Spero solo che ora la sua solidità non sia messa in discussione dai governanti che non fanno mistero di essere vicini all’America trumpiana, come la ministra della famiglia, della natalità e delle pari opportunità, Eugenia Roccella, che ha ricevuto in maniera molto forzata due rappresentanti del mondo Lgbt ai quali ha fatto capire che non le interessa nulla dei nostri problemi”.
Lei ha anche contestato la nomina di Marina Terragni a Garante per l’infanzia e l’adolescenza: come mai?
“In realtà mi ha indispettito. Da diversi anni fra noi c’è una forte tensione, lei rivendica una sua militanza nel Mit di Milano negli anni Ottanta ma poi poi ho scoperto che le serviva per istanze assurde. E per l’incarico che le è stato assegnato non ha alcun presupposto curriculare”.
Le scelte etiche vi dividono nettamente. Ma lei che cosa pensa dell’utero in affitto?
“Bisogna ragionarne senza pregiudizi con un approccio culturale aperto; il tema è forte e non possiamo martirizzare una coppia che comunque aspira alla maternità e quindi alla felicità di costruire una famiglia”.
E dell’eutanasia?
“Come per tutti i temi eticamente sensibili bisogna dare diritti alle persone. Una legge sul fine vita è indispensabile e non vuol dire che poi tutti vogliano suicidarsi”.
Altro tema assai delicato e controverso: le adozioni per le famiglie omosessuali. Le sostiene?
“Al cento per cento. Se penso a quanti bambini sono abbandonati, per esempio gli orfani di guerra, e quanti meriterebbero di essere adottati non riesco a capire che differenza possa fare che siano famiglie omosessuali o etero e quale merito in più abbiano le secondo rispetto alle prime. Conosco trans all’estero che mantengono bambini diventati grandi in modo perfetto. Una mia amica canadese che vive in Francia ha adottato una bambina 25 anni fa alla quale erano morti i genitori ad Haiti e ha creato un rapporto molto forte. Ripeto: la comunità Lgbt nulla toglie, anzi aggiunge valori alla nostra società”.
Anche nella lotta alla violenza?
“I femminicidi sono commessi in famiglie normali. C’è chi dice che gli omosessuali sono perversi e si approfittano dei bambini ma non c’è niente di più sbagliato: chi è stato privato dell’amore è quello che l’amore lo darà più forte”.
Lei ha sempre sostenuto che la presenza del Vaticano ha rallentato la corsa dei diritti in Italia... È così?
“Abbiamo uno Stato all’interno del nostro che detta legge sulle questioni eticamente sensibili. Per questo dico che la Chiesa è un filtro molto severo quando si parla di aborto, fine vita, divorzio, coppie omosessuali eccetera”.
Neppure con Papa Francesco qualcosa si è mosso? Ha ricevuto anche una vostra rappresentante...
“Lui è un gesuita e quindi è abituato ad approfondere le questioni. Nella sue dichiarazioni però dà un colpo al cerchio e una alla botte...”.
Va meglio altrove?
“Prendiamo la Spagna che è un paese cattolico ma dalla fine del franchismo ha fatto passi avanti giganteschi. Per non parlare del Nord Europa dove i nostri diritti sono acquisiti”.
C’è chi vi contesta l’esuberanza e i nudi dei pride: che cosa risponde?
“Sono la festa della liberazione e a una festa ci si va con i colori adeguati. Non vedo esagerazioni. Vedo persone gay, lesbiche e trans sui quali si accanisce la morale comune che si ribellano ad essa. E i corpi talvolta nudi significano la riappropriazione di noi stessi. Chi grida allo scandalo è in mala fede”.
Lei ha scritto diversi libri e da uno di questi Roberta Torre ha tratto il docufilm “Le favolose”, presentato in diversi festival italiani come il Terre di Siena e in concorsi stranieri con ottimi risultati. Ha fatto fare passi avanti alla conoscenza del mondo trans?
“Ha rappresentato una pietra miliare nella storia della cultura trans e Lgbtqia+ affrontando la storia nella maniera giusta, ironica, divertente, gaiosa ma anche triste e tragica, quella che è poi la nostra vita e la nostra storia. ‘Le favolose’ è un bellissimo quadretto che ha avuto successo in tutto il mondo, dal Giappone all’Inghilterra, dall’Olanda alla Spagna. In Italia è stato considerato di nicchia e quindi ha avuto una distribuzione limitata, ma dove è stato proiettato ha fatto il tutto esaurito. E ora Roberta sta lavorando a un altro mio libro, ‘AntoloGaia’”.
Porpora, allora in bocca in lupo e speriamo di vederla ritirare il premio a Oslo.
“E semmai lo farò con grande gioia...”: