Medicina senza test d'ingresso: rivoluzione necessaria o illusione?

L’abolizione del test d’ingresso alla facoltà di Medicina segna un cambiamento storico. A sostituirlo saranno gli esami del primo semestre e una graduatoria nazionale. La riforma promette maggiore inclusività, ma il dibattito, anche sul merito, resta acceso.

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
16 ottobre 2024
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Studenti in attesa del test di accesso alla facoltà di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria presso l'Università La Sapienza

Che siate o meno favorevoli, è successo: il test di ingresso per accedere alla facoltà di medicina sta per diventare solo un ricordo. A sostituirlo saranno gli esami del primo semestre e una graduatoria nazionale. La tanto attesa novità è stata illustrata questa mattina in Senato da Roberto Marti, presidente della Commissione istruzione, e da Francesco Zaffini, presidente della Commissione sanità. L’auspicio è che il nuovo corso – in tutti i sensi – della facoltà di medicina entri in vigore già dal prossimo anno accademico, decreti legislativi permettendo.

Come funziona

Una riforma, quella proposta, che farà alzare il tetto dei nuovi posti a 25.000, al contrario degli attuali 20.000. A giudicare dai numeri, appare chiaro come, in un modo o nell’altro (e giustamente), un filtro in ingresso sia comunque presente. In sostanza, il primo semestre sarà ad accesso libero. Allo scadere dei sei mesi, sarà stilata una graduatoria nazionale che terrà conto degli esiti degli esami sostenuti, rigorosamente identici da Nord a Sud. A proseguire negli studi saranno solo le studentesse e gli studenti meritevoli. Chi non sarà tra i selezionati potrà comunque vedersi riconosciuti i crediti, iscrivendosi a un altro corso di laurea, evitando dunque di perdere l’anno. Un metodo che, oltre alla facoltà di Medicina, riguarderà anche quelle di Odontoiatria e di Medicina veterinaria.

Inutile ribadirlo: la notizia è di quelle storiche e potrebbe rivoluzionare l’intero sistema sanitario, portando nuova linfa e spalancando le porte ai giovani. Ma come andranno davvero le cose? Mettiamola così: la facoltà di Medicina secondo Bernini valuterà il merito lungo il percorso e non attraverso una lunga serie di test a crocette. Un percorso inclusivo, quindi, che permetterà agli aspiranti medici di provare a metterci del loro per esercitare la professione dei propri sogni. Una decisione che potrebbe rappresentare a tutti gli effetti un precedente capace di andare ben al di là dello steccato della facoltà di Medicina, travolgendo nel suo complesso un metodo di selezione che, seppur immediato, ha sempre portato con sé il rischio di essere incapace di tenere conto di soggettività, competenze acquisite e potenzialità. In questa ottica, la riforma include anche attività di orientamento da effettuare negli ultimi due anni delle scuole superiori, favorendo l’ingresso e preparando le studentesse e gli studenti a ciò che verrà.

Era necessaria?

Ora che abbiamo chiarito la faccenda, appare evidente che il test d’ingresso sarà pure stato tolto, ma il numero programmato è ancora vivo e vegeto, e questa è la vera buona notizia, soprattutto se si tiene conto del fatto che è fondamentale programmare il fabbisogno dei futuri medici. Anche in questo caso, però, la questione è complessa da decifrare. Da una parte, abbiamo il Ministero a sostenere che nei prossimi anni serviranno 30.000 professionisti in più e, dall’altra, l’Ordine dei Medici chirurghi e degli odontoiatri a perorare la causa dell’overbooking, considerando che tra dieci anni i medici che andranno in pensione saranno appena 7.000 e che consentire a 25.000 tra ragazze e ragazzi di accedere alla facoltà di medicina oggi potrebbe significare dover fare i conti con una buona dose di disoccupati o precari domani.

Al di là delle opinioni polarizzate, l’introduzione di questa novità è destinata a fare la storia. Vale la pena, dunque, ragionarne e osservarne gli effetti a breve, medio e lungo termine. Stupefacente sarebbe avere a che fare con i medesimi numeri dello sbarramento a mezzo “test di ingresso”. Ne riparleremo.